Categorie: Ethica et Oeconomia

I bambini di nessuno: Mercato degli organi e sfruttamento dei poveri

È una situazione grave, sulla quale dovremmo riflettere, perché nessuno vuole rinunciare a una possibilità di sopravvivenza, anche se può istigare a uno sfruttamento senza precedenti di altri esseri umani…

Allarmi molto gravi si stanno susseguendo sul fronte dell’emigrazione: ovunque, sia lungo la frontiera “calda” fra Messico e Stati Uniti sia sulle coste del Mediterraneo, i delinquenti che sfruttano questi poveretti stanno trasportando un numero crescente di bambini soli, spesso addirittura di tre o quattro anni, bimbi che non sanno ancora parlare. Alcune volte sono le famiglie che li spediscono, nel tentativo di sottrarli alle guerre o ai narcotrafficanti, in altri casi sono soli perché hanno perduto i genitori durante il viaggio o sono orfani.

In tutti i casi, si tratta di bambini “di nessuno” che solo in parte riescono a essere controllati delle polizie di frontiera. Cosa avviene degli altri? Non osiamo dirlo, non osiamo neppure pensarlo. Ma lo sappiamo. Un po’ per l’invecchiamento della popolazione, un po’ perché alla soluzione del trapianto si ricorre sempre più nella pratica medica dei Paesi occidentali — o, per meglio dire, dei Paesi ricchi — la richiesta di organi è in costante aumento, mentre il numero dei donatori, anche per motivi di età, diminuisce.

Questa situazione — ormai endemica da un certo numero di anni — induce ad azioni dolose che sempre implicano lo sfruttamento di persone povere, e possono anche diventare veri e propri crimini. Crimini terribili, che hanno origine da un tipo di sfruttamento mai visto finora, dovuto appunto da questa possibilità di terapia.

Nei casi meno gravi — come in quelli del trapianto di rene, che avvengono da vivente — le persone vanno a farsi sostituire un organo malato in Paesi dove le leggi possono venire facilmente eluse, o non ci sono proprio, per esempio là dove è permessa la vendita degli organi. Sono sempre più numerose le persone che, dopo operazioni di trapianto spesso realizzate in condizioni di tecnica e di igiene precarie, chiedono all’assistenza pubblica dei Paesi di origine interventi per consentire loro la sopravvivenza. Un problema ulteriore, e non soltanto di carattere economico, per i sistemi sanitari.

In sostanza, un numero non indifferente di anziani ricchi si salva la vita, o la prolunga molto, attraverso lo sfruttamento dei poveri di altri Paesi. Un tipo di sfruttamento davanti al quale impallidiscono perfino la schiavitù o la tratta a fini di prostituzione. Uno sfruttamento generato dalla modernità e dal progresso scientifico, e non residuo di antiche abitudini che si spera di sconfiggere.

A questa compravendita di organi, e di corpi, si aggiunge, anche se certo è meno grave, la pratica che si va diffondendo di “affittare” l’utero da parte di donne dei Paesi poveri a coppie sterili o, anche, omosessuali. Anche questo uno sfruttamento, ma che si vuole far passare per atto caritatevole.

Non si deve distogliere lo sguardo per non vedere queste nuove forme di oppressione degli esseri umani, terribili pur se indotte dal progresso. La stessa ricerca tecno-scientifica, che potrebbe forse porre fine a queste tragedie moderne, sembra indirizzata su strade diverse. Non si vedono infatti investimenti e ricerche per mettere a punto terapie che sostituiscano i trapianti, ma la tendenza sembra piuttosto rivolta a costruire mostruosi esseri umanoidi. Veri e propri depositi di organi, che ognuno potrebbe clonare da se stesso, senza quindi inconvenienti di rigetto.

È una situazione grave, sulla quale dovremmo riflettere, invece di nasconderla sotto il tappeto, perché nessuno vuole rinunciare a una possibilità di sopravvivenza anche se può istigare a uno sfruttamento senza precedenti di altri esseri umani, o a sviluppi scientifici altrettanto orribili. Nell’analisi dei costi e dei benefici di queste pratiche bisognerebbe tenere conto, e non è certo una questione secondaria, dei loro danni etici che è illusorio sperare di contenere o di eliminare, e che sembrano purtroppo in ascesa.

di Lucetta Scaraffia per l’Osservatore Romano – www.osservatoreromano.va

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