Dio è creatore degli esseri visibili e invisibili. Le nostre catechesi su Dio, creatore del mondo, non possono concludersi senza dedicare adeguata attenzione a un preciso contenuto della Rivelazione divina: la creazione degli esseri puramente spirituali, che la Sacra Scrittura chiama “angeli “.
Tale creazione appare chiaramente nei Simboli della fede: “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose (cioè: enti o esseri) visibili e invisibili”.
Sappiamo che l’uomo gode, all ‘interno della creazione, di una posizione singolare: grazie al suo corpo appartiene al mondo visibile; mentre, per l’anima spirituale, che vivifica il corpo, egli si trova quasi al confine fra la creazione visibile e quella invisibile. A quest’ultima appartengono altri esseri, puramente spirituali; non dunque propri del mondo visibile, anche se in esso presenti e operanti.
Cristo è il centro dell’universo. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
Oggi, come nei tempi passati, si discute su questi esseri spirituali. Bisogna riconoscere che la confusione, a volte, è grande, con il conseguente rischio di far passare come fede della Chiesa sugli angeli ciò che alla fede non appartiene, o, viceversa, di tralasciare qualche aspetto importante della verità rivelata. L’esistenza degli esseri spirituali, che la Sacra Scrittura chiama di solito “angeli”‘ veniva già negata ai tempi di Cristo dai sadducei. La negano anche i materialisti e i razionalisti di tutti i tempi.
Eppure, se ci si volesse sbarazzare degli angeli, si dovrebbe rivedere radicalmente la Sacra Scrittura stessa, e con essa tutta la storia della salvezza. Tutta la Tradizione è unanime su questa questione. Il credo della Chiesa è, in fondo, un ‘eco di quanto Paolo scrive ai Colossesi: … tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui”. Ossia il Cristo che, come Figlio, Verbo eterno e consostanziale al Padre, è “generato prima di ogni creatura”, è al centro dell’universo, come ragione e cardine di tutta quanta la creazione.
Tutto ciò che appartiene alla creazione rientra, secondo la Rivelazione, nel mistero della divina Provvidenza. Lo afferma il Vaticano I “Tutto ciò che ha creato, Dio lo conserva e lo dirige con la sua provvidenza, estendendosi da un confine all’altro con forza e governando con bontà ogni cosa”. “Tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi anche ciò che avrà luogo per libera iniziativa delle creature”.
La provvidenza abbraccia, dunque, anche il mondo dei puri spiriti, che ancor più pienamente degli uomini sono esseri razionali e liberi. Nella Sacra Scrittura troviamo preziose indicazioni che li riguardano. Vi è pure la rivelazione di un dramma misterioso, eppure reale, che toccò queste creature angeliche, senza che nulla sfuggisse all’eterna Sapienza, la quale con forza e al tempo stesso con bontà tutto porta a compimento nel regno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Il riferimento al “primato” di Cristo ci aiuta a comprendere che la verità circa l’esistenza e l’opera degli angeli (buoni e cattivi) non costituisce il contenuto centrale della parola di Dio.
Nella rivelazione Dio parla prima di tutto “agli uomini… e si intrattiene con essi, per invitarli ad ammetterli alla comunione con sé”, come leggiamo nella costituzione Dei verbum del concilio Vaticano II Così “la profonda verità… sia di Dio, sia della salvezza degli uomini”, è il contenuto centrale della rivelazione che “risplende” più pienamente nella persona di Cristo. La verità sugli angeli è in certo senso “collaterale”, eppure inseparabile dalla rivelazione centrale, che è l’esistenza, la maestà e la gloria del Creatore.
Gli angeli non sono, dunque, creature di primo piano nella realtà della Rivelazione, eppure vi appartengono pienamente.
Gli angeli somigliano più dell’uomo a Dio e sono più vicini a lui.
Riconosciamo anzitutto che la provvidenza, come amorevole Sapienza di Dio, si è manifestata proprio nel creare esseri puramente spirituali, per cui meglio si esprimesse la somiglianza di Dio in loro che di tanto superano tutto ciò che è creato nel mondo visibile insieme con l’uomo, anch’esso incancellabile immagine di Dio. Dio, che è Spirito assolutamente perfetto, si rispecchia, soprattutto, negli esseri spirituali che per natura, cioè a motivo della loro spiritualità, gli sono molto più vicini delle creature materiali. La Sacra Scrittura offre una testimonianza abbastanza esplicita di questa massima vicinanza a Dio degli angeli, dei quali parla, con linguaggio figurato, come del “trono” di Dio, delle sue “schiere”, del suo “cielo”. Essa ha ispirato la poesia e l’arte dei secoli cristiani che ci presentano gli angeli come la “corte di Dio”.
Dio crea gli angeli liberi, capaci di operare una scelta.
Nella perfezione della loro natura spirituale gli angeli sono chiamati, fin dall’inizio, in virtù della loro intelligenza, a conoscere la verità e ad amare il bene che conoscono nella verità in modo molto più pieno e perfetto di quanto non sia possibile all’uomo. Questo amore è l’atto di una volontà libera, per cui, anche per gli angeli, la libertà significa possibilità di operare una scelta a favore o contro il Bene che essi conoscono, cioè Dio stessa Creando gli esseri liberi, Dio volle che nel mondo si realizzasse quell’amore vero che è possibile solamente sulla base della libertà. Creando gli spiriti puri come esseri liberi, Dio, nella sua provvidenza, non poteva non prevedere anche la possibilità del peccato degli angeli.
Dio ha sottoposto gli spiriti a una prova.
Come dice chiaramente la Rivelazione, il mondo degli spiriti puri appare diviso in buoni e cattivi. Ebbene, questa divisione non si è operata per creazione di Dio, ma in base alla libertà propria della natura spirituale di ciascuno di essi. Si è operata mediante la scelta che per gli esseri puramente spirituali possiede un carattere incomparabilmente più radicale di quella dell’uomo ed è irreversibile dato il grado di intuitività e di penetrazione del bene di cui è dotata la loro intelligenza. A questo riguardo si deve dire anche che gli spiriti puri sono stati sottoposti a una prova di carattere morale. Fu una scelta decisiva riguardante prima di tutto Dio stesso, un Dio conosciuto in modo più essenziale e diretto di quanto è possibile all ‘uomo, un Dio che a questi esseri spirituali aveva fatto dono, prima che all ‘uomo, di partecipare alla sua natura divina.
Dio offre ai puri spiriti la sua comunione d’amore e li chiama a una scelta definitiva.
Nel caso dei puri spiriti la scelta decisiva riguardava prima di tutto Dio stesso, primo e supremo Bene, accettato o respinto in modo più essenziale e diretto di quanto possa avvenire nel raggio d’azione della libera volontà dell’uomo. Gli spiriti puri hanno una conoscenza di Dio incomparabilmente più perfetta dell’uomo, perché, con la potenza del loro intelletto, non condizionato né limitato dalla mediazione della conoscenza sensibile, vedono fino in fondo la grandezza dell’Essere infinito, della prima Verità, del sommo Bene. A questa sublime capacità di conoscenza degli spiriti puri, Dio offrì il mistero della sua divinità, rendendoli così partecipi, mediante la grazia, della sua infinita gloria. Proprio perché esseri di natura spirituale, vi era nel loro intelletto la capacità, il desiderio di questa elevazione soprannaturale a cui Dio li aveva chiamati all ‘eterna comunione dell’amore, consorti alla natura divina.
Dopo la prova, il mondo degli spiriti si è diviso in buoni e cattivi.
La scelta operata sulla base della verità su Dio, conosciuta informa superiore in base alla lucidità delle loro intelligenze, ha diviso anche il mondo dei puri spiriti in buoni e cattivi. I buoni hanno scelto Dio come Bene supremo e definitivo, conosciuto alla luce dell’intelletto illuminato dalla Rivelazione. Avere scelto Dio significa che si sono rivolti a lui con tutta la forza interiore della loro libertà, forza che è amore; Dio è divenuto il totale e definitivo scopo della loro esistenza spirituale. Gli altri, invece, hanno voltato le spalle a Dio contro la verità della conoscenza che indicava in lui il bene totale e definitivo. Hanno scelto contro la rivelazione del mistero di Dio, contro la sua grazia che li rendeva partecipi della Santissima Trinità e dell’eterna amicizia con Dio, hanno opposto un rifiuto ispirato da un falso senso di autosufficienza, di avversione e persino di odio che si è tramutato in ribellione.
La superbia acceca gli spiriti che si pronunziano contro l’amore di Dio.
Come comprendere una tale opposizione e ribellione a Dio in esseri dotati di così viva intelligenza? Quale può essere il motivo di tale radicale e irreversibile scelta contro Dio? Di un odio tanto profondo, da poter apparire unicamente frutto della follia? I padri della chiesa e i teologi non esitano a parlare di “accecamento” prodotto dalla sopravvalutazione della perfezione del proprio essere, spinta fino al punto di velare la supremazia di Dio, che esigeva invece un atto di docile e obbediente sottomissione. Parole come: “Non ti servirò”, manifestano il radicale ed irreversibile rifiuto di prendere parte all’edificazione del regno di Dio nel mondo creato. “Satana”, lo spirito ribelle, vuole il proprio regno, non quello di Dio, e si erge a primo “avversario” del Creatore, a oppositore della provvidenza. Dalla ribellione e dal peccato di Satana, come anche da quello dell’uomo, dobbiamo concludere accogliendo la saggia esperienza della Scrittura che afferma: “L’orgoglio è causa di rovina”.
Funzione degli angeli buoni nei riguardi degli uomini.
Stando sempre alla Sacra Scrittura, gli angeli, in quanto creature puramente spirituali, si presentano alla riflessione della nostra mente come una speciale realizzazione della “immagine di Dio”, Spirito perfettissimo. Gli angeli sono, da questo punto di vista, le creature più vicine all’esemplare divino. il nome che la Sacra Scrittura attribuisce loro, indica che ciò che più conta nella Rivelazione è la verità sui compiti degli angeli nei riguardi degli uomini: angelo (angelus) vuole infatti dire “messaggero”. Gli angeli, creature spirituali, hanno funzione di mediazione e di ministero nei rapporti che intercorrono tra Dio e gli uomini.
Gli angeli celebrano la gloria di Dio e partecipano al suo governo sulla creazione.
L’Antico Testamento sottolinea soprattutto la speciale partecipazione degli angeli alla celebrazione della gloria che il Creatore riceve come tributo di lode da parte del mondo creato. Sono in modo speciale i Salmi che si fanno interpreti di tale voce, quando proclamano: “Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli. Lodatelo, Voi tutti, suoi angeli…”. “Benedite il Signore, voi tutti, suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola”. Gli angeli prendono parte al governo di Dio sulla creazione, come “potenti esecutori dei suoi comandi”, secondo il piano stabilito dalla divina provvidenza. In particolare agli angeli è affidata una speciale cura e sollecitudine per gli uomini, per i quali presentano a Dio le loro domande e preghiere. Si può affermare che i compiti degli angeli come ambasciatori del Dio vivo si estendono non solo ai singoli uomini e a coloro che hanno speciali compiti, ma anche ad intere nazioni.
Gli angeli a servizio del Messia.
Il Nuovo Testamento mette in rilievo i compiti degli angeli in rapporto alla missione di Cristo come Messia, e prima di tutto al mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio, come costatiamo nel racconto dell’annunciazione della nascita di Cristo stesso, nelle spiegazioni e disposizioni date a Maria e Giuseppe, nelle indicazioni date ai pastori nella notte della nascita del Signore, nella protezione del neonato davanti al pericolo della persecuzione di Erode. Più avanti i Vangeli parlano della presenza degli angeli durante il digiuno di 40 giorni di Gesù nel deserto e durante la preghiera nel Getsemani. Dopo la risurrezione di Cristo sarà ancora un angelo, apparso sotto forma di un giovane, che dirà alle donne accorse al sepolcro e sorprese dal fatto di trovarlo vuoto: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui… andate!… dite ai suoi discepoli…”. Due angeli sono visti anche da Maria Maddalena, che è privilegiata d’una apparizione personale di Gesù. Gli angeli “si presentano” agli Apostoli dopo la scomparsa di Cristo, per dire loro: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto in cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Sono gli angeli della vita, della passione e della gloria di Cristo.
Gli angeli accompagnano sempre Gesù nella sua missione salvifica.
Se passiamo alla nuova venuta di Cristo, cioè alla “Parusia”, troviamo che tutti i sinottici annotano che il “Figlio dell’uomo… verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”. Si può dunque dire che gli angeli, come puri spiriti, non solo partecipano nel modo che è loro proprio alla santità di Dio stesso, ma nei momenti chiave circondano il Cristo e lo accompagnano nell’adempimento della sua missione salvifica nei riguardi degli uomini. Allo stesso modo anche tutta la Tradizione e il Magistero ordinario della Chiesa ha attribuito nei secoli agli angeli questo particolare carattere e questa funzione nel ministero messianico.
La Chiesa professa la fede negli angeli custodi e ne raccomanda la venerazione.
Tra i libri del Nuovo Testamento, sono specialmente gli Atti degli Apostoli che ci fanno conoscere alcuni fatti che attestano la sollecitudine degli angeli per l’uomo e per la sua salvezza. Così, quando l’angelo di Dio libera gli apostoli dalla prigione e prima di tutto Pietro, che era minacciato di morte dalla mano di Erode. O quando guida l’attività di Pietro nei riguardi del centurione Cornelio, il primo pagano convertito. Analogamente quando guida l’attività del diacono Filippo lungo la via da Gerusalemme a Gaza. Da questi pochi fatti, si comprende come nella coscienza della Chiesa abbia potuto formarsi la persuasione sul ministero affidato agli angeli in favore degli uomini. Perciò la Chiesa confessa la sua fede negli angeli custodi, venerandoli nella liturgia con una festa apposita e raccomandando il ricorso alla loro protezione con una preghiera frequente, come nell’invocazione ‘Angelo di Dio”.
Gli angeli sono esseri-persone dotati di intelligenza e libera volontà.
In quanto creature di natura spirituale, gli angeli sono dotati di intelletto e di libera volontà, come l’uomo, ma in grado a lui superiore, anche se sempre finito, per il limite che è inerente a tutte le creature. Gli angeli sono quindi esseri personali e, in quanto tali, sono anch’essi a “immagine e somiglianza” di Dio. La Sacra Scrittura si riferisce agli angeli adoperando anche appellativi non solo personali (come i nomi propri: Raffaele, Gabriele, Michele), ma anche “collettivi” (come le qualifiche di: serafini, cherubini, troni, potestà, dominazioni, principati), così come opera una distinzione tra angeli e arcangeli. Pur tenendo conto del linguaggio analogico e rappresentativo del testo sacro, possiamo dedurre che questi esseri-persone, quasi raggruppati in società, si suddividono in ordini e gradi, rispondenti alla misura della loro perfezione e ai compiti loro affidati. Gli autori antichi e la stessa liturgia parlano anche dei cori angelici (nove, secondo Dionigi l’’Areopagita).
La verità sugli angeli reca un grande servizio all’uomo.
La Chiesa, proponendo con franchezza la totalità della verità su Dio creatore anche degli angeli, crede di recare un grande servizio all’uomo. L’uomo nutre la convinzione che è il Cristo, Uomo-Dio, (e non gli angeli) a trovarsi al centro della divina Rivelazione. Ebbene, l’incontro religioso con il mondo degli esseri puramente spirituali diventa preziosa rivelazione del suo essere non solo corpo, ma anche spirito, e della sua appartenenza a un progetto di salvezza veramente grande ed efficace, entro una comunità di esseri personali che per l’uomo e con l’uomo servono il disegno provvidenziale di Dio. Notiamo che la Sacra Scrittura e la Tradizione chiamano propriamente angeli quegli spiriti puri che nella fondamentale prova di libertà hanno scelto Dio, la sua gloria e il suo regno. Essi sono uniti a Dio mediante l’amore che scaturisce dalla beatificante visione, faccia a faccia, della Santissima Trinità. Lo dice Gesù stesso: “Gli angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”. Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo, alla quale incessantemente si associa la terrena liturgia della Chiesa la quale, ogni giorno e ogni ora, nel mondo intero, nella santa messa, si richiama “agli angeli e agli arcangeli ” per cantare la gloria di Dio.
Gli angeli sono chiamati da Dio ad avere la loro parte nella storia della salvezza degli uomini.
Sempre secondo la Rivelazione, gli angeli, che partecipano alla vita della Trinità nella luce della gloria, sono anche chiamati ad avere la loro parte nella storia della salvezza degli uomini, nei momenti stabiliti dal disegno della divina provvidenza. “Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?”, domanda l’autore della Lettera agli Ebrei. E questo crede e insegna la Chiesa, in base alla Sacra Scrittura, dalla quale apprendiamo che compito degli angeli buoni è la protezione degli uomini e la sollecitudine per la loro salvezza. Troviamo queste espressioni in diversi passi della Sacra Scrittura, come ad esempio nel Salmo 90 (91): “Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede”. Gesù stesso, parlando dei bambini e ammonendo di non dar loro scandalo, si richiama ai “loro angeli”. Egli attribuisce inoltre agli angeli la funzione di testimoni nel supremo giudizio divino sulla sorte di chi ha riconosciuto o ha rinnegato il Cristo: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli angeli di Dio…; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio”. Queste parole sono significative perché se gli angeli prendono parte al giudizio di Dio, sono interessati alla vita dell’uomo. Interesse e partecipazione che sembrano ricevere un ‘accentuazione nel discorso escatologico, nel quale Gesù fa intervenire gli angeli nella Parusia, ossia nella definitiva venuta di Cristo, alla fine della storia.
Gli angeli sono immortali e, quindi, non soggetti alle leggi della corruttibilità.
Dio creò fin dal principio entrambe le realtà: quella spirituale e quella corporale, il mondo terreno e quello angelico. Tutto ciò egli creò insieme in ordine alla creazione dell’uomo, costituito di spirito e di materia e posto secondo la narrazione biblica nel quadro di un mondo già stabilito secondo le sue leggi e già misurato dal tempo. Assieme all’esistenza, la fede della Chiesa riconosce certi tratti distintivi della natura degli angeli. Il loro essere puramente spirituale indica prima di tutto la loro non materialità e la loro immortalità. Gli angeli non hanno “corpo” (anche se in determinate circostanze si manifestano sotto forme visibili in ragione della loro missione a favore degli uomini), e quindi non sono soggetti alla legge della corruttibilità che accomuna tutto il mondo materiale. Gesù stesso, riferendosi alla condizione angelica, dirà che nella vita futura i risorti “(non) possono più morire, perché sono uguali agli angeli”.
La Chiesa onora con culto liturgico tre figure di angeli, che nella Sacra Scrittura sono chiamati per nome. Il primo è Michele arcangelo. Il suo nome esprime l’atteggiamento essenziale degli spiriti buoni. “Mica-El” significa infatti: “Chi come Dio?”. In questo nome si trova, dunque, espressa la scelta salvifica grazie a/la quale gli angeli “vedono la faccia del Padre” che è nei cieli. Il secondo è Gabriele: figura legata soprattutto al mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. il suo nome sign41ca: “la mia potenza è Dio”, oppure “potenza di Dio”, quasi a dire che al culmine della creazione, l’incarnazione è il segno supremo del Padre onnipotente. Infine, il terzo arcangelo si chiama Raffaele. “Rafa-El” significa: “Dio guarisce”. Egli si è fatto conoscere dalla storia di Tobia nell’Antico Testamento; così significava l’affidamento agli angeli dei piccoli figli di Dio, sempre bisognosi di custodia, di cura e di protezione.
La Chiesa con l’annunzio del regno di Dio è sempre vittoriosa sul maligno, contro cui è continuamente in lotta.
Come testimonia l’evangelista Luca, nel momento in cui i discepoli tornavano dal Maestro pieni di gioia per i frutti raccolti nel loro tirocinio missionario, Gesù pronuncia una frase che fa pensare: “Io vedevo Satana cadere dal cielo come la folgore”. Con queste parole il Signore afferma che l’’annuncio del regno di Dio è sempre una vittoria sul diavolo, ma, nello stesso tempo, rivela anche che l’edificazione del Regno è continuamente esposta alle insidie dello spirito del male. Interessarsene, come intendiamo fare con la catechesi di oggi, vuoi dire prepararsi alla condizione di lotta che è propria della vita della Chiesa in questo tempo ultimo della storia della salvezza (così come afferma il Libro dell’Apocalisse). D ‘altra parte, ciò permette di chiarire la retta fede della Chiesa di fronte a chi la stravolge, esagerando l’importanza del diavolo, o di chi ne nega o ne minimizza la potenza malefica.
La potenza di Satana è limitata, tollerata da Dio, e sempre concorre al bene, poiché Dio guida la storia.
La fede della Chiesa ci insegna che la potenza di Satana non è infinita. Egli è solo una creatura, potente in quanto spirito puro, ma pur sempre una creatura, con i limiti della creatura, subordinata al volere e al dominio di Dio. Se Satana opera nel mondo per il suo odio contro Dio e il suo Regno, ciò è permesso dalla divina provvidenza che con potenza e bontà dirige la storia dell’uomo e del mondo. Se l’azione di Satana certamente causa molti danni, di natura spirituale e, indirettamente di natura anche fisica, ai singoli e alla società, egli non è tuttavia in grado di annullare la definitiva finalità cui tendono l’uomo e tutta la creazione: il Bene. Egli non può ostacolare l’edificazione del regno di Dio, nel quale si avrà, alla fine, la piena attuazione della giustizia e dell’amore del Padre verso la creatura, eternamente “predestinata” nel Figlio Verbo, Gesù Cristo. Possiamo anzi dire con san Paolo che l’opera del maligno concorre al bene e che serve a edificare la gloria degli “eletti”.
Il Cristo è venuto a sconfiggere il diavolo e la Chiesa riceve da lui lo stesso potere.
Tutta la storia dell’umanità si può considerare in funzione della salvezza totale, nella quale è iscritta la vittoria di Cristo sul “principe di questo mondo”. “Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui SOLO adorerai”, dice perentoriamente Cristo a Satana. In un momento drammatico del suo ministero, a chi lo accusava in modo sfacciato di scacciare i demoni perché alleato di Belzebù, capo dei demoni, Gesù risponde con queste parole severe e confortanti insieme: “…E se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il Regno di Dio”. Le parole pronunciate da Cristo a proposito del tentatore trovano il loro compimento storico nella croce e nella risurrezione del Redentore. Come leggiamo nella lettera agli Ebrei, Cristo si è fatto partecipe dell’umanità fino alla croce “per ridurre all’impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo… e liberare così quelli che… erano tenuti in schiavitù”. Questa è la grande certezza della fede cristiana: “il principe di questo mondo è stato giudicato”; “il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo”, come ci attesta san Giovanni. Dunque, il Cristo crocifisso e risorto si è rivelato come quel “più forte” che ha vinto “l’uomo forte”, il diavolo; e lo ha spodestato. Alla vittoria di Cristo sul diavolo partecipa la Chiesa: Cristo, infatti, ha dato ai suoi discepoli il potere di cacciare i demoni. La Chiesa esercita tale potere vittorioso mediante la fede in Cristo e la preghiera, che in casi specifici può assumere la forma dell’esorcismo.
Con l’aiuto degli angeli, lottiamo contro il maligno, per il trionfo del bene, verso la vittoria finale: la parusia.
In questa fase storica della vittoria di Cristo si inscrive l’annuncio e l’inizio della vittoria finale, la parusia, la seconda e definitiva venuta di Cristo alla conclusione della storia, verso la quale è proiettata la vita del cristiana Anche se è vero che la storia terrena continua a svolgersi sotto l’influsso di “quello spirito che, come dice san Paolo, ora opera negli uomini ribelli , i credenti sanno di essere chiamati a lottare per il definitivo trionfo del Bene: “la nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti”.
Con l’aiuto degli angeli e dei santi, si compirà la vittoria del bene anticipata nel mistero pasquale di Cristo.
La lotta, man mano che se ne avvicina il termine, diventa in certo senso sempre più violenta, come mette in rilievo specialmente l’Apocalisse, l’ultimo libro del Nuovo Testamento. Ma proprio questo libro accentua la certezza che ci è data da tutta la Rivelazione divina: che cioè la lotta si concluderà con la definitiva vittoria del bene. In quella vittoria, precontenuta nel mistero pasquale di Cristo, si adempirà definitivamente il primo annuncio del libro della Genesi, che con termine significativo è detto protovangelo, quando Dio ammonisce il serpente: “Io porrò inimicizia tra te e /a donna” In quella fase definitiva, Dio, completando il mistero della sua paterna provvidenza, “libererà dal potere delle tenebre” coloro che ha eternamente ‘predestinati in Cristo” e li “trasferirà nel regno del suo Figlio diletto”. Allora il Figlio sottometterà al Padre anche l’intero universo, affinché “Dio sia tutto in tutti”.
Dio ha creato gli angeli per la sua gloria e come aiuto agli uomini.
In maniera progressiva e organica abbiamo potuto ammirare stupefatti il grande mistero dell’intelligenza e dell’amore di Dio, nella sua azione creatrice, verso il cosmo, verso l’uomo, verso il mondo degli spiriti puri. Di tale azione abbiamo considerato la matrice trinitaria, la sapiente finalizzazione alla vita dell’uomo, vera “immagine di Dio”, a sua volta chiamato a ritrovare pienamente la sua dignità nella contemplazione della gloria di Dio. Abbiamo ricevuto luce su uno dei massimi problemi che inquietano l’uomo e pervadono la sua ricerca di verità: il problema della sofferenza e del male. Alla radice non sta una decisione errata o cattiva di Dio, ma la sua scelta, e in certo modo il suo rischio, di crearci liberi per averci amici. Dalla libertà è nato anche il male. Ma Dio non si arrende, e con la sua saggezza trascendente, predestinandoci ad essere suoi figli in Cristo, tutto dirige con fortezza e soavità, perché il bene non sia vinto dal male.
Redazione
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