Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Il mio augurio per questo Natale è “essere santi, per esseri felici”, perché la gioia, anche quella del Natale “è legata all’essere santi”. Papa Francesco parla così ai dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, raccolti in tanti, anche con i loro familiari, in aula Paolo VI per ricevere i suoi auguri, e in questo suo sesto Natale da Vescovo di Roma, rivela di aver conosciuto in questi anni “diversi santi e sante che lavorano qui”.
Dopo aver percorso molto lentamente il corridoio centrale dell’aula, fermandosi a baciare e accarezzare bambini, benedire malati, coppie di sposi, rosari e oggetti portati dai dipendenti, il Papa inizia il discorso sottolineanzo che gli è piaciuto “salutare le famiglie” e premia con una citazione una bisnonna di 93 anni
Con la figlia, che è nonna, con i genitori e i due bambini. È bella la famiglia così! La famiglia … E voi lavorate per la famiglia, per i figli, per portare avanti la famiglia. È una grazia! Custodite le famiglie
Il Pontefice prende poi spunto da un’espressione dello scrittore francese Leon Bloy: “Non c’è che una tristezza, quella di non essere santi”, già citata nell’esortazione apostolica sulla santità Gaudete et exsultate, per sottolineare che “il contrario della tristezza, cioè la gioia, è legata all’essere santi. Anche la gioia del Natale”. E avere almeno la voglia di essere buoni.
Guardiamo il presepe. Chi è felice, nel presepe? Questo mi piacerebbe chiederlo a voi bambini, che amate osservare le statuine… e magari anche muoverle un po’, spostarle, facendo arrabbiare il papà, che le ha sistemate con tanta cura!
Francesco parla innanzitutto della Madonna e San Giuseppe, che “guardano il Bambino Gesù e sono felici perché, dopo mille preoccupazioni, hanno accolto questo Regalo di Dio, con tanta fede e tanto amore. Sono ‘straripanti’ di santità e quindi di gioia”. Per forza, mi direte, commenta il Pontefice, sono la Madonna e San Giuseppe! “Sì, ma non pensiamo che per loro sia stato facile: santi non si nasce, si diventa, e questo vale anche per loro”.
Poi il Papa parla dei pastori, pieni di gioia e santi “perché hanno risposto all’annuncio degli angeli, sono accorsi subito alla grotta e hanno riconosciuto il segno del Bambino nella mangiatoia”. E non era scontato, commenta ancora Francesco. Il pastorello giovane che c’è spesso nei presepi, e che guarda “verso la grotta con aria trasognata”, spiega “esprime la gioia stupita di chi accoglie il mistero di Gesù con animo di fanciullo. Questo è un tratto della santità: conservare la capacità di stupirsi, di meravigliarsi davanti ai doni di Dio, alle sue “sorprese”, e il dono più grande, la sorpresa sempre nuova è Gesù”.
Infine il Pontefice parla dei personaggi dei mestieri, dal ciabattino al fornaio, tutti felici anche loro, perché “sono come ‘contagiati’ dalla gioia dell’avvenimento a cui partecipano, cioè la nascita di Gesù. Così anche il loro lavoro è santificato dalla presenza di Gesù, dalla sua venuta in mezzo a noi”.
E qui Papa Francesco parla del lavoro dei dipendenti del Vaticano, del “nostro lavoro”, che “ha sempre una parte di fatica, è normale”.
Ma se ciascuno riflette un po’ della santità di Gesù, basta poco, un piccolo raggio – un sorriso, un’attenzione, una cortesia, un chiedere scusa – allora tutto l’ambiente del lavoro diventa più “respirabile”, non è vero? Si dirada quel clima pesante che a volte noi uomini e donne creiamo con le nostre prepotenze, le chiusure, i pregiudizi, e si lavora anche meglio, con più frutto.
Perchè, ricorda ancora il Pontefice togliendo gli occhi dal testo scritto, quello che rende triste e ammala l’ambiente di lavoro è “il chiacchiericcio”.
Per favore non parlare male degli altri, non sparlare. “Si, ma quello mi è odioso, e quello …” “Guarda, prega per lui, ma non parlare, non sparlare per favore”, perché questo distrugge, distrugge: distrugge l’amicizia, la spontaneità.
“Se tu hai qualcosa contro di lui, vai e dillo direttamente. Punto. Ma non sparlare ” chiede ancora Papa Francesco. E “quando ti viene la voglia, morditi la lingua e così non sparlerai”.
Anche negli ambienti di lavoro, prosegue il Papa, esiste “la santità della porta accanto” Anche qui in Vaticano, aggiunge, “io posso testimoniarlo”. “Io conosco alcuni di voi che sono un esempio di vita: lavorano per la famiglia, e sempre con quel sorriso, con quella laboriosità sana, bella. È possibile la santità”..
Che vivono la vita cristiana bene. Si può vivere così…Di solito sono persone che non appaiono, semplici, modeste, ma che fanno tanto bene nel lavoro e nei rapporti con gli altri. E sono persone gioiose; non perché ridono sempre, no, ma perché hanno dentro una grande serenità e sanno trasmetterla agli altri. E da dove viene quella serenità? Sempre da Lui, Gesù, il Dio-con-noi. È Lui la fonte della nostra gioia, sia personale, sia in famiglia, sia sul lavoro.
Così il suo augurio ai dipendenti, ripete Francesco è “essere santi, per essere felici”. Ma non “santi da immaginetta!”
Santi e sante in carne e ossa, col nostro carattere, i nostri difetti, anche i nostri peccati – chiediamo perdono e andiamo avanti – ma pronti a lasciarci “contagiare” dalla presenza di Gesù in mezzo a noi, pronti ad accorrere a Lui, come i pastori, per vedere questo Avvenimento, questo Segno incredibile che Dio ci ha dato.
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Andremo a vederlo? Si chiede in conclusione il Pontefice, “O saremo presi da altre cose? Cari fratelli e sorelle, non abbiamo paura della santità. E’ la strada della gioia”.
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