E’ innegabile: il viaggio rappresenta la metafora del pellegrinaggio della vita. E l’aeroporto simboleggia il mondo. Viandanti che inseguono una meta forse irreale, esistenze diverse che si incrociano – talvolta scontrandosi, altre volte ignorandosi – poveri, diseredati, esclusi che vivono ai margini delle piste e degli hangar e che un aereo sicuramente non lo prenderanno mai. Anche in questo microcosmo perfetto si apre il Giubileo straordinario della Misericordia. Eccome.
“Se vogliamo usare un’altra immagine io definirei l’aeroporto una ‘città nella città’. Un crocevia di tante umanità che nella frenesia del giorno lo attraversano incessantemente” puntualizza mons. Gino Reali, vescovo di Porto e Santa Rufina, il quale ha voluto ardentemente l’apertura di una Porta Santa nella cappella dell’Aeroporto internazionale ‘Leonardo Da Vinci’ di Fiumicino. “Io definirei questo luogo giubilare come un vero e proprio ‘hub’ della misericordia, per dare sollievo dopo la fatica quotidiana, la consolazione nelle tristezze personali o semplicemente rispondere a quel desiderio di pace di cui il viaggiatore è spesso alla ricerca”.
Come nella vita di tutti i giorni, nelle sale d’attesa e nei punti d’imbarco, i volti, le storie, le sofferenze che hanno bisogno di essere toccate dalla misericordia sono le più divergenti e distanti: “Appartengono a uomini e donne di estrazione, cultura e credo religioso diverso” racconta don Lionello Dal Molin, cappellano dell’aeroporto di Venezia. Che svela: “Da noi c’è una ‘porta’ nuova che introduce non ad una cappella ma ad un luogo di culto. Attraverso questa ‘porta’ passano tutti quelli che hanno bisogno di fermarsi e incontrare il Signore che aiuta, solleva, conforta”. Forse la conversione profonda passa anche da lì.
Una vera misericordia, però, è tale solo se contempla la vera carità. E come nel mondo di tutti i giorni la Chiesa deve uscire per andare incontro alle povertà vecchie e nuove, così negli aeroporti i cristiani devono uscire per soccorre quanti hanno davvero bisogno. “Non ci crederete ma nel mio aeroporto – afferma accorato don Ruggero Camagni, cappellano dello scalo milanese di Malpensa – vivono tanti senzatetto, profughi, nullatenenti. Povere anime che hanno fatto dell’aeroporto la loro casa: tante volte non si allontanano mai. E se lo fanno ritornano, perché non sanno dove andare.
Io ogni sera consegno loro cartoni e coperte per dormire, qualche aiuto, ma da solo non ce la faccio. Bisognerebbe dar loro anche un po’ del proprio tempo per ascoltarli. Sì, bisogna davvero far uscire il nostro cuore per donarsi sul serio”. In fondo, in aeroporto, come nella vita di tutti i giorni, la misericordia si può prendere anche ‘al volo’.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va/Federico Piana)