San Giovanni Paolo II anche oggi ci spiega la famiglia: Una sola carne!

1. “Ci benedica il Signore, fonte della vita”. L’invocazione che abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale, carissimi Fratelli e Sorelle, ben sintetizza la preghiera quotidiana di ogni famiglia cristiana, ed oggi, in questa celebrazione eucaristica giubilare, efficacemente esprime il senso del nostro incontro.

Voi siete qui convenuti non solo come singoli, ma come famiglie. Siete giunti a Roma da ogni parte del mondo, portando con voi la profonda convinzione che la famiglia è un grande dono di Dio, un dono originario, segnato dalla sua benedizione.
Così è, infatti. Fin dall’alba della creazione sulla famiglia si posò lo sguardo benedicente di Dio. Dio creò l’uomo e la donna a sua immagine, e diede loro un compito specifico per lo sviluppo della famiglia umana: ” … li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra” (Gn 1, 28).
Il vostro Giubileo, carissime famiglie, è canto di lode per questa benedizione originaria. Essa si è posata su di voi, coniugi cristiani, quando, celebrando il vostro matrimonio, vi siete giurati amore perenne davanti a Dio. La riceveranno oggi le otto coppie di varie parti del mondo, venute a celebrare il loro matrimonio nella cornice solenne di questo rito giubilare.
Sì, vi benedica il Signore, fonte della vita! Apritevi al flusso sempre nuovo di questa benedizione. Essa porta in sé una forza creatrice, rigenerante, capace di eliminare ogni stanchezza e di assicurare perenne freschezza al vostro dono.

2. Questa benedizione originaria è legata a un preciso disegno di Dio, che la sua parola ci ha or ora ricordato: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile” (Gn 2,18). E’ così che, nel libro della Genesi, l’autore sacro delinea l’esigenza fondamentale su cui poggia l’unione sponsale di un uomo e di una donna, e con essa la vita della famiglia che ne scaturisce. Si tratta di un’esigenza di comunione. L’essere umano non è fatto per la solitudine, porta in sé una vocazione relazionale, radicata nella sua stessa natura spirituale. In forza di tale vocazione, egli cresce nella misura in cui entra in relazione con gli altri, ritrovandosi pienamente “nel dono sincero di sé” (Gaudium et spes, 24).


All’essere umano non bastano rapporti puramente funzionali. Ha bisogno di rapporti interpersonali ricchi di interiorità, di gratuità, di oblatività. Tra questi, fondamentale è quello che si realizza nella famiglia: nei rapporti tra i coniugi, come tra questi ed i figli. Tutta la grande rete delle relazioni umane scaturisce e continuamente si rigenera a partire da quel rapporto con cui un uomo e una donna si riconoscono fatti l’uno per l’altra, e decidono di fondere le proprie esistenze in un unico progetto di vita: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Gn 2,24).

3. Una sola carne! Come non cogliere la forza di questa espressione? Il termine biblico “carne” non evoca soltanto la fisicità dell’uomo, ma la sua identità globale di spirito e di corpo. Ciò che i coniugi realizzano non è soltanto un incontro corporeo, ma una vera unità delle loro persone. Un’unità così profonda, da renderli in qualche modo nella storia un riflesso del “Noi” delle Tre Persone divine (cfr Lettera alle famiglie, 8).
Si comprende, allora, la grande posta in gioco che emerge dal dibattito di Gesù con i farisei nel Vangelo di Marco, poc’anzi proclamato. Per gli interlocutori di Gesù, si trattava di un problema di interpretazione della legge mosaica, la quale consentiva il ripudio, provocando dibattiti sulle ragioni che potevano legittimarlo. Gesù supera totalmente questa visione legalista, andando al cuore del disegno di Dio. Nella norma mosaica egli vede una concessione alla “sclerocardia”, alla “durezza del cuore”. Ma proprio a questa durezza Gesù non si rassegna. E come potrebbe, Lui che è venuto appunto per scioglierla ed offrire all’uomo, con la redenzione, la forza di vincere le resistenze dovute al peccato? Egli non teme di riadditare il disegno originario: “All’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina” (Mc 10,6).

4. All’inizio! Solo Lui, Gesù, conosce il Padre “dall’inizio”, e conosce anche l’uomo “dall’inizio”. Egli è insieme il rivelatore del Padre e il rivelatore dell’uomo all’uomo (cfr Gaudium et spes, 22). Per questo, sulle sue orme, la Chiesa ha il compito di testimoniare nella storia questo disegno originario, manifestandone la verità e la praticabilità.
Facendo ciò, la Chiesa non si nasconde le difficoltà e i drammi, che la concreta esperienza storica registra nella vita delle famiglie. Ma essa sa anche che il volere di Dio, accolto e realizzato con tutto il cuore, non è una catena che rende schiavi, ma la condizione di una libertà vera che ha nell’amore la sua pienezza. La Chiesa sa anche – e l’esperienza quotidiana glielo conferma – che quando questo disegno originario si oscura nelle coscienze, la società ne riceve un danno incalcolabile.


Certo, le difficoltà ci sono. Ma Gesù ha provveduto a fornire gli sposi di mezzi di grazia adeguati per superarle. Per sua volontà il matrimonio ha acquistato, nei battezzati, il valore e la forza di un segno sacramentale, che ne consolida i caratteri e le prerogative. Nel matrimonio sacramentale, infatti, i coniugi – come faranno tra poco le giovani coppie di cui benedirò le nozze – si impegnano a esprimersi vicendevolmente e a testimoniare al mondo l’amore forte e indissolubile con cui Cristo ama la Chiesa. E’ il “grande mistero”, come lo chiama l’apostolo Paolo (cfr Ef 5, 32).




5. “Vi benedica Dio, sorgente della vita!”. La benedizione di Dio è all’origine non solo della comunione coniugale, ma anche della responsabile e generosa apertura alla vita. I figli sono davvero la “primavera della famiglia e della società”, come recita il motto del vostro Giubileo. Nei figli il matrimonio trova la sua fioritura: in essi si realizza il coronamento di quella totale condivisione di vita (“totius vitae consortium”: C.I.C., can. 1055 § 1), che fa degli sposi “una sola carne”; e ciò tanto nei figli nati dal naturale rapporto tra i coniugi, quanto in quelli voluti mediante l’adozione. I figli non sono un “accessorio” nel progetto di una vita coniugale. Non sono un “optional”, ma un “dono preziosissimo” (Gaudium et spes, 50), iscritto nella struttura stessa dell’unione coniugale.
La Chiesa, com’è noto, insegna l’etica del rispetto di questa struttura fondamentale nel suo significato insieme unitivo e procreativo. In tutto ciò, essa esprime il doveroso ossequio al disegno di Dio, delineando un quadro di rapporti tra i coniugi improntati all’accettazione reciproca senza riserve. Ciò, oltre tutto, viene incontro al diritto dei figli di nascere e di crescere in un contesto di amore pienamente umano. Conformandosi alla parola di Dio, la famiglia si fa così laboratorio di umanizzazione e di vera solidarietà.

6. A questo compito sono chiamati genitori e figli, ma, come già scrivevo nel 1994, in occasione dell’Anno della Famiglia, “il “noi” dei genitori, del marito e della moglie, si sviluppa, per mezzo della generazione e dell’educazione, nel “noi” della famiglia, che s’innesta sulle generazioni precedenti e si apre ad un graduale allargamento” (Lettera alle famiglie, 16). Quando i ruoli vengono rispettati, in modo che il rapporto tra i coniugi e quello tra genitori e figli si svolga in modo compiuto e sereno, è naturale che per la famiglia acquistino significato ed importanza anche gli altri parenti, quali i nonni, gli zii, i cugini. Spesso, in questi rapporti improntati a sincero affetto e aiuto scambievole, la famiglia svolge un ruolo davvero insostituibile, perché le persone in difficoltà, le persone non sposate, le vedove e i vedovi, gli orfani, possano trovare un luogo di calore e di accoglienza. La famiglia non può chiudersi in se stessa. Il rapporto affettuoso con i parenti è un primo ambito di quella necessaria apertura, che proietta la famiglia verso l’intera società.

7. Accogliete, dunque, con fiducia, care famiglie cristiane, la grazia giubilare, che in questa Eucarestia viene abbondantemente effusa. Accoglietela prendendo come modello la famiglia di Nazaret che, pur chiamata a una missione incomparabile, fece il vostro stesso cammino, tra gioie e dolori, tra preghiera e lavoro, tra speranze e prove angustianti, sempre radicata nell’adesione alla volontà di Dio. Siano le vostre famiglie, sempre più, vere “chiese domestiche”, da cui salga ogni giorno la lode a Dio e si irradi sulla società un flusso benefico e rigenerante di amore.
“Ci benedica il Signore, fonte della vita!”. Possa questo Giubileo delle famiglie costituire per tutti voi che lo state vivendo un grande momento di grazia. Sia anche per la società un invito a riflettere sul significato e il valore di questo grande dono che è la famiglia, costruita secondo il cuore di Dio.
Maria, “Regina della famiglia”, vi accompagni sempre con la sua mano materna.

Redazione Papaboys (Fonte www.novena.it)

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