E dove lo raggiungiamo mentre sta salendo tra le Dolomiti accompagnato dagli uomini del Corpo forestale dello Stato, unico momento di relax nelle sue intense giornate in giro per l’Italia, sempre sotto l’attenta e discreta protezione della scorta, rafforzata lo scorso anno dopo le minacce di Totò Riina. Ma di questo non si parla. «Io sono solo un piccolo uomo che ce la mette tutta, innamorato di Dio e come cittadino italiano della Costituzione. Ho sempre avuto come riferimento il Vangelo e questo riferimento nella mia vita non è mai venuto meno. E anche nei momenti difficili di giudizi, di attacchi, di strumentalizzazioni mi sono sempre tenuto saldo al Vangelo, alla parola di Dio, scomoda, difficile, provocante».
Parla di bilanci, di futuro, di giovani, di perdono, di Chiesa e di politica, di dolore, di Dio e molto di Papa Francesco. «In questi anni ho incontrato nella Chiesa delle belle testimonianze che per me sono state importanti nei momenti difficili. Figure che mi hanno aiutato, capito, ma anche molto fango che mi ha raggiunto. Quella di oggi è una Chiesa in cui mi ritrovo che dice cose chiare, che non fa giri di parole, che ha dei segni che riescono a parlare e sono comprensibili a tutti. Un Papa che parla del disastro ambientale e del disastro sociale, che si rivolge alla politica per chiedere conto di quello che deve fare ma che si rivolge anche a noi per chiedere conto di cosa noi dobbiamo fare. Questa è una Chiesa che sento dentro di me. Anche se c’è ancora chi dice “che bravo il Papa” e poi continua a fare come prima. Però sono convinto che il Padreterno darà una bella pedata anche a questi per rimettersi in gioco».
Don Luigi, 70 anni: punto d’arrivo o di ripartenza?
Di continuità. Il percorso della vita non è un fatto anagrafico. La vita ci chiede di vivere ogni giorno come se fosse il primo – aprendoci allo stupore del nuovo – e come se fosse l’ultimo, facendo di ogni istante una ricerca d’infinito. Con tutti i miei limiti ho sempre cercato di vivere così e, se il Padreterno vorrà, continuerò a farlo.
Quale il bilancio come uomo e come prete?
Faccio fatica a distinguere le due dimensioni. Ho sempre cercato di saldare Cielo e Terra e i miei riferimenti sono innanzitutto il Vangelo e poi la Costituzione. Nel Vangelo c’è molta “politica”, laddove si denunciano i soprusi, le ingiustizie, le ipocrisie. E la Costituzione ha uno spirito evangelico quando afferma la dignità e l’uguaglianza di tutte le persone. I bilanci servono se sono onesti, se non sono “falsi in bilancio” morali, se sono occasioni di crescita, stimoli a fare di meglio e di più. Se a motivarli è la consapevolezza che a parlare, alla fine, saranno i fatti, i segni che hai lasciato nelle vite degli altri, il modo in cui hai sostenuto le loro speranze e difeso i loro diritti.
Tanta strada fatta, quale il momento più faticoso?
Ce ne sono stati tanti. Faticosi sono stati quei momenti in cui, confrontandomi con i miei limiti, ho dovuto dire “no” a una richiesta d’aiuto. Decisioni che mi hanno sempre lasciato uno strascico di dubbi, di amarezza, d’impotenza.
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