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Grande attesa in Centrafrica per la visita di Papa Francesco

«La visita di Papa Francesco donerà nuova speranza al Centroafrica. Tutti sono a conoscenza dei tanti appelli fatti per il nostro popolo e sono onorati che il Pontefice abbia scelto la Repubblica Centroafricana come meta del suo primo viaggio in Africa».

Così racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) padre Hermann Tanguy Pounekrozou, sacerdote centroafricano che da anni collabora con Acs Italia segnalando la drammatica situazione nel Paese ma anche il clima di speranza che ora si respira tra la gente, nonostante «la tristezza e il dolore siano evidenti nella popolazione costretta a vivere giorno per giorno senza poter pensare al futuro».


In vista elle elezioni presidenziali che si terranno il 18 ottobre prossimo, il Centroafrica è un Paese nel quale, ha spiegato il sacerdote, le autorità hanno estrema difficoltà nel cercare di mantenere l’ordine e assicurare la convivenza pacifica. Le prossime consultazioni non lasciano spazio a molte speranze di cambiamento. Gli elettori si trovano di fronte alla possibilità di scegliere fra ben settanta candidati su appena due milioni di elettori. «Gli aspiranti alla presidenza — ha sottolineato padre Tanguy Pounekrozou cercano di conquistare consensi in cambio di zucchero, olio e biciclette. Alcuni di loro in passato hanno sostenuto direttamente o indirettamente la Seleka, la coalizione ribelle autrice del golpe del 24 marzo 2013».
Nella capitale Bangui omicidi, furti e rapimenti sono all’ordine del giorno. Il quartiere Boy-Rabé, nel nord della città, è occupato dagli anti-balaka — le milizie erroneamente definite cristiane, che si sono opposte alla seleka — mentre a sud, nel quartiere denominato “Kilomètre 5”, vivono i musulmani, sorvegliati dalle loro milizie. In entrambe le zone è impossibile entrare dopo le 7 di sera. L’unica area sicura è la “green zone” nel sud est della città, dove si trovano gli organismi internazionali.

L’avvento della seleka e la successiva formazione degli anti-balaka hanno gravemente intaccato i rapporti interreligiosi, che in Centroafrica sono sempre stati buoni. Padre Tanguy Pounekrozou ritiene che il conflitto in atto non sia di natura religiosa, bensì politica ed economica. I musulmani sono stati in passato sfruttati dal Governo, perché in maggioranza commercianti e dunque più abbienti dei cristiani. La seleka si è servita della loro insoddisfazione, dandole una connotazione religiosa. Al tempo stesso, i cristiani accusano i musulmani di aver sostenuto la coalizione ribelle.
In un quadro tanto drammatico, la Chiesa locale, guidata dall’arcivescovo di Bangui, monsignor Dieudonné Nzapalainga, si sta impegnando alacremente per far ritornare la pace e promuovere il dialogo interreligioso, sostenuta anche da alcuni leader islamici, come l’imam Omar Kobine Layama. «La voce della Chiesa — ha ricordato il religioso — è ascoltata e rispettata. I nostri vescovi stanno lavorando duramente per ripristinare quella convivenza pacifica che in Centroafrica abbiamo sempre avuto. E sicuramente la visita di Papa Francesco, molto apprezzato anche dalla comunità musulmana, darà nuovo impulso al dialogo interreligioso».


Redazione Papaboys (Fonte L’Osservatore Romano, 14 ottobre 2015)

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