In questi giorni ha fatto molto rumore la storia di Caterina Simonsen, la studentessa 25enne padovana, affetta da 4 malattie rare, che su Facebook aveva voluto ringraziare la sperimentazione farmacologica sugli animali, grazie alla quale – sottolineava – oggi è ancora in vita. Caterina poche ore dopo aver lasciato il messaggio sulla bacheca del social network, era stata subissata da decine di insulti da parte degli animalisti.
«Per me puoi pure morire domani…» è stato uno dei post che le sono stati inviati. «Vi faccio vedere come si vive con le mie malattie, e dopo gli oltre 30 auguri di morte e oltre 500 offese»… «metto a nudo la mia realtà, perché voi capiate che l’unica mia “colpa” in tutto ciò sia stata “curarmi” senza uccidere nessuno direttamente»: ha ribattuto sul proprio profilo Fb la studentessa padovana.
Alla pioggia di «insulti, apprezzamenti, di tutto e di più», la ragazza ha risposto anche con due video in cui ha lanciato un appello al Partito animalista europeo, alla Lega antivivisezione (Lav) e a Michela Vittoria Brambilla, affinché si dissocino dagli auguri di morte e prendano provvedimenti. (Il Mattino di Padova, 26 dicembre)
La posizione anti-sperimentazione degli animalisti è apparsa piuttosto strumentale. Come scrive Riccardo Cascioli su La Nuova Bussola Quotidiano l’attacco sotto forma di insulto «è una mentalità sempre più diffusa, e sicuramente è il vero volto dell’animalismo, che nella sua essenza non è amore per gli animali ma odio per l’uomo. Basti vedere la rapida e inquietante crescita del terrorismo animalista che colpisce allevamenti, distrugge laboratori di ricerca, minaccia di morte imprenditori e ricercatori».
Negli scorsi mesi, scrive Cascioli, «ci sono stati due attacchi ad altrettanti laboratori dell’Università di Milano: distrutti i risultati di anni di ricerche, che significa ritardi nel poter mettere a punto farmaci per curare malattie anche gravi, e “liberazione” di centinaia di cavie: in realtà tutte condannate a morte, visto che fuori dall’asettico laboratorio universitario hanno poche ore di possibilità di vita. Si uccidono gli animali pur di danneggiare l’uomo, è questa la logica animalista». (La Nuova Bussola Quotidiano, 28 dicembre).
L’etichetta sempre più diffusa tra i difensori dell’animalismo è quella del “nazi-animalista”. Per Angela Cossu, su Tempi.it, «la categoria comprende quegli animalisti così spinti nelle loro idee da disprezzare gli esseri umani, tanto da preferire la morte di questi ultimi piuttosto che sacrificare i primi. La maggior parte sono incoerenti, mangiano comunque carne e derivati, indossano abiti in pelle, utilizzano le medicine sperimentate nel passato per sé e per gli animali domestici».
I cosiddetti nazi-animalisti «Invocano l’uso di sistemi alternativi, e quando gli si risponde che non esistono (ad esempio, dato che non si possono riprodurre le funzioni vitali in piastra), ripiegano sull’uso degli umani. Gli umani scelti naturalmente devono far presa sul pubblico, e quindi appartenere a quelle categorie comunemente definite come “cattivi”». (Tempi.it 27 dicembre)
Gianni Foresti, su Il Sussidiario.net, è ancora più radicale: «E’ assodato – spiega – che la mentalità senza Dio cerca di sovvertire la ragione, ma salvaguardare gli animali rispetto alla vita dell’uomo è veramente scandaloso, irragionevole. E’ solo pura ideologia che genera violenza, come la salvaguardia della razza da parte dei nazisti. E forse si arriverà a dire: meglio un animale vivo che un tossico, oppure mettiamo la carne fuorilegge? Speriamo proprio di no». (Il Sussidiario 28 dicembre).
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