Nella Cinta Costera di Panama, i giovani della Gmg accompagnano Gesù sulla via della croce. Rivivendo così “un cammino di sofferenza e solitudine” che anche oggi si ripropone nei mille volti dei migranti, degli anziani scartati, nei bambini a cui è tolto il diritto di nascere. Si ripropone in tutte quelle situazioni che sono piaghe di dolore in questo mondo. Avviene tutto nell’indifferenza “soddisfatta e anestetizzante della nostra società”, popolata da cuori blindati.
Il discorso che Papa Francesco pronuncia alla fine della Via Crucis della Gmg assume i contorni di un’intensa preghiera rivolta a Dio Padre, riconoscendo anche le responsabilità di quanti si ritengono amici del Signore.
Anche noi tuoi amici, o Signore, ci lasciamo prendere dall’apatia e dall’immobilismo. Non poche volte il conformismo ci ha sconfitto e paralizzato. È stato difficile riconoscerti nel fratello che soffre: abbiamo distolto lo sguardo, per non vedere; ci siamo rifugiati nel rumore, per non sentire; ci siamo tappati la bocca, per non gridare.
La storia si ripete e, ieri come oggi, si inciampa nella “stessa tentazione”: “essere amici nella vittoria” e “nel successo”, perché è più facile “cadere nella cultura del bullismo, delle molestie e dell’intimidazione ”. Un cammino diametralmente opposto a quello intrapreso dal Signore, che nella croce si è “identificato con ogni sofferenza”, cingendo “quelli che tante volte consideriamo indegni di un abbraccio, di una carezza, di una benedizione; o peggio ancora, nemmeno ci accorgiamo che ne hanno bisogno”.
Prosegue Franncesco: “la Via Crucis di tuo Figlio si prolunga: nel grido soffocato dei bambini ai quali si impedisce di nascere e di tanti altri ai quali si nega il diritto di avere un’infanzia, una famiglia, un’educazione”. “Nelle donne maltrattate, sfruttate e abbandonate, spogliate e ignorate nella loro dignità”.“Negli occhi tristi dei giovani che si vedono strappar via le loro speranze di futuro dalla mancanza di educazione e di un lavoro degno”. “Nell’angoscia di giovani volti, nostri amici, che cadono nelle reti di gente senza scrupoli – tra di loro si trovano anche persone che dicono di servirti, Signore –, reti di sfruttamento, di criminalità e di abuso, che mangiano sulla vita dei giovani”.
La Via Crucis di tuo Figlio si prolunga nei giovani coi volti accigliati che hanno perso la capacità di sognare, di creare e inventare il domani e “vanno in pensione” con la pena della rassegnazione e del conformismo, una delle droghe più consumate nel nostro tempo.
Papa Bergoglio enumera, come tanti tasselli di un mosaico, i molteplici drammi che sfigurano il mondo contemporaneo: quanti, ad esempio, “invece di solidarietà, da parte di una società piena di abbondanza, trovano rifiuto, dolore e miseria, e per di più vengono indicati e trattati come portatori e responsabili di ogni male sociale”. La “solitudine rassegnata dei vecchi abbandonati e scartati ”; i popoli nativi, “spogliati delle loro terre, di radici e cultura”; il “grido di nostra madre terra, che è ferita nelle sue viscere dall’inquinamento dell’atmosfera, dalla sterilità dei suoi campi, dalla sporcizia delle sue acque, e che si vede calpestata dal disprezzo e dal consumo impazzito al di là di ogni ragione”.
Si prolunga in una società che ha perso la capacità di piangere e di commuoversi di fronte al dolore. Sì, Padre, Gesù continua a camminare, a farsi carico e a soffrire in tutti questi volti mentre il mondo, indifferente, consuma il dramma della propria frivolezza.
Papa Francesco si domanda quale è la risposta dell’uomo dinanzi “a Gesù che soffre, cammina, emigra nel volto di tanti nostri amici, di tanti sconosciuti che abbiamo imparato a rendere invisibili”. Se ciascuno di noi davvero nel quotidiano è capace di essere operatore di pace, creatore di alleanze, fermento di fraternità.
Contempliamo Maria, donna forte. Da Lei vogliamo imparare a rimanere in piedi accanto alla croce. Con la sua stessa decisione e il suo coraggio, senza evasioni o miraggi. Ella seppe accompagnare il dolore di suo Figlio, tuo Figlio; sostenerlo con lo sguardo e proteggerlo con il cuore. Dolore che soffrì, ma che non la piegò. È stata la donna forte del “sì”, che sostiene e accompagna, protegge e abbraccia. Ella è la grande custode della speranza.
Il Pontefice ribadisce che la Chiesa vuole essere presente “nella vita e nelle croci di tanti cristi che camminano al nostro fianco”; come Maria, vuole imparare “a dire ‘sì’ alla pazienza testarda e alla creatività di quelli che non si perdono d’animo e ricominciano da capo nelle situazioni in cui sembra che tutto sia perduto”.
In Maria impariamo la forza per dire “sì” a quelli che non hanno taciuto e non tacciono di fronte a una cultura del maltrattamento e dell’abuso, del discredito e dell’aggressione, e lavorano per offrire opportunità e condizioni di sicurezza e protezione.
Soprattutto da Maria, continua Papa Francesco, possiamo imparare “ad accogliere e ospitare tutti quelli che hanno sofferto l’abbandono, che hanno dovuto lasciare o perdere la loro terra, le radici, la famiglia e il lavoro”.
Come Maria vogliamo essere Chiesa che favorisce una cultura capace di accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Una cultura che non stigmatizzi e meno ancora generalizzi con la più assurda e irresponsabile condanna di identificare ogni migrante come portatore di male sociale.
Da Lei, conclude il Pontefice, in una distesa di occhi pieni di fiducia e voglia di cambiare il mondo, “vogliamo imparare a stare in piedi accanto alla croce, non con un cuore blindato e chiuso, ma con un cuore che sappia accompagnare, che conosca la tenerezza e la devozione; che sia esperto di pietà trattando con rispetto, delicatezza e comprensione”.
Fonte vaticannews.va/Barbara Castelli – Città del Vaticano
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