La crisi politica è in atto, ma non è una crisi formale
(Fonte avvenire.it) Sono questi i tre pilastri a cui appigliarci per provare a prevedere tempi e modi della crisi:
- La crisi politica è in atto, ma non è ancora una crisi formale perché il premier Giuseppe Conte non si è dimesso e non sono fissate alle Camere mozioni di sfiducia contro il governo, né Matteo Renzi, per ora, ha annunciato questo passo.
- L’esecutivo è nel pieno delle sue funzioni. Il premier nelle prossime ore assumerà l’interim delle due ministre di Italia Viva dimissionarie o le sostituirà, e con la squadra di governo in carica compirà i prossimi atti, a partire dallo scostamento di bilancio.
- Italia Viva ha assicurato il proprio sì in Aula allo scostamento di bilancio e al futuro decreto-ristori, qualsiasi sia il governo che varerà il provvedimento.
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Il perno, in particolare, diventa lo scostamento di bilancio. Il Consiglio dei ministri dovrebbe vararlo domani. Il punto è cosa accadrà dopo il varo dello scostamento di bilancio da parte del Cdm. Probabile che il voto parlamentare di ratifica sia messo subito in calendario, scavalcando tutti gli altri provvedimenti. Ma ciò vuol dire che ci vorrà qualche giorno di tempo. L’esame parlamentare dello scostamento potrebbe avvenire la settimana prossima, e dopo questo passaggio si aprirebbe la crisi formale.
Dopo lo scostamento, Conte avrebbe a disposizione, sostanzialmente, tre strade:
– la prima, approvato il nuovo deficit, è quella di consegnare le proprie dimissioni al Quirinale, constatando la fine dell’attuale maggioranza. Il presidente della Repubblica potrebbe accogliere le dimissioni e quindi aprire le consultuazioni con i partiti oppure congelarle, chiedendo a Conte di andare a verificare i numeri in Aula. Questa seconda opzione dipende dal quadro che dipingerà il premier: se Conte affermerà di avere a proprio sostegno una maggioranza numerica e politica solida, avrà la chance di verificarlo alle Camere.
– la seconda strada – sempre dopo il varo del nuovo deficit – è quello della “conta” in Aula. Il premier, cioè, andrebbe dritto alle Camere a verificare se ha ancora la fiducia, sfidando apertamente Matteo Renzi. Potrebbe uscirne vincitore, grazie a una pattuglia di “responsabili” che avrebbe avuto il modo di compattarsi e darsi un’identità anche politica. O potrebbe uscirne sconfitto. In tal caso il pallino tornerebbe tra le mani del Quirinale.
– la terza strada – una via di mezzo – prevede che dopo lo scostamento di bilancio Conte torni in Aula – in particolare al Senato, dove i numeri sono più fragili – per fare delle comunicazioni sulla situazione politica. Una circostanza che gli consentirebbe di capire come sono posizionate le truppe. A seguire, il premier potrebbe salire al Colle con le proprie dimissioni. (di M. las)