Archie Battersbee, il bambino di 12 anni, in coma dal 7 aprile, quando la mamma Hollie Dance l’ha trovato con una corda attorno al collo, forse dopo una tragica sfida online con gli amici, non può più contare sui supporti vitali che gli sono stati garantiti, fino ad oggi, dall’ospedale londinese Royal London Hospital.
La vicenda che vi riportiamo, è stata ripresa e rilanciata dal quotidiano del Vescovi italiani Avvenire, edizione on line.
A decidere che morirà, come Charlie Gard e Alfie Evans prima di lui, è stato il giudice dell’Alta Corte, tribunale di massima istanza britannico, Anthony Hayden anche se non è detta l’ultima parola perché la famiglia ricorrerà, lunedì prossimo, in Corte di appello.
“Non c’è nessuna speranza che Archie possa migliorare”, ha detto il giudice nel pronunciare la sua sentenza, “E non è nel suo interesse continuare a vivere in queste condizioni perché non prova nessun piacere ed è privato di qualsiasi autonomia.
Le cure alle quali è sottoposto sono inutili e danneggiano la sua dignità. Prolungano la sua morte anzichè la sua vita. Sono convinto che, se potesse decidere, Archie sceglierebbe di morire”.
Si tratta di un punto di vista diverso da quello dei genitori del bambino, Hollie Dance e Paul Battersbee che, durante le loro testimonianze davanti al giudice, hanno spiegato di aver parlato, con Archie, di persone in stato di coma e che il bambino ha sempre detto che, se si fosse trovato in quelle condizioni, avrebbe voluto continuare a vivere fino a che Dio avesse deciso che era arrivato per lui l’ora di morire. Papà e mamma dicono anche che Archie apre gli occhi, stringe con forza le loro mani e piange.
“Questa sentenza è un duro colpo per Archie e per la sua famiglia”, ha dichiarato la mamma del bambino, Hollie Dance, dopo aver ascoltato il giudice, “Con tutto il rispetto per il tribunale, non è nel migliore interesse di Archie morire.
“Una morte pianificata” è un altro termine per l’eutanasia che è illegale in questo Paese. Dal mio punto di vista la sospensione del respiratore è la cosa peggiore che possa capitare e non posso capire come si possa definire una morte dignitosa. E’ profondamente crudele infliggerci questo e accelerare la morte di Archie”.
La sentenza di oggi conferma quella già emessa, a metà giugno, da un’altra giudice dell’Alta Corte, Emma Arbuthnot, che aveva confermato la diagnosi dei medici curanti secondo i quali le cellule cerebrali del bambino erano morte e li aveva autorizzati a sospendere la ventilazione assistita che lo manteneva in vita.
La famiglia, però, era ricorsa in appello e i tre giudici della “Court of appeal” avevano deciso che non era stato preso in considerazione il migliore interesse di Archie e che il caso andava riaperto.
Il caso di Archie Battersbee ricorda quelli di Charlie Gard, Alfie Evans, Tafida Raqeed, Isaiah Haastrup e di altri bambini con gravi danni cerebrali ai quali i medici vogliono staccare i supporti vitali mentre la famiglia vuole fare altri tentativi per curarli e mantenerli in vita
L’articolo completo sull’edizione di oggi di Avvenire qui
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