Ho deciso che d’ora in poi porterò al collo un crocifisso ben visibile. Cinque le ragioni di questa scelta. 1) Porterò il crocifisso per ricordare a tutti, e in primis a me stesso, il vergognoso silenzio sui più di cento milioni di cristiani perseguitati nel mondo. Sono cifre da genocidio. Uso non a caso il termine vergogna.
Lo scorso 26 dicembre 2015, infatti, nella solennità di Santo Stefano, primo martire della Chiesa, Papa Francesco ha invitato a pregare «per i cristiani che sono perseguitati, spesso con il silenzio vergognoso di tanti». Non è la prima volta che il Santo Padre interviene sul tema. Durante una sua omelia tenuta a Santa Marta il 7 settembre 2015, ad esempio, è tornato ha parlare delle persecuzioni che subiscono i cristiani, ancora oggi «forse più che nei primi tempi», ricordando che sono «perseguitati, uccisi, cacciati via, spogliati solo per essere cristiani». Queste le sue parole: «Cari fratelli e sorelle, non c’è cristianesimo senza persecuzione! Ricordatevi l’ultima delle Beatitudini: quando vi porteranno nelle sinagoghe, vi perseguiteranno, vi insulteranno, questo è il destino del cristiano. E oggi, davanti a questo fatto che accade nel mondo, col silenzio complice di tante potenze che potevano fermarlo, siamo davanti a questo destino cristiano. Andare sulla stessa strada di Gesù». Il primato tra i Paesi dove la croce è meno tollerata spetta Corea del nord, mentre si aggrava la situazione in Africa, in Indonesia, nel Medio Oriente e persino nella fascia del Maghreb, dopo il gelo portato dalle “primavere arabe”. Neppure nella civilissima Europa la situazione appare idilliaca. Tra l’altro, lo scorso 16 novembre 2015, L’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ha pubblicato il nuovo Rapporto annuale sui crimini d’odio, ossia reati fondati su pregiudizio nei confronti di categorie o gruppi di persone. I dati ufficiali relativi al nostro Paese, con riferimento al 2014, certificano l’esistenza di ben 596 crimini d’odio: 413 casi di razzismo e xenofobia, 153 casi di pregiudizi contro cristiani e appartenenti ad altre confessioni religiose, 27 casi di pregiudizi contro persone LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), 3 casi di pregiudizi contro persone con disabilità e altri gruppi. La religione è la seconda causa, dopo razzismo e xenofobia, di reati basati su pregiudizio in Italia.
2) Porterò il crocifisso, perché così voglio anche esprimere la mia vicinanza e solidarietà a tutti quei cristiani cui è impedita una simile possibilità, come accade, ad esempio, nell’Arabia Saudita dell’integralismo islamico o nella Francia dell’intolleranza laicista. Sì, perché il crocifisso che ho deciso di portare, a causa delle sue dimensioni, in Francia, ai sensi dell’at.1 della Legge 228 del 15 marzo 2004, sarebbe considerata una «croix de dimension manifestement excessive», e quindi «interdit», vietata. Sì, porterò al collo un crocifisso che Oltralpe sarebbe vietato esibire pubblicamente nell’ambito della citata Legge 228/2004. Sia detto per inciso, la Francia è quella nazione che si vanta di rappresentare la punta più avanzata di laicità sbandierando come faro di civiltà la nota legge massonica del 9 dicembre 1905, concernant la séparation des Eglises et de l’Etat, che, tra le tante amenità, contempla, ad esempio, anche l’art.35, quello secondo cui «se un discorso pronunciato o uno scritto affisso o diffuso pubblicamente nei luoghi di culto, contengono un’istigazione diretta ad opporsi all’esecuzione di leggi o di provvedimenti dell’autorità pubblica (…), il ministro di culto colpevole di tale azione sarà punito con la pena detentiva da tre mesi a due anni (…)». Bocche dei preti rigorosamente cucite, quindi, su provvedimenti amministrativi e leggi riguardanti aborto, matrimoni e adozioni gay, utero in affitto e compravendita di ovociti umani, eutanasia, depenalizzazione dell’incesto, suicidio assistito, e via degenerando. Un’attenta lettura di tutte le disposizioni francesi emanate en application du principe de laïcité, sarebbe, peraltro, davvero utile a tutti quei cattolici – e purtroppo non sono pochi – che sono corsi per primi ad identificarsi come «Charlie» e «Bataclan», e che guardano proprio a quel Paese come un modello virtuoso e da imitare in tema di laicità e separazione tra Stato e Chiesa.
3) Porterò il crocifisso perché intendo anche denunciare la pericolosa deriva del laicismo totalitario che imperversa nel nostro Paese e che pretende di escludere la religione e i suoi simboli dalla vita pubblica, relegandoli nell’ambito del privato e della coscienza individuale, quando non, addirittura, nell’ambito della sottocultura.
Occorre avere il coraggio di opporsi a questa intollerante pretesa laicista di negare qualunque forma di rilevanza politica e culturale alla religione cristiana e ai suoi simboli. Aveva ragione l’indimenticabile Benedetto XVI, quando nel suo discorso ai vescovi americani tenuto il 19 gennaio 2012 affermò che «la testimonianza della Chiesa è per sua natura pubblica».
Questo oggi il Potere pretende di negarlo. Non per nulla Papa Francesco continua a denunciare pubblicamente il clima pericolosamente totalitario che sta vivendo la nostra società, parlando espressamente di «dittatura del pensiero unico». Ebbene, quando anche noi saremo chiamati davanti al nuovo Sinedrio, quando anche a noi intimeranno di non parlare pubblicamente di Gesù Cristo, noi risponderemo come risposero Pietro e Giovanni: «Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi piuttosto che a Lui, giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4, 19-20).
Quando pretenderanno di relegare la nostra fede nella cantacomba della coscienza privata, quando ci vieteranno di usare i nostri simboli religiosi, quando ci negheranno di proclamare pubblicamente che Gesù Cristo è l’unica Verità, allora noi faremo sentire forte e vibrante il nostro «Non possumus!». Costi quel che costi.
4) Porterò il crocifisso, inoltre, per ricordare l’invito di Sant’Antonio da Padova a guardarlo come fosse uno specchio. In questo modo, infatti, uno può vedere quanto mortali sono state le sue ferite, che nessuna medicina avrebbe potuto sanare, se non quella del sangue del Figlio di Dio, e può rendersi conto di quanto grandi siano la propria dignità umana e il proprio valore. Diceva il Santo che «in nessun altro luogo l’uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce» (Sermones Dominicales et Festivi III, pp. 213-214).
Meditando queste parole, ci ricordava Benedetto XVI, possiamo capire meglio l’importanza dell’immagine del Crocifisso per la nostra cultura, per il nostro umanesimo nato dalla fede cristiana, perché proprio guardando il Crocifisso si rende evidente, quanto grande è la dignità umana e il valore dell’uomo. Così si esprimeva testualmente Papa Ratzinger: «In nessun altro punto si può capire quanto valga l’uomo, proprio perché Dio ci rende così importanti, ci vede così importanti, da essere, per Lui, degni della sua sofferenza; così tutta la dignità umana appare nello specchio del Crocifisso e lo sguardo verso di Lui è sempre fonte del riconoscimento della dignità umana».
5) Porterò il crocifisso, infine, per vincere il sentimento di vergogna per la propria fede che a volte sembra prevalere in noi cristiani. Quante volte abbiamo remore nel dire ad estranei che, per esempio, frequentiamo la Messa, recitiamo il rosario, o quante volte evitiamo di fare il segno della croce prima di mangiare quando siamo in un ristorante? La scusa è sempre quella di non mettere a disagio gli sconosciuti. Ma, forse, verrebbe da rispondere che Gesù Cristo è venuto sulla terra proprio per mettere a disagio i benpensanti. Comunque, dappertutto, sul lavoro, a scuola, in tram, in tv, alla radio, ascoltiamo persone che tranquillamente dichiarano di essere atee, agnostiche, buddiste, musulmane, senza nessuna remora e come se questa per loro fosse la cosa più normale e più giusta da fare. Solo i cristiani sembrano essere più “pudichi”. Forse dovrebbero rileggere le parole del Maestro: «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc 8,38).
Mi hanno fatto molto pensare le parole di monsignor Antoine Audo, Eparca di Aleppo dei Caldei:
«Voi cristiani d’Europa a volte vi vergognate perfino della vostra fede e questo, credetemi, ci fa soffrire molto. Per noi essere cristiani, difendere la nostra fede – anche davanti a chi ci perseguita – è un motivo d’onore e d’orgoglio. Il vostro comportamento a volte ci sorprende e rattrista».
Eppure, dovremmo davvero portare con orgoglio questo simbolo della redenzione umana che è il crocifisso, per amore verso i nostri fratelli, perché quel simbolo aiuta tutti a rivolgere lo sguardo verso l’unico Dio assoluto e l’unico mediatore tra Dio e l’uomo: Gesù Cristo!
Redazione Papaboys (Fonte www.donboscoland.it/gianfrancoamato.it)