«Chiedo al Papa il perdono». La direttrice del centro: l’attesa dell’incontro ha cambiato i ragazzi che hanno alle spalle storie familiari dolorose e hanno commesso crimini efferati
colore dominante è il grigio smorto. Un salto cromatico per chi è abituato ai toni intensi della Città di Panama, da cui la separano meno di 50 chilometri. Casette basse si alternano a palazzoni squadrati, adagiati negli spazi fra i vari rigagnoli che puntellano questa popolosa periferia. Una delle più povere. Là, dal 2012, sorge il penitenziario minorile Las Garzas di Pacora. Un ‘carcere modello’ per gli standard della regione, seppur nato da una vicenda tragica: l’anno prima, cinque adolescenti morirono nell’incendio di una struttura della capitale.
A provocare il rogo era stata l’incuria, tanto che per il massacro – il peggiore della storia penitenziaria nazionale – vennero arre- state nove persone. Di fronte all’indignazione dell’opinione pubblica, il precedente governo di Ricardo Martinelli decise di costruire un penitenziario che fosse d’esempio: Pacora. In primo luogo, là non c’è sovraffollamento. I baby-reclusi – in gran parte tra i 15 e i 18 anni – sono 140, una cinquantina in meno rispetto alla capienza. Solo per fare una comparazione, nel resto delle strutture nazionali c’è un eccesso di duemila prigionieri.
Pacora, inoltre, offre un inedito programma – almeno per i parametri centroamericani – di recupero per i giovani detenuti: scuola, laboratori di formazione, panetteria, falegnameria, serigrafia, tappezzeria, teatro e musica. «I nostri sono ragazzi difficili. Vengono, in genere, dai settori sociali con meno risorse e hanno alle spalle storie familiari dolorose. La mancanza di sostegno ha portato loro a compiere, spesso, delitti efferati: omicidi, stupri, aggressioni. Le attività di Pacora promuovono in loro un cambiamento. Mai avevamo assistito, tuttavia, a una trasformazione profonda come negli ultimi mesi, da quando papa Francesco ha detto che sarebbe venuto a trovarci », afferma Emma Alva Tejada, direttrice nazionale dell’organismo incaricato delle carceri minorili.
Tejada ha lavorato a stretto contatto con i ragazzi di Pacora per organizzare l’incontro con il Papa, in programma oggi. Nei viaggi, Francesco si ritaglia spesso uno spazio per i detenuti. Per la prima volta, questa mattina celebrerà la tradizionale liturgia penitenziale della Gmg a Pacora, dove confesserà tre giovani.«Tra i designati – scelti da una équipe di esperti fra quanti avevano più necessità di una spinta verso il cambiamento – c’è una giovane di 16 anni, condannata per un assassinio. Una ragazza molto chiusa in se stessa, carica di rancore. Con l’approssimarsi della data della confessione, però, ha cominciato ad aprirsi, piano piano. Ha accettato anche di cantare nel coro. L’altro giorno mi ha detto: ‘Il mio più grande desiderio sarebbe quello di poter rincontrare la mia vittima. Per chiederle perdono’», sottolinea la direttrice. Anche per Juan – il nome è di fantasia –, un altro dei confessandi, la venuta del Papa rappresenta uno spartiacque. «Prima volevo solo vendicarmi di chi aveva fatto del male alla mia famiglia. Sognavo spesso di ucciderlo e provavo una profonda soddisfazione.
Ora, però, ho capito che sbagliavo. La vendetta non toglie il dolore, ne aggiunge altro. Ho riflettuto molto sulla visita del Papa. Gli chiederò di assolvermi perché voglio finalmente voltare pagina. Sa che cosa sogno ora? Il momento in cui lo vedrò faccia a faccia», dice. «E dire che all’inizio molti erano scettici sulla presenza di Francesco.
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