Mauro Leonardi

Gli irresponsabili del “quarto segreto” di Fatima

Sabato 13 maggio sarà il centenario delle apparizioni di Fatima e sui giornali si parla dell’inesistente. L’inesistente è il cosiddetto “quarto segreto di Fatima”. Quello di cui l’autorità ecclesiastica ha parecchie volte smentito l’esistenza: fu il primo Ratzinger nel 2000, lunedì scorso Angelo Amato è stato l’ultimo: sì, il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il capo cioè del dicastero direttamente interessato al viaggio papale a motivo della canonizzazione di Francesco e Giacinta Marto.

Per carità, c’era d’aspettarselo e di per sé la miglior risposta sarebbe il silenzio: se non fosse che corre necessità di denunciare l’irresponsabilità. Perché così dicono alcuni titoli “il Papa sarà ucciso da soldati nella città dei teschi”: insomma l’Isis ucciderà il Papa. E qui davvero c’è da chiedersi fino a che punto sia lecito trastullarsi con cose così tremendamente serie.

Mi chiedo se chi alimenta tali menzogne ritenga davvero di essere cattolico. Perché qualsiasi credente sa che una delle caratteristiche fondamentali delle profezie – le profezie vere, intendo – è che vengono comprese solo dopo che si sono realizzate. Proprio il terzo segreto di Fatima ne è la conferma. Karol Wojtyla, il vescovo vestito di bianco colpito dall’attentato di cui parla suor Lucia, pur potendolo fare – era Papa da quasi tre anni – lesse il segreto di Fatima solo dopo essere stato ferito. Se lo fece portare in ospedale e lo comprese dopo che le pallottole di Alì Agca avevano attraversato il suo corpo.

Anche Gesù nel vangelo dice che le profezie non si possono comprendere. “Quanto però a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre” (Mc 13,32). Ovvio d’altra parte: perché conoscere cosa accadrà nel futuro porterebbe necessariamente a togliere e limitare la libertà umana. Ma la libertà dell’uomo è il requisito necessario per amare, che è l’essenza del cristianesimo.

Le profezie dunque – quelle vere – servono non per conoscere il futuro ma per capire il passato. Il terzo segreto di Fatima non servì a San Giovanni Paolo II per predire cosa sarebbe accaduto il 13 maggio 1981, né sarebbe stato possibile. Servì a lui e a quelli che vissero quegli anni, per comprendere il senso della predilezione mariana che li stava riguardando.

Forse chi gioca con le paure dell’uomo, con il fascino che l’ignoto esercita sempre su chi come noi sa poco, dovrebbe leggere di più il vangelo. Un libretto semplice, che contiene profezie riguardo alla morte e Resurrezione di Cristo pronunciate dall’Interessato e che nessun discepolo comprese. Leggiamo oggi quelle semplicissime parole e ne rimaniamo affascinati perché esse contengono davvero “Dio con noi” nella nostra vita. Perché la profezia non è una previsione di futuro ma è la comprensione del senso della mia vita quando l’amore è accettato. E anche quando l’amore è rifiutato perché ad esso si preferisce il rumore, l’apparenza e il vuoto di una notorietà effimera.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da IlFaroDiRoma



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