A distanza di un solo decennio il rapido sviluppo della comunicazione mediatica garantisce odiernamente una sempre più fervente e dinamica rete di informazione e di interazione tra persone appartenenti a continenti diversi, che certamente in passato era pressoché impensabile sia per la mancanza di strumenti tecnologici di nuova generazione come il Web 2.0, sia per l’assenza di una politica democratica in molti Paesi del sud del mondo.
Facebook e Twitter negli ultimissimi anni in materia di comunicazione fanno da padroni e oggigiorno l’azione del “parlare” è stata soppiantata da un tweet inoltrato da un follower a un amico che lo ha condiviso e ha ottenuto un numero considerevole di I like e di commenti di critica e di disapprovazione. A tal proposito si volga lo sguardo ad alcuni eventi rilevanti degli ultimi anni: la primavera araba, che ha avuto tra i suoi attori principali i social-media, vettore comunicativo attraverso il quale le nuove generazioni di egiziani, tunisini, libici, siriani, sono entrati in contatto con la politica, fino a quel momento considerata inaccessibile, e hanno osato sfidare i politici corrotti proprio per riportare in scena la vera e autentica politica; i viaggi del Santo Padre aggiornati e “trasmessi” da blog e agenzie on line, e da sempre più frequenti cinguettii di @Pontifex (che con il viaggio nello Sri Lanka e nelle Filippine, ha raggiunto i 18 milioni di followers); l’uso innovativo e audace dei social media (in particolare Facebook) e la creazione di un vero e proprio “popolo” di volontari che hanno usato tutti gli strumenti a disposizione, on e offline, hanno reso possibile la vittoria di Barack Obama.
Impensabile tuttavia era la presenza del Capo della Chiesa Cattolica su un comune social network come Twitter, eppure è stato proprio Benedetto XVI il primo pontefice digitale della storia, a dar vita a una singolare forma di “cyber-teologia” il 12 dicembre 2012, in coincidenza con la Giornata dell’Interconnessione.
La presenza del Papa su Twitter è di sicuro un’espressione concreta della sua convinzione che la Chiesa deve essere presente nel mondo digitale e così il Papa ha iniziato ad utilizzare quello che oggi in ambito comunicativo ha un suo particolare significato sociale.
Insomma da questi eventi presi in considerazione chiaro è che il “cervello” dell’uomo sia stato “perfezionato” dagli automatismi della macchina, e che la globalizzazione del content management system (sistema di gestione dei contenuti) abbia indotto una larghissima fetta della popolazione mondiale a comunicare per mezzo della Rete, e questa innovazione mediatica è stata percepita ed elaborata dal magistero della Chiesa cattolica in tempi in cui qualcosa iniziava a cambiare a livello mediale, e cioè dal Concilio ecumenico Vaticano II, tempi in cui – potremmo dire – da poco a Washington il Dipartimento della Difesa aveva sperimentato le prime operazioni del progetto ARPA (Advanced Research Projects Agency).
Il rapido sviluppo delle tecnologie nel campo dei media è sicuramente uno dei segni del progresso dell’odierna società. Guardando a queste novità in continua evoluzione, appare ancor più attuale quanto si legge nel Decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II Inter mirifica (Tra le Meraviglie), promulgato dal Beato Paolo VI, il 4 dicembre 1963: «Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto ai nostri giorni, l’ingegno umano, con l’aiuto di Dio, ha tratto dal creato, la Madre Chiesa accoglie e segue con speciale cura quelle che più direttamente riguardano lo spirito dell’uomo e che hanno aperto nuove vie per comunicare, con massima facilità, notizie, idee e insegnamenti d’ogni genere».
I primi decenni del XX secolo tuttavia sono anni di importanti documenti ecclesiali riguardanti la comunicazione: la Vigilanti Cura di Pio XI (1936) e la Miranda Prorsus di Pio XII (1957); essi si riferivano nello specifico al cinema, che in quegli anni poneva numerosi interrogativi anche in relazione al contesto politico coevo. L’atteggiamento della Chiesa, con le dovute cautele, dagli anni 30 si è aperto alla positività di queste innovazioni, riconoscendo le opportunità e le molteplici potenzialità dei mezzi di comunicazione.
La comunità cristiana, come scriveva Giovanni Paolo II, negli anni ha compiuto passi significativi nell’uso degli strumenti della comunicazione per l’informazione religiosa, per l’evangelizzazione e la catechesi, per la formazione degli operatori pastorali del settore e per l’educazione ad una matura responsabilità degli utenti e destinatari dei vari strumenti della comunicazione.
Molteplici sono le sfide per la nuova evangelizzazione in un mondo ricco di potenzialità comunicative come il nostro. In considerazione di ciò nella Lettera enciclica Redemptoris missio sempre Papa Wojtyla sottolinea che il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, capace di unificare l’umanità rendendola «un villaggio globale». Nel 2005 egli scriveva che i mezzi di comunicazione sociale avevano raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. “Si tratta di un problema complesso”, si legge, “poiché tale cultura, prima ancora che dai contenuti, nasce dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con tecniche e linguaggi inediti”.
“La nostra è un’epoca di comunicazione globale”, proseguiva il Santo Padre, “dove tanti momenti dell’esistenza umana si snodano attraverso processi mediatici, o perlomeno con essi devono confrontarsi. Mi limito a ricordare la formazione della personalità e della coscienza, l’interpretazione e la strutturazione dei legami affettivi, l’articolazione delle fasi educative e formative, l’elaborazione e la diffusione di fenomeni culturali, lo sviluppo della vita sociale, politica ed economica”.
In una visione organica e corretta dello sviluppo dell’essere umano, i media possono e devono promuovere la giustizia e la solidarietà, riportando in modo accurato e veritiero gli eventi, analizzando compiutamente le situazioni e i problemi, dando voce alle diverse opinioni. I criteri supremi della verità e della giustizia, nell’esercizio maturo della libertà e della responsabilità, costituiscono l’orizzonte entro cui si situa un’autentica deontologia nella fruizione dei moderni potenti mezzi di comunicazione sociale.
Del resto già nella Christifideles laici (30 dicembre 1988), guidato dalla sua autentica lungimiranza il Papa affermava: “Il mondo dei media, in seguito all’accelerato sviluppo innovativo e all’influsso insieme planetario e capillare sulla formazione della mentalità del costume, rappresenta una nuova frontiera della missione della Chiesa”, e infatti oggi la Chiesa nella sua opera di evangelizzazione si serve del settore delle telecomunicazioni e della rete digitale proprio perché Internet contribuisce ad apportare cambiamenti rivoluzionari nel commercio, nell’educazione, nella politica, nel giornalismo, nel rapporto fra nazione e nazione e cultura e cultura, cambiamenti riguardanti non solo il modo in cui le persone comunicano, ma anche quello in cui interpretano la propria vita.
Giovanni Paolo II sebbene sapesse che il mondo delle comunicazioni sociali a volte può sembrare in contrasto con il messaggio cristiano, con Il rapido sviluppo favoriva anche le opportunità uniche che internet offre per proclamare la verità salvifica di Cristo a tutta la famiglia umana. Egli considerava la capacità positiva di Internet di trasmettere informazioni e insegnamenti di carattere religioso oltre le barriere e le frontiere e quest’opera social e digitale oggi assume una presenza ancora più stabile con Papa Francesco che nel suo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali ha esortato le Chiese ad aprire le porte al mondo digitale. La “rivoluzione” dei media per Francesco rappresenta una “grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un’immaginazione nuova”.
di Alessandro Notarnicola per il blog Dentro Le Mura
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