La calunnia circolò per qualche tempo, anche a causa della firma della dichiarazione Nostra Aetate, poi crollò perché la vita del Papa era troppo trasparente per essere motivo di reprimende..
Negli anni della vita terrena, Giovanni Battista Montini (1897-1978), divenuto Pontefice nel 1963 (assumendo il nome di Paolo VI), e beatificato da Papa Francesco nel 2014, dovette subìre molteplici sofferenze. Pure per accuse mirate a creare intorno alla sua persona un clima di sospetto e di dubbio, di riserva morale e di aperta avversione. Anche se, con il tempo, i vari attacchi si sono rivelati deboli, e hanno svelato i veri motivi di tanta asprezza d’animo, tuttavia, nell’ora della prova, gli offertori di Paolo VI furono dolorosi (tenendo anche conto della sua sensibilità d’animo).
Tra le situazioni che crearono disorientamento, una si caratterizzò per la veemenza: il Papa era un massone. Aveva sostenuto le Logge. Le aveva fatte entrare in Vaticano. Faceva affari con loro. Lo stesso Pontefice, si affermava, si era fatto raffigurare in una porta di San Pietro con un guanto che aveva al centro una stella a cinque punte (massonica). Non solo. Si aggiungeva perfino che nella tomba della madre si trovava un simbolo massonico. E il disegno del tumulo era opera del figlio, Giovanni Battista. All’inizio, la notizia venne raccolta dai media. Poi crollò, perché la vita del Papa era troppo trasparente per essere motivo di reprimende. Al contrario, si cercò invece di guardare meglio ad altre figure che, in modo non appariscente, operavano non avendo sempre a cuore il bene della Chiesa. Di tale vicenda ne abbiamo voluto parlare con uno storico, il prof. Pier Luigi Guiducci, docente di Storia della chiesa presso la Pontificia Università Lateranense e presso la Pontificia Università Salesiana.
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Prof. Guiducci, Paolo VI fu un massone?
Assolutamente no. Tutta la sua formazione andò in senso radicalmente opposto. Inoltre, nei suoi scritti (e in quelli privati) non si trova un solo cenno al deismo massonico o ad altri aspetti riconducibili alle Logge. C’è poi da considerare il fatto che il giovane Montini sapeva benissimo che la Chiesa aveva condannato la Massoneria.
Perché, allora, questo attacco violento?
Perché Paolo VI firmò i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II. Tra questi, la Dichiarazione Nostra aetate con la quale si apriva un nuovo dialogo con i non cristiani.
I massoni sono non cristiani?
Da un punto di vista storico, sì. In seguito, in alcune Logge, sono avvenuti dei cambiamenti.
Quali?
Negli statuti di determinate Logge (non si può parlare in assoluto), è stato cancellato ogni attacco alla Chiesa cattolica e al Papa. Si è lasciata ai singoli membri libertà religiosa. Si è optato per una linea di trasparenza. E sono state inserite tra le attività massoniche iniziative culturali, aperte anche a non massoni.
Da qui la possibilità di un dialogo massoni-cattolici…
Sì. Venendo meno alcuni ostacoli, sono decadute automaticamente le condanne (esclusivamente per coloro che hanno mutato gli statuti).
Qualcuno non lo ha gradito?
Assolutamente no. Gli attacchi sono stati violenti.
Ma la questione della tomba e della stella?
In queste situazioni la confusione aiuta chi attacca. Ma l’analisi storica poi risponde…
Concretamente…
La tomba della madre di Montini (Giuditta Alghisi, nata nel 1874, e morta nel 1943) si trova a Concesio (Brescia). Quando morì, era in pieno svolgimento la IIa guerra mondiale. Giovanni Battista era Sostituto della Segreteria di Stato per gli affari ordinari (nomina ricevuta nel 1937). Proprio nel 1943 avvenne l’occupazione tedesca dell’Urbe e il rastrellamento-deportazione degli ebrei (16 ottobre). È difficile pensare a un Sostituto che ha tempo per disegnare una tomba…
E la stella?
Allo scultore Luciano Minguzzi (1911-2004) venne conferito nel 1970 l’incarico di realizzare la “Porta del bene e del male” della basilica di San Pietro in Vaticano. Lavorò sette anni. L’iniziativa fu promossa in occasione dell’80° compleanno di Paolo VI. In precedenza, nel 1950, Minguzzi aveva vinto il concorso bandito per la “Quinta Porta” del Duomo di Milano, terminata nel 1965. Nella porta di San Pietro, già ricordata, esisteva – nella prima versione – un particolare della formella n. 12. Sulla mano del Pontefice – inguantata – figurava una stella a cinque punte. Per qualcuno era la prova “eclatante” dell’affiliazione di Paolo VI alla Massoneria.
Quindi c’è un riferimento alla stella a cinque punte…
Sì. Ma i commentatori del tempo non dissero alcune cose…
Quali?
Esiste, intanto, in geometria, il pentagramma (dal greco pente, “cinque” e gramma, “linea”). Si tratta di un poligono, intrecciato e stellato, una stella a cinque punte, formata da cinque segmenti che si intersecano.
Perché tale riferimento?
Perché il pentagramma risale alla Scuola Pitagorica. Il suo fondatore, Pitagora, fu un filosofo greco. Visse, all’incirca, dal 570 a.C. al 495 a.C..
C’è quindi un riferimento al termine greco pente, cinque…
Sì. È importante.
Perché?
Secondo la Cabalà (sapienza mistica e spirituale contenuta nella Bibbia ebraica), il 5 è il numero dell’ uomo perfetto (che si è liberato del suo lato animale). Tale numero è anche associato all’uomo in genere (2+ 3) avendo un carattere instabile di dualità, 2, a dispetto della sua divinità, 3.
Il 5 è fondato pure sul corpo umano: le 5 dita della mano e del piede, i 5 sensi (tatto, gusto, odorato, udito e vista), le 5 membra del corpo (due braccia, due gambe e la testa, il busto essendo al centro), le 5 formazioni delle ossa nel metacarpo, nel metatarso e nella scatola cranica, ecc.
E in ambito religioso?
Nella Bibbia, il numero 5 è usato 253 volte. Pensi ai cinque libri della Torah (la Legge), alle cinque piaghe di Egitto… Inoltre, il 5 indica la Grazia divina. Simbolicamente, si tratta di un 4+1. Vuol dire: Dio aggiunge i Suoi doni e le Sue benedizioni all’opera delle Sue mani, che possono essere riversati sul singolo fedele come sull’intero Regno.
In ebraico Ha’aretz (la terra) è per gematria (sistema ebraico di numerologia che studia le parole scritte in lingua ebraica e assegna loro i valori numerici), un multiplo di 4, mentre Hashamayim (i cieli) è un multiplo di 5.
Inoltre, la geometria di charis (grazia in greco) è anche un multiplo di 5. Infine, si può ricordare che il 5 è il fattore principale in tutte le misure del Tabernacolo.
Il 5 è un numero significativo nei Vangeli?
Nei racconti degli evangelisti, il 5 è collegato a eventi significativi. Pensi alla parabola delle cinque vergini savie e delle cinque stolte. O ai cinque portici della piscina di Bethesda (Gv5,2). Sono cinque le parti dell’abbigliamento che rimangono di Gesù Crocifisso: quattro sono le parti delle sue vesti divise tra i soldati, più la tunica che non fu lacerata (Gv 19,23-24). Si può anche ricordare il fatto che il 5, insieme ai suoi similari con gli zeri (50, 500, 5000…), fa riferimento all’azione dello Spirito Santo: 50 sono i giorni che trascorrono dopo l’Ascensione di Gesù al Cielo (At 1,9), e che precedono la Pentecoste (At 2, 1-4). Esistono, poi, ulteriori significati…
Quali?
Il 5 è entrato nella simbologia dell’Eucaristia. Cinque furono i pani con i due pesci che Gesù moltiplicò in modo miracoloso, cinquemila il numero delle persone presenti all’evento (Gv 6,8-10), sedute a gruppi di 50 (Mc 6,40)… Il 5 è il simbolo dell’Uomo-Dio: Gesù Cristo. A motivo delle cinque ferite (alle mani, ai piedi, al costato) che segnarono il Corpo del Signore sulla croce (Gv 19,16-33). Da questo fatto, il 5 è divenuto il numero che indica la Grazia divina. In san Paolo c’è un riferimento al 5…
Sì. L’apostolo dichiara che per cinque volte ricevette 39 frustate (2 Cor 11,24).
E nella devozione mariana…
Nella preghiera del Santo Rosario si contemplano 5 misteri.
Tutte queste indicazioni fanno leggere in modo storicamente diverso l’immagine della stella a cinque punte…
Esatto.
È possibile, al riguardo, una sintesi?
La stella a cinque punte, che talvolta è stata subito identificata in modo erroneo con il pentacolo (riferimento magico), è un simbolo molto antico. Le sue origini vanno rintracciate nel valore positivo della stella che illumina la notte, che costituisce un riferimento per il viandante.
Ognuno ha usato questo simbolo…
Sì. La stella a cinque punte è presente nell’arte egizia, greca, etrusca, romana. Dagli Ebrei venne associata agli angeli (Enoch [testo apocrifo di origine giudaica], 73,3), in altre culture alle anime dei defunti.
Gli Egizi la considerarono l’emblema di Horus, quindi un’icona luminosa del sole, risorto dopo le oscure trame di Seth. Per i Pitagorici fu il simbolo sacro della perfezione, dell’armonia fra corpo ed anima. La religione olimpica tese, comunque, a identificare questa stella con quella del mattino: Venere (che sorge 5 ore dopo il calar del sole). Da qui derivò l’attribuzione di questo simbolo alla dea della bellezza. Di conseguenza, il simbolo divenne indice anch’esso di bellezza, forza creativa, nascita, speranza.
Si passa poi al Cristianesimo…
Sì. Con il Cristianesimo vennero attribuiti nuovi significati alle stelle. Nell’iconografia mariana la Vergine è spesso accompagnata da una corona di stelle, mentre in quella che riguarda Gesù, il Salvatore è la Stella del mattino. Che annuncia l’avvento della luce, come si legge nell’Apocalisse (Ap 22,16). Inoltre, si era soliti associare i cinque raggi dell’astro con le cinque piaghe di Cristo, simbolo di martirio e di Redenzione, di sacrificio e di nuova vita.
A questo punto, come concludere?
Con un riscontro storico. Guardi i guanti sacri che indossava il sacerdote nelle sacre ostensioni, o durante le processioni eucaristiche. Vedrà che nel dorso di ogni singolo guanto, c’è frequentemente una stella a cinque punte. Ciò conferma quei significati cristiani di cui abbiamo parlato.
Redazione Papaboys (Fonte CarloMafera.wordpress.com/Carlo Mafera)