Ha appena sedici anni il giovane cristiano condannato a morte per blasfemia in Pakistan. E, come avvenuto in molti altri casi, è detenuto in carcere nonostante i dettagli sulla vicenda e le prove dell’accusa siano fumose. Nabell Masih, residente a Kasur nella provincia le Punjab (dove gli episodi di blasfemia contro i cristiani sono continui), è stato accusato da un vicino musulmano di aver postato l’immagine di un maiale in cima alla Kaaba della Mecca.
Shahbaz Ahmed, ufficiale di polizia, ha dichiarato all’agenzia di notizie Afp che il post urtava «i sentimenti religiosi dei musulmani e dissacrava il sito religioso», ma Mashi si è difeso spiegando che la foto era stata messa sulla sua bacheca Facebook da qualcun altro. Nonostante ciò e nonostante l’immagine sia stata rimossa senza possibilità di verificare le imputazioni, il ragazzo è stato subito arrestato. Naveed Aziz, un altro ufficiale di polizia, ha confermato che il post è stato rimosso e che non è più visibile.
SENZA INDAGINI. Wilson Chowdhry, presidente della British Pakistani Christian Association, ha dichiarato che «questo incidente ha fatto emergere ancora una volta la mancanza di valore attribuita ai cristiani pachistani. Un sedicenne accusato di blasfemia è stato incarcerato senza indagini appropriate», inoltre «pochi capiscono quale trappola sia la blasfemia per i cristiani in Pakistan e quanto inconsistenti siano spesso le prove». Perciò sarebbe opportuno vietare loro l’accesso ai propri media, visto che «anche amici di lunga data potrebbero chiedere la tua testa se sentono che hai offeso la loro fede».
IL PROFESSORE MALMENATO. Un altro episodio che testimonia la difficile vita dei cristiani in Pakistan è quello capitato a Musa Atique, 43 anni, insegnante. Il caso è capitato nella scuola elementare statale di Kot Radaha Kishan (Punjab), dove due maestri, Sheikh Ullah e Malik Azeem, hanno incitato i bambini contro i cristiani “infedeli” e traditori asserviti a ebrei e americani. Atique ha denunciato il fatto al capo degli insegnanti senza ottenere nulla se non minacce di morte e maltrattamenti da parte di docenti e studenti musulmani. Kishan e Ullah sono persino entrati nell’aula in cui Atique teneva lezione picchiandolo di fronte agli studenti e chiamandolo cristiano “choora”, che significa spazzatura. Dopodiché lo hanno minacciato di morte se avesse continuato a battersi contro il loro «atto sacro di predicare la verità sui malvagi cristiani».
Solo dopo la richiesta del preside, la polizia è intervenuta, ma senza prendere alcun provvedimento nonostante l’ammissione da parte dei due colpevoli a cui è stato chiesto soltanto di cessare ogni violenza contro il professore cristiano. Atique ha scritto una lettera al governatore e al ministro dell’Educazione del Punjab per poi dichiarare che «se non fosse per la British Pakistani Christian Association probabilmente a quest’ora sarei morto o in una cella in prigione attendendo di essere impiccato e ucciso per un atto di blasfemia mai commesso».
Foto Ansa
Redazione Papaboys (Fonte Pakistan. Storie di persecuzione anti-cristiana | Tempi.it)
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