«E vissero felici e contenti»: quante volte, nella nostra infanzia, dopo aver letto una storia siamo stati cullati da questo finale rassicurante e carico di speranza! Quanto è invece diverso leggere questa frase con occhi adulti e (forse) disillusi, ma soprattutto quanto è strano vederla quale titolo di un libro che parla di… matrimonio! Eppure l’ultima fatica dello psicologo e psicoterapeuta Roberto Marchesini s’intitola proprio “E vissero felici e contenti –Manuale di sopravvivenza per fidanzati e giovani sposi” (SugarCo Edizioni, 2015).
È una provocazione? Tutt’altro! Questo libro, che ricomprende anche un saggio di suor Roberta Vinerba sui diversi livelli della dinamica affettiva, è la dimostrazione che costruire un matrimonio felice e duraturo è possibile, a patto che marito e moglie siano disposti a donare la propria felicità al coniuge, ossia ad amarlo in pienezza. La prospettiva suggerita da Marchesini è densa e decisamente controcorrente, pertanto non è di immediata comprensione. Il nostro autore afferma infatti: «[…] non ci si sposa per essere felici (questa semmai è la conseguenza del matrimonio), bensì per rendere felice un altro. Cioè per amore. Per vero amore, non per innamoramento, o per la ricerca di una soddisfazione dei propri bisogni emotivi. Ci si sposa per amare, non per essere amati»(p. 39).
Amare è un mix di sentimento, ragione e volontà che si concretizza nel «volere più il bene dell’altro che il proprio» (p. 35). Naturalmente questo dono di sé disinteressato e gratuito è impegnativo, tuttavia è una predisposizione naturale. Infatti, è solo nell’amore che l’uomo può trovare veramente se stesso e conseguire la felicità, secondo quanto insegna la Scrittura: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!» (At 20,35). L’amore per l’altro dovrebbe quindi essere la solida base su cui poggia ogni matrimonio. Invece, al giorno d’oggi, troppe unioni coniugali sono basate sull’innamoramento – ossia su una fase prettamente emotiva, che non coinvolge la ragione e la volontà – e hanno come fine ultimo un’egoistica felicità individuale. «Da tutto ciò emerge in modo lampante», spiega Marchesini, «il motivo per cui il matrimonio è diventato un legame così fragile. Esso è minato in partenza da presupposti intrinsecamente sbagliati e da pretese poco realistiche. […] Il sentimento, da solo, non basta. Ci si sposa per dare, per darsi. Se ci si sposa per ricevere, inevitabilmente il matrimonio diventerà una “partita doppia”: dare-avere. Altrettanto inevitabilmente verrà il giorno in cui ci si accorgerà di non ricevere quanto si dà, o di non ricevere quanto ci saremmo aspettati nel giorno del nostro matrimonio» (p. 32).
Ecco quindi che, sulla base della sua esperienza clinica con le coppie in crisi, Marchesini dettaglia alcuni suggerimenti per rifondare il rapporto coniugale. E lo fa in primo luogo evidenziando la straordinaria ricchezza insita nella differenza tra uomo e donna, vera e propria conditio sine qua non dell’istituto matrimoniale. Lo psicologo pone inoltre l’accento sul fatto che marito e moglie devono in primo luogo lavorare su se stessi. Anziché lamentarsi dei difetti del coniuge è importante coltivare la disposizione a camminare verso la perfezione che, benché debba necessariamente scaturire dal singolo, può certamente essere favorita e supportata da colui/colei che si è scelto come compagno/a di vita, che in questa prospettiva diventa un vero alleato.
A quanto fin qui detto, Marchesini aggiunge altri piccoli ingredienti cui prestare attenzione nella quotidianità della relazione di coppia, quali l’apertura al dialogo (l’amore umano si nutre di parole, solo Dio è capace di un amore così totale da bastare a se stesso), la disponibilità a donare all’altro i propri sentimenti più intimi, il rispetto reciproco, la capacità di prendersi cura di se stessi e il non intromettersi nei legami con la famiglia d’origine del coniuge… cose all’apparenza banali, ma che costituiscono il vero segreto per un matrimonio felice.
di Giulia Tanel http://www.lanuovabq.it
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