L’ inizio della presenza dei francescani in Terra Santa viene fatto risalire all’incontro di san Francesco con il Sultano al-Kamil nel 1219. L’episodio viene infatti interpretato da cronisti e agiografi francescani degli anni 1330-1340, quale atto fondativo dei diritti di custodia dei luoghi santi assegnati ai francescani, e come tale esso viene esibito ideologicamente anche in seguito, allorquando, ad esempio, durante il regime di Mourad IV, il patriarca greco Teofane pretese l’espulsione dei francescani, sulla base di privilegi, che sosteneva fossero stati conferiti alla chiesa greca addirittura dallo stesso Mohamed.
In realtà, le fonti storiche, in contrapposizione alle costruzioni ideologiche, sostengono che i francescani si stabilirono al Santo sepolcro con il supporto politico (1327) di Giacomo d’Aragona, presero alloggio al cenacolo (1336) in virtù del sostegno finanziario di Roberto d’Angiò e la consorte Sancia, costruirono un ospizio per pellegrini (1350 circa), grazie all’interessamento di una benefattrice fiorentina di nome Sofia. Si forma così la custodia di Terra Santa, che si privilegia di uno statuto internazionale, in quanto il suo responsabile, chiamato guardiano del monte Sion, riceve l’incarico dall’Ordine nella sua interezza, prima tramite il capitolo generale (1414) e in seguito mediante il ministro generale. La custodia riceve successivamente nuovi favori, da Giovanna I di Napoli (1363), dal duca di Borgogna Filippo il Buono (1467), da Isabella la cattolica (1479), la quale mette a sua disposizione le finanze del tesoro reale. Con l’insediamento del regime turco di Salim I (1517), entra in scena la Repubblica di Venezia, Carlo V e Filippo II, quindi la Francia, che assume il ruolo di protettrice della custodia francescana. Luigi XV ottiene per i francescani (1740) un rinnovo dei privilegi sui luoghi santi e stabilisce a Gerusalemme una rappresentanza consolare, allo scopo di vigilare sull’applicazione dei protocolli. Dopo la sospensione dovuta al frangente rivoluzionario, il ritorno di una rappresentanza diplomatica francese in Palestina viene accompagnato da quello di altre nazioni europee, che tenteranno di insidiare il monopolio transalpino. Nella seconda metà del XIX secolo, in effetti, la Palestina viene per così dire assediata dall’Inghilterra, dalla Germania, dall’Italia, dalla Spagna, nonché dalla Russia, la quale nel 1889, si impone per eleggere un connazionale alla carica di patriarca ortodosso di Gerusalemme. La custodia, essa pure assediata da istituti religiosi (Fratelli delle scuole cristiane, Padri Bianchi, Agostiniani dell’Assunzione e Domenicani) amministra con discrezione la pressione politica, tanto che viene confermata da Leone XIII (1891) nel ruolo di rappresentante della cattolicità in Palestina, ruolo che lo stesso generale Alleby non ha difficoltà a riconoscerle nel passaggio dal regime francese al mandato britannico. Nel ruolo di custodi dei Luoghi santi, i francescani promuovono soprattutto i pellegrinaggi. La pratica penitenziale, che aveva subito una battuta d’arresto dopo le invasioni “barbariche” e islamiche, estinguendosi completamente dopo il 1291 a causa dell’embargo decretato dalla sede pontificia contro i mamelucchi, riprende quota grazie alla presenza francescana che trova nell’appoggio della Repubblica di Venezia un valido sostegno politico, in rapporto al sostegno diplomatico, e logistico, per quanto riguarda i trasporti. La visita dei luoghi santi si protrae in genere per una decina di giorni ed è condotta più frequentemente da gruppi connotati da omogeneità linguistica (italiani, francesi, tedeschi, pochi anglosassoni e fiamminghi, con qualche iberico appena), quasi mai intrapresa da persone singole. Il viaggio, a bordo di galee in maggioranza veneziane dotate di spazi che non consentono distinzioni sociali, dura dalle quattro alle sei settimane, e prevede scali a Corfù, Modon, Creta, Rodi, Cipro, con approdo finale a Giaffa. In Palestina, i pellegrini vengono alloggiati a Rama o Ramleh, a Lidda e a Gerusalemme, dove gli alloggi per l’ospitalità sono disposti in luoghi differenti a seconda delle epoche: inizialmente, a sud del sepolcro, poi al cenacolo, quindi, per le donne, presso le clarisse e in un “ospizio”, non meglio identificato, costruito con una somma offerta da una nobile fiorentina. Per Gerusalemme i francescani propongono ben undici itinerari, dei quali il più noto nonché il più suggestivo è la Via dolorosa. Un altro percorso prevede invece la visita ai santuari della valle di Giosafat, dal Getzemani alla tomba della Vergine, al giardino degli ulivi, al monte dell’ascensione. Le pratiche devozionali previste sono molteplici, e possono svolgersi in gruppo oppure singolarmente, qualora i luoghi visitati siano controllati da clero non cattolico. La devotio moderna spinge a compiere gesti di pietà tangibile, quali il bacio delle pietre, il calpestare e l’appoggiare le mani sui luoghi già teatro del passaggio di Cristo; molti raccolgono pietre, altri addirittura le collezionano, quasi tutti incidono croci sulle superfici murarie dei santuari e talvolta sugli arredi in legno ivi disposti. I più dotati affidano i propri ricordi a diari e itinerari di viaggio, che presentano veri e propri tratti biografici e più raramente digressioni scientifiche. La raccolta dei testi redatti dai pellegrini, conservata nella biblioteca di San Salvatore, contiene racconti di vario genere: propagandistico, devoto, manualistico, curioso, storico, polemico, che rivelano non poche originalità, come la narrazione di disavventure e pezzi di grande levatura letteraria (Jean Zuallart), nonché descrizioni di interesse etnografico e soprattutto iconografico. Essendo soggetto non musulmano, la custodia è sottoposta allo statuto giuridico dei dihmmi, che comporta sì diritti di culto, ma anche molteplici divieti (portare armi, cavalcare in città, manifestazioni pubbliche, proselitismo) e in particolare il pagamento di imposte, quale simbolo più evidente della sottomissione all’islam. In seguito ai contrasti con le potenze europee, specie con quella degli Asburgo, Solimano cerca di ridurre la presenza cattolica in Oriente, come attestano le espulsioni dei francescani dal santuario della tomba di Davide (1524) e dalla chiesa del Monte Sion o cenacolo (1528). La Francia sostiene l’inserimento di missionari gesuiti e cappuccini e si impegna a difendere lo statu quo dei luoghi santi, ottenendo dalla Porta dei firmani a garanzia dei diritti dei francescani sui santuari (1639.1666.1690). Le iniziative francesi vengono però insidiate dai greci (1637.1757), che ricorrono alla Porta anche tramite l’app oggio della Russia (1774), diventata loro protettrice proprio mentre la stagione dei Lumi raffredda lo zelo missionario della diplomazia francese. L’aura di romanticismo, di cui viene mistificata la rappresentazione della Terra Santa diffusa in Occidente durante il XIX secolo, attira su di essa l’attenzione delle politiche nazionali in contesa per la spartizione del “grande malato”, come dimostra la controversia intorno al Santuario della Natività a Betlemme, preambolo alla guerra di Crimea (1854). Con la riscoperta di Francesco, nel corso del XIX secolo viene data rilevanza alla reciprocità caratterizzante i rapporti intessuti tra i frati e i musulmani lungo i secoli, e all’apostolato in favore dell’unione con le chiese orientali, culminante nel concilio di Firenze (1439), di cui è testimone il grande affresco della storia del ritrovamento della Santa Croce, dipinto da Piero della Francesca per la chiesa di San Francesco ad Arezzo. La presenza francescana in Terra Santa offre margini anche per una storia sociale: la farmacologia e la medicina, regolamentate già dal capitolo generale del 1292, poi dalla bolla Pii fidelium studiis di Innocenzo VI (1355), quindi incentivate da Pio II con l’invio del primo medico (1460), fra Battista di Lü- beck; l’ospitalità offerta ai pellegrini inizialmente nell’edificio annesso al Monte Sion (1362), quindi nei pressi di San Salvatore (1551); la fornitura di alloggi, ancora oggi curata dal Franciscan Social Service Office; l’attività educativa con l’istituzione di scuole a Gerusalemme, Betlemme, Gerico, Acri, Jaffa, Nazareth e Ramleh, corredate da attività extracurriculari, quali, ad esempio, il conservatorio musicale Magnificat, che avvalendosi di personale insegnante tanto palestinese quanto israeliano, si propone come laboratorio di pace tra differenti popoli e religioni. L’attività ancora poco nota del servizio medico infermieristico e farmacologico dei francescani di Terra Santa trova eloquente testimonianza nell’inventario manoscritto della farmacia di Terra Santa, interessante per la descrizione di innumerevoli essenze vegetali, alcune di provenienza addirittura latinoamericana (China, Ipecuacana, Balsamo liquido del Perù, Tacca Maccha, Contraiverva), e di minerali, tra i quali colpisce la grande quantità di carbonato di piombo. Dei medicinali composti elenca conserve, oli, unguenti, polveri, sciroppi e così via.
Attira infine l’attenzione sul balsamo di Gerusalemme, prodotto usato per le ferite, le malattie della pelle, compresa la peste, essenza messa a punto da frate Antonio Menzani di Cuna (1650-1729). Il medesimo manoscritto elenca inoltre ottanta opere di farmacologia, alcune delle quali in più volumi. Le tre pagine finali sono consacrate invece agli utensili della farmacia. Le prime notizie di scuole, aperte dalla Custodia, risalgono agli ultimi decenni del XVI secolo. Vennero istituite con la finalità di sovvenire alle esigenze del “popolo dei pellegrini”, formato nella maggioranza da europei, ed erano essenzialmente scuole di lingua italiana (la lingua della Terrasanta, secondo le testimonianze dei primi viaggiatori, era infatti l’italiano) e di latino col canto liturgico. Un gesuita, Michel Nau, autore del Vo y a g e nouveau de Terre Sainte, nel 1674, descriveva così le attività praticate dai francescani nel santuario di Betlemme: «Essi istruiscono per l’amor di Dio trenta o quaranta bambini dei cattolici di Betlemme, ai quali insegnano a parlare l’italiano e a leggere. Questi bambini assistono a tutto l’Ufficio Divino, che si dice durante il giorno, con una modestia ammirevole. La sera, quando i Greci aprono la grotta della Natività del Salvatore, essi vanno due a due con i religiosi; e dopo aver fatte le loro piccole devozioni, vanno sempre due a due a baciare umilmente questa terra santa e ritornano al convento nel medesimo ordine. Lo osservano ancora alla sera quando ritornano alle loro case». Essenzialmente, le ragioni che avevano indotto ad avviare l’educazione scolastica erano varie: l’esigenza di una lingua comune, che in genere era l’italiano; il servizio di accoglienza ai pellegrini, offrendo loro in particolare la possibilità di partecipare ai riti e alle liturgie tipiche della Terra Santa; la gestione della vita pubblica, a contatto con le istituzioni islamiche. La normativa statutaria prevedeva che in tutte le residenze francescane, ad eccezione del convento del Santo Sepolcro e di quello di Tripoli di Siria, fossero istituite delle scuole, anche se, di fatto, non tutte potevano contare su una popolazione scolastica numericamente sufficiente a garantirne la regolare attività. L’istituzione scolastica poteva tuttavia considerarsi ormai, a pieno titolo, parte costitutiva della “morfologia conventuale”. Durante il corso del XVIII secolo, nonostante le pestilenze, le guerre e le frequenti rivoluzioni (si ricordino, ad esempio, quelle di Osman Pascià, governatore di Damasco, la rivolta di Ali Bei e la sua spedizione in Siria e, alla fine, le campagne napoleoniche, in conseguenza delle quali i religiosi, soprattutto francescani, furono non di rado sottoposti a ritorsioni da parte delle cittadinanze, vessate dall’invasore), si registrano degli interessanti sviluppi a proposito dell’offerta didattica. Nel 1730, ad esempio, il custode di Terrasanta così scriveva a Propaganda: «Nell’Egitto si può fare gran bene, poiché li Greci, Copti ed Armeni hanno tutta la libertà d’abbracciare qual rito che vogliono e di portarsi a quelle Chiese che li piace, senza minimo timore di persecuzione.. non così nella Siria e Palestina in cui se fosse la nominata libertà d’abbracciare qual rito voglino, a riserva de Turchi, tutti sarebbero nostri cattolici… e perciò mi è parso espediente aprire scuole pubbliche per tutti i conventi ed ospizi di questa santa Custodia, affinché con l’insegnamento delle sante dottrine guadagni col tempo la nostra Sta madre Chiesa i figlioli, giacché al presente non può assicurarsi i genitori». I maggiori successi in campo scolastico furono ottenuti dalla Custodia negli ultimi decenni del XIX secolo, secondo quanto è dato dedurre dai seguenti resoconti: verso la metà dell’Ottocento (1856), ad esempio, il sistema scolastico, appannaggio della Custodia di Terrasanta, era costituito da 16 religiosi, 19 maestri, 18 maestre secolari; dopo circa quarant’anni (1889), i numeri si erano notevolmente elevati: 32 scuole maschili, con 3258 alunni, che venivano istruiti da 30 maestri religiosi e da 47 secolari; 12 scuole femminili, con 1259 alunne, istruite da 28 maestre religiose e 9 secolari.
Fonte L’Osservatore Romano