Dal 1975, il popolo Sahrawi è diviso tra i territori del Sahara occidentale occupati dal Marocco e quelli liberati della Repubblica Araba Democratica del Sahrawi; altri vivono nei campi profughi in Algeria, da dove centinaia di bambini vengono ospiti in Italia ogni estate. Al microfono di Elisa Sartarelli della Radio Vaticana, la responsabile dell’accoglienza dell’Associazione Nazionale di Solidarietà con il Popolo Sahrawi, Grazia Valenzano:
R. – Il programma “Bambini Sahrawi, ambasciatori di pace” prevede l’accoglienza in diverse località italiane di bambini che provengono da campi profughi algerini. In particolare quest’anno sono state coinvolte circa 12 regioni oltre ad una settantina di amministrazioni locali: dai piccoli comuni ai grandi comuni, come per esempio quello di Milano, che ha partecipato quest’anno per la prima volta.
R. – I bambini restano in Italia per un periodo di due mesi, più o meno, tranne un gruppo di diversamente abili, che si ferma per circa tre mesi, perché necessita ovviamente di trattamenti per un periodo più lungo. Sono ospitati per la maggior parte in strutture messe a disposizione dai comuni delle varie località dove vengono accolti ma in alcuni casi anche presso famiglie. Si cerca di garantire a tutti loro, a rotazione, la possibilità di sperimentare questa esperienza in Italia o in Europa. Provengono dai campi di Tindouf e quindi devono fare sostanzialmente un lungo viaggio per arrivare qui da noi.
R. – Sono arrivati 253 bambini, con 36 accompagnatori sahrawi che ovviamente svolgono un ruolo di facilitazione dell’accoglienza. Di questi, 69 sono diversamente abili, 24 sono celiaci e 11 partecipano ad un progetto sportivo.
R. – Gli obiettivi del programma sono di offrire ai bambini sahrawi la possibilità di un periodo di risposo e di svago in Italia e in Europa in generale, essendo accolti anche in vari altri Paesi europei (nei campi profughi, infatti, inizia il periodo di intenso calore, ricordiamoci che siamo in pieno deserto…); consentire ai bambini un’apertura sul mondo esterno e su realtà nuove e diverse che nei campi profughi non possono ovviamente sperimentare; offrire delle attività ricreative, culturali, sportive e artistiche; e, molto importante, anche il fatto di consentire loro un controllo dello stato di salute dei bambini e degli accompagnatori. Non ultime, le attività di sensibilizzazione e informazione della cittadinanza italiana sulla situazione dell’infanzia nei campi profughi Sahrawi. Loro, però, più in generale, sono “ambasciatori di pace”, perché portano con un messaggio di pace e di impegno nei confronti della causa sahrawi.
R. – Sì, sicuramente l’auspicio è quello e l’impegno che si chiede durante tutte le iniziative di cui i bambini sahrawi sono protagonisti è proprio quello di chiedere alle amministrazioni locali, ma anche alle singole associazioni, di continuare ad impegnarsi affinché questo sogno, questo desiderio, diventi realtà.
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