Gli Arabi Cristiani

La Siria è un paese in cui da sempre convivono etnie e religioni differenti. Qui cristiani e musulmani condividevano pacificamente lo stesso territorio e avevano uguali diritti e lo dimostra anche il fatto che vi sia un numero elevato di chiese frequentate senza problemi dai fedeli. A confermarlo è Padre Elias Halawi parroco cattolico della Chiesa di Nostra Signora di Damasco che abbiamo incontrato durante la nostra visita in Siria; ci ha raccontato la storia di questo paese abituato alla pacifica convivenza di popoli e religioni diverse, in chiusura ci fa una domanda che è poi un messaggio che ci chiede di trasmettere in Italia e in Europa “Perché le Chiese all’estero rimangono zitte, in silenzio davanti a tutto questo?” Anche a noi piacerebbe avere una risposta, e forse anche una condanna davanti ad una guerra che altri paesi hanno deciso di combattere in questo paese. Padre Elias aggiunge “a chi uccide si deve dire che non deve uccidere, a chi ruba che non deve rubare,  e chi distrugge i popoli deve essere fermato almeno con le parole!!” Si potrebbe pensare che forse alcuni non ascolterebbero neppure, ma a coloro che hanno fede vorremmo ricordare che Gesù aveva convertito i popoli non con la guerra ma con la parola pronunciata lungo le strade che lui stesso percorreva!
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Gli Arabi cristiani: (مسيحيون عرب, Masīḥiyyūn ʿArab), detti anche cristiani arabofoni (ovvero cristiani di lingua araba) vivono nei Paesi arabi (soprattutto Vicino Oriente ed Egitto), dove costituiscono una significativa minoranza religiosa in un’area a maggioranza islamica. Il maggior numero di arabi cristiani vive: in Libano (dal 39 al 45% della popolazione, pari a circa 1.300.000 libanesi); in Egitto (10% della popolazione, pari a oltre 11 milioni di egiziani); in Siria (843.000); in Iraq (300.000); in Giordania (117.000); in Israele e nei Territori Occupati palestinesi (140.000). Inoltre, i 402.000 maltesi sono prevalentemente cristiani e, seppur non arabofoni, parlano una lingua che è un dialetto arabo integrato dalla lingua siciliana. Importanti sono altresì le comunità arabe emigrate nelle Americhe, in special modo in Argentina, Brasile, in Colombia, in Repubblica Domenicana, in Ecuador, in Canada (200.000) e negli Stati Uniti d’America,

costituite prevalentemente da cristiani della diaspora. Solo in Brasile il numero stimato degli Arabi nell’autunno del 2007 supera i 12 milioni, molti dei quali sono cristiani. In Australia gli arabi sono infine circa 140.000, la maggioranza dei quali cristiani.

Identità. Non tutti gli arabofoni nel Vicino Oriente si considerano etnicamente Arabi (il caso più significativo è senz’altro quello dei 6-8 milioni di Copti in Egitto). Essi ammettono tuttavia che la parola arabo possa essere ricollegata ad alcuni aspetti della loro identità culturale, per sottolineare aspetti politici, linguistici, etnici o genealogici). Alcuni libanesi (per lo più maroniti) enfatizzano i legami veri o presunti del Libano con le antiche culture fenicie, aramee o dei mardaiti. Tuttavia, altri maroniti sono etnicamente arabi, come i Banu al-Mashruki, clan dei Kahlan. Tra i più eloquenti ed evidenti esempi si possono ricordare i Ghassanidi che dominarono l’area siro-palestino-giordanico-libanese in epoca bizantina. Alcuni dei più importanti e influenti nazionalisti vicino-orientali, di ovvio orientamento laicizzante, sono arabi: cristiani greco-ortodossi come Michel Aflaq, fondatore del partito del Ba’th, George Habash, fondatore del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP), Nāyef Hawatmeh, fondatore del Fronte Popolare Democratico per la Liberazione della Palestina (FPDLP), e Constantin Zureyq.

Storicamente, un numero di gruppi minoritari cristiani, che furono perseguitate come eretiche sotto il dominio bizantino (come i monofisiti) all’epoca godettero di una libertà religiosa assai maggiore a seguito dell’iniziale conquista islamica dell’area vicino-orientale di quella di cui potevano usufruire sotto il governo di Costantinopoli. Il primo governante arabo cristiano della storia fu Abgar VIII di Edessa, che si convertì nell’anno 200. Nelle varie epoche della storia, i cristiani arabofoni coesistettero abbastanza pacificamente coi fedeli di altre religioni del Vicino Oriente (principalmente con l’Islam e l’Ebraismo). Anche dopo la rapida espansione dell’Islam a partire dal VII secolo della nostra era, malgrado le conquiste islamiche (futūḥāt), molti cristiani scelsero di non convertirsi all’Islam e conservarono la loro fede. Come “Popolo del Libro” (Ahl al-Kitab), ai cristiani sotto dominio islamico furono riconosciuti i diritti a praticare il proprio culto in base al disposto della Shari’a, senza tema di persecuzioni, pur venendo assoggettati al pagamento di un’imposta “di protezione” (Jizya), da versare in solido e, successivamente, in numerario. L’imposta non colpiva schiavi, donne, bambini, sacerdoti e monaci, vecchi e malati, venendo a incombere solo sugli uomini validieremiti o poveri. Tra i cristiani arabofoni vanno annoverati, a partire dal I secolo, i Nabatei e i Ghassanidi (che erano d’origine meridionale (Qaḥtani) e parlavano sud-arabico, come pure il greco, ma anche buona parte dei Lakhmidi. Le ultime due dinastie proteggevano le frontiere sud-orientali dell’Impero Romano, e poi Bizantino con l’Arabia settentrionale. Le tribù dei Banu Tayy, degli ʿAbd al-Qays e dei Banu Taghlib erano note anche per essere state abbondantemente cristiane prima dell’Islam. L’oasi fortemente urbanizzata di Najran in Yemen era un importante centro cristiano e capolinea della principale carovaniera che giungeva fino a Gaza sul Mediterraneo, diventata tristemente nota per le persecuzioni patite ad opera del tubbāʿ himyarita giudaizzato Abu Nuwas. Il principale esponente degli arabi di Najran durante il periodo delle persecuzioni, al-Ḥārith, fu canonizzato dalla Chiesa Cattolica Romana col nome di S. Aretas. I cristiani arabofoni hanno garantito significativi contributi alla civiltà araba e ancora lo fanno. Numerosi tra i più sensibili esponenti delle letteratura araba furono arabi cristiani, e molti arabofoni furono medici, scrittori, funzionari di alto livello e uomini di cultura e di lettere.

Gli arabi cristiani. Il Libano è stato inizialmente creato dalla Francia per i cristiani della zona, che era la religione dominante con circa l’80% della popolazione totale, rendendo così il Libano l’unica nazione araba dominata dai cristiani e non dai musulmani. Il Libano contiene il più alto numero di cristiani in proporzione alla sua popolazione totale. È noto che costituissero circa il 55% della popolazione del libano prima della guerra civile libanese, ma la loro percentuale potrebbe essersi ora abbassata al 40% (2,200,000). Appartengono in gran parte alla Chiesa maronita, con una minoranza ragguardevole appartenente ai cattolici greco-ortodossi e greco-melchiti, oltre agli altri. C’è comunque insicurezza sulle cifre esatte perché non si tiene un censimento ufficiale in Libano dal 1932. Il presidente del Libano deve sempre essere un cristiano cattolico maronita.

Egitto. Malgrado i 6-8 milioni di cristiani egiziani, in grandissima maggioranza copti, che dunque non possano essere considerati arabi dal momento che essi costituiscono il sostrato etnico-culturale indigeno, precedente la conquista araba del Paese e fortemente attaccato alla propria identità culturale lungo l’arco di ben 14 secoli. I cristiani arabi sono comunque presenti e rappresentano una minoranza non insignificante in Egitto. La Chiesa cattolica in Egitto ha un numero di fedeli valutato dell’ordine di 220.000 fedeli (articolati su una diocesi patriarcale e altre 7 diocesi). Altrettanto dicasi per gli anglicani. Non è possibile differenziare fra loro con precisione i copti dagli arabi, dal momento che in Egitto, fin dal XI secolo, vi fu una significativa immigrazione dal Vicino Oriente, specialmente siriana e libanese, come pure si ebbe un imprecisabile numero di conversioni fra gli arabi egiziani durante il periodo della dominazione britannica. In Egitto le Chiese cattoliche sono la latina, la greco-melchita, la armena, la maronita, la siriaca e la caldea.

In Siria, i cristiani formavano poco meno del 15% della popolazione (circa 1,2 milioni di persone) sotto il censimento del 1960, ma non si è tenuto nessun censimento più recente. Stime correnti li stabilizzano al 10% circa della popolazione (2.100.000), grazie alla natalità inferiore e ai più alti livelli di emigrazione rispetto ai compatrioti musulmani.

In Giordania i cristiani costituiscono quasi il 7% della popolazione (circa 400.000 persone), sebbene la percentuale sia stata del 18% ai primi del XX secolo. Questo drastico abbassamento delle cifre è dipeso in larga misura dall’affluenza di Arabi dal Ḥijāz dopo la prima guerra mondiale e dal calo della natalità se messo a paragone con quello dei musulmani. Il 70 – 75% dei cristiani giordani aderisce alla Chiesa ortodossa orientale, l’altra parte alla Chiesa cattolica, con una piccola aliquota di protestanti. I cristiani sono bene integrati nella società giordana e fruiscono di un elevato livello di libertà. Quasi tutti i cristiani appartengono alle classi media e alta, tanto che si può affermare che i cristiani godano di maggiori opportunità economiche e sociali in Giordania che nel resto del Vicino Oriente islamico. Sebbene essi rappresentino meno del 10% della popolazione totale, i cristiani godono di una rappresentanza parlamentare leggermente sovradimensionata (circa il 10% del Parlamento giordano) e hanno importanti incarichi ministeriali (dicasteri con portafogli), amministrativi, diplomatici e hanno conseguito e conseguono elevati gradi militari nelle forze armate del Paese. Ai cristiani giordani è concesso lasciare i loro posti di lavoro nei settori pubblico e privato per partecipare alle cerimonie sacre della domenica. Tutte le cerimonie religiose cristiane praticate dai fedeli sono riconosciute e celebrate dallo Stato giordano. I cristiani hanno stabilito buone relazioni con la Famiglia reale e i vari funzionari governativi giordani e godono di loro proprie corti ecclesiastiche in materia di statuto personale.

Israele e Palestina. Circa l’1,6%, ossia 100.000 Palestinesi nei Territori Occupati della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, è cristiano, mentre il quadruplo di essi (ossia 400.000 persone) vive nella diaspora. Sia il fondatore del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, George Habash, sia il fondatore del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina, Nayef Hawatmeh, erano cristiani, al pari di un’importante attivista palestinese, già ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, signora Hanan Ashrawi. La larga presenza al vertice dei movimenti nazionalistici nel mondo arabo in genere, e palestinese in particolare, si può spiegare con l’alto livello d’istruzione posseduto dai cristiani arabofoni. Storicamente, la media borghesia urbana di molte città del Vicino Oriente è stata composta prevalentemente da famiglie cristiane. Molte famiglie arabe cristiane attribuiscono un ruolo fondamentale all’istruzione superiore. Gli arabi cristiani hanno fondato anche istituti privati d’istruzione d’impronta occidentale o religiosa cristiana. Uno di questi è il Collegio Biblico di Betlemme (Bethlehem Bible College), fondato nella cittadina palestinese nel 1979. L’istituto prepara gli oltre cento studenti iscritti (tutti arabi cristiani) a ricoprire ruoli dirigenziali nelle comunità vicino-orientali di tutte le confessioni cristiane. In Israele i cristiani arabi sono considerati la comunità più istruita del Paese; la percentuale di arabi cristiani laureati è più alta rispetto ad ebrei, musulmani e drusi. a cura di Francis Marrash

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