Un malore o un eccesso di sicurezza. E Giuliano Stenghel, 67 anni, famoso alpinista di Rovereto, è precipitato nel mare che lambisce le coste di Tavolara.
Stava scalando la vetta di Punta Cannone, un punto particolarmente alto della scogliera dell’isola che si staglia sul quadrante nordorientale della costa della Sardegna, quando – per cause ancora da accertare – è precipitato andando a sbattere più volte, anche con la testa, sulle rocce sottostanti e finendo in mare quando ormai era già morto.
Una tragica fatalità: la sostituta procuratrice Ilaria Bradamante della Procura di Tempio Pausania ha subito autorizzato il trasferimento della salma nella camera mortuaria del cimitero di Olbia, per la consegna ai familiari, dopo che l’autorità sanitaria ha certificato la causa del decesso: politrauma da caduta con rottura della scatola cranica. A chiamare la sala operativa della capitaneria di porto e attivare i soccorsi sono stati alcuni appassionati di snorkeling. Coordinate dal capitano di vascello Maurizio Trogu, due motovedette si sono precipitate sul posto. I militari della Capitaneria hanno recuperato e portato il corpo al porto di Olbia, dove si è svolto il riconoscimento da parte dei parenti.
Per il mondo dell’alpinismo nazionale e internazionale è uno choc: Sten, come lo chiamavano gli amici, era Istruttore nazionale d’alpinismo dal 1978, ma anche istruttore emerito del Cai e socio accademico del Gism. Era considerato un acrobata delle ascensioni ed era conosciuto come il ’maestro del friabile’ per la capacità di muoversi su rocce difficili ed estremamente friabili. Poteva vantare l’apertura di 200 vie nuove e moltissime prime ascensioni solitarie. Con l’aiuto dei migliori amici, all’amore per la montagna dedicò anche un’iniziativa sociale attraverso la fondazione dell’associazione Serenella Onlus, intitolata alla prima moglie Serenella, morta prematuramente.