di P Alessandro Ricciardi, icms
(…) Giovanni Paolo II, il “grande” Papa che ha tracciato un solco profondo nella storia non solo del XX secolo ma anche dell’intera umanità, contribuendo in modo significativo alla causa della pace nel mondo e soprattutto al ritorno a Dio di tanti nostri fratelli e sorelle. Egli è stato davvero il tralcio che unito alla Vite ha prodotto molto frutto.
Lo scorso mese di ottobre egli indiceva l’Anno dell’Eucaristia, uno speciale “anno di grazia” le cui origini sono senz’altro da ricerca-re anche nella stessa profonda spiritualità eucaristica di Giovanni Paolo II: è la sua esperienza che ha voluto comunicare anche a noi, come un buon padre spirituale. Lasciamoci conquistare dal suo luminoso esempio per crescere anche noi nell’amore verso il Divin Sacramento.
Fin dagli anni della sua giovinezza Karol Wojtyla ha avuto una profonda devozione verso l’Eucaristia, traendone grandi frutti spirituali sia per se stesso che per gli altri. Parlando a un gruppo di giovani (…), in-fatti, egli così confidava: “Vi assicuro il mio ricordo al Signore durante la celebrazione della Santa Messa e l’adorazione eucaristica che, fin dagli anni della giovinezza, pratico costante-mente. Sappiate che ne ho sempre tratto grandi frutti di bene, non soltanto per me personalmente, ma anche per tutti coloro che la divina Misericordia mi ha affidato”.
Anche nella Ecclesia de Eucharistia (n. 25) si lasciava andare ad una dolce confidenza a proposito della sua pratica della visita al SS.mo Sacramento, fonte certa di sostegno: “è bello intrattenersi con Lui e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto, essere toccati dall’amore intimo del suo cuore. Se il cristiane-simo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l’ “arte della preghiera”, come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento? “Quante volte, miei fratelli e sorelle, ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno!”.
Anche nella lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 2005, con un accento che lasciava trasparire una sua profonda esperienza, il Papa li invitava a mettersi davanti a Gesù Sacramentato perché Egli potesse riempire la loro vita: “Stare davanti a Gesù Eucaristia, approfitta-re, in certo senso, delle nostre “solitudini” per riempirle di questa Presenza, significa dare alla nostra consacrazione tutto il calore dell’intimità con Cristo, da cui prende gioia e senso la nostra vita” (n. 6).
Non era assente in lui lo spirito di ripara-zione eucaristica, come egli stesso invitava a fare nella lettera di in-dizione dell’Anno Eu-caristico: stare davanti al Santissimo Sacra-mento, “riparando con la nostra fede e il nostro amore le tra-scuratezze, le dimenti-canze e persino gli ol-traggi che il nostro Salvatore deve subire in tante parti del mon-do” (MND, 18), parole che rievocano quelle pronunciate dall’An-gelo ai tre pastorelli di Fatima nel lontano 1916.
Un momento molto importante nel rapporto con l’Eucaristia è il ringraziamento dopo aver ricevuto la S. Comunione. è, questa, una “buona occasione per trattare i nostri interessi” con il Si-gnore, come insegnava S. Teresa d’Avila alle sue monache. In quel momento Gesù “ha le ma-ni piene di grazie di ogni genere” e desidera “donarle all’anima”, come rivelava Egli stesso ad una Santa molto conosciuta da Giovanni Paolo II, santa Faustina Kowalska, l’apostola della divina misericordia. Era bello vedere il Papa assorto in preghiera dopo la S. Comunione. Chissà quali intime confidenze e quante grazie implorate al Cuore del Maestro Divino. Nella lettera agli anziani c’è un riferimento fugace a questo momento: “… mi sale spesso alle labbra… in l’intima preghiera che il sacerdote recita dopo la celebrazione eucaristica: Nell’ora della morte chiamami, e comanda che io venga a te”. Il riferimento è all’antica preghiera dell’Ani-ma Christi: chissà quante volte l’avrà recitata dopo aver ricevuto la S. Comunione!
Tutto inizi davanti al Tabernacolo! Infine, ma si potrebbero trovare sicuramente tanti altri riferimenti, quando parla dell’importanza della vita di pietà che deve avere il Vescovo – ma ciò si può benissimo applicare anche a tutti i sacerdoti, ai religiosi e ad ogni cristiano-, riferendosi alla sua esperienza in Polonia, egli affermava: “La cappella è così vicina affinché nella vita del vescovo tutto – la predicazione, le decisioni, la pastorale – abbia inizio ai piedi di Cristo, nascosto nel Santissimo Sacramento”. Che bel modo di fare azione pastorale: tutto abbia inizio davanti al tabernacolo!
E facendo riferi-mento all’esempio dell’arcivescovo di Cracovia, il principe Adam Sapieha, il qua-le nonostante la sua avanzata età e la stan-chezza dovuta alle fatiche apostoliche, si recava nella sua fredda cappella e rimaneva là nel buio della notte davanti a Dio, si domandava: “Quan-to? Non lo so. Mai ho sentito, durante le tarde ore di lavoro nella casa arcivescovile, i passi del cardinale che tornava dalla cappella… Fu vera-mente un uomo di preghiera! Ho cercato di imi-tare quell’esempio non uguagliabile. Nella cappella privata non soltanto pregavo, ma ri-manevo anche seduto e scrivevo… Sono convin-to che la cappella è un luogo da cui proviene una particolare ispirazione. E un enorme privi-legio poter abitare e lavorare nello spazio di questa Presenza, una Presenza che attira, come una potente calamita”.
Quale importanza ha avuto l’Eucaristia nel-la vita di Giovanni Paolo II: fonte di forza, di consolazione, di grazie, di ispirazioni! Sul suo esempio viviamo quest’Anno contemplando il “Volto” di Cristo, entrando con Lui in una profonda dinamica d’amore. Occorre sempre ri-partire da quel Volto, come duemila anni fa.
Tratto dalla rivista: “Maria di Fatima”
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