Ci sono immagini che parlano da sole. A guardarle lasciano il segno. Stato di Akwa Ibom, cittadina di Uyo, sud della Nigeria. Un bambino di due anni, nudo, pelle e ossa, sporco e con la pancia gonfia perché piena di vermi reclina con le ultime forze la sua testa nel tentativo di bere un sorso d’acqua offertogli dal braccio tatuato della cooperante danese Anja Ringgren Loven.
Non è la prima volta che l’Africa offre queste istantanee. Era successo in Biafra (Nigeria), in Somalia, in Darfur (Sudan). Ma nel giro di poche ore ha fatto il giro del web e ha raccolto un milione di dollari in donazioni recapitate presso l’African Children’s Aid Education and Development Foundation, una Ong danese a difesa dei bambini maltrattati e cacciati di casa perché accusati di stregoneria.
Hope (speranza in inglese), così è stato chiamato il bambino al momento del ritrovamento, è stato abbandonato ad un anno di vita per le strade nigeriane perché accusato dalla sua famiglia di essere uno stregone. Non un caso isolato nel Continente, soprattutto in Africa occidentale dove la magia nera si mischia con pseudo-religioni carismatico-pentecostali. In Nigeria si stima che ogni anno siano circa 15mila i bambini abbandonati per questa ragione. In Congo si arriva a 25mila.
«Hope rappresenta un miracolo della vita, è molto forte» – ha commentato Anja Ringgren Loven, la cooperante che l’ha soccorso e fondatrice della Ong. Il bambino ha vissuto otto mesi vagabondando e nutrendosi degli scarti che gli venivano lasciati per strada. Poi la corsa in ospedale e le cure per eliminare i vermi che gli stavano mangiando lo stomaco e un ciclo di trasfusioni per riportare nella norma i parametri vitali.
Dopo due settimane di cura Hope è tornato a sorridere e presto raggiungerà gli altri bambini della Ong anche loro recuperati dopo esser stati vittime di abbandono e maltrattamenti. Esorcismi, prigionia, fame forzata, pozioni “magiche” sono alcune delle costrizioni a cui vanno incontro i bambini accusati di stregoneria.
Redazione Papaboys (Fonte Lorenzo Simoncelli – La Stampa)