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I disegni dei bambini: «Così raccontano tutto»

«Disegna una persona, Daniel… ». E il piccolino, come se nulla fosse, con un pastello rosso, tira fuori una maglietta stilizzata. Non ci sono braccia. Non c’è la testa. Non ci sono le gambe. Un’astrazione svogliata, forse. Oppure un ricordo concretissimo di qualcosa che si è visto e non si sa dire. In ogni caso è un segnale, una narrazione che vale più di mille parole e mille lacrime: i bambini raccontano il terremoto, ma a modo loro.

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E con lucidità e forza i grandi intorno devono imparare ad ascoltare, osservare, capire. Senza reprimere. Senza rimuovere. Senza giudicare.

Parco giochi di Amatrice, ore 15. Al centro della piazza la tenda di Telefono azzurro, un gruppo di cinque psicologi dell’emergenza. Alle spalle la scuola distrutta. Di fronte il campo sportivo, base operativa delle squadre di soccorso. Nella tenda e intorno, una dozzina di bambini tra i 4 e i 10 anni. Non c’è mai la domanda netta, esplicita: «Cosa ti ricordi di mercoledì notte?». C’è un giocare insieme da cui trarre significati per iniziare un percorso. La maglietta di Daniel. La sagoma di donna di Elena: stessi tratti, solo un vestito verde colorato quasi con rabbia e basta. Valutano tutto, la dottoressa Annalisa Merra e i suoi collaboratori.

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Alcuni dei disegni con cui i bambini di Amatrice cercano di affrontare il trauma del terremoto. Le immagini sono scene reali trasfigurate dalla fantasia dei bimbi

C’è Francesco (nome di fantasia, storia vera) che non si stacca mai dal pallone. Mai. Ci mangia, ci dorme. «Ora è la sua serenità, la sua pietra d’appoggio, il suo riferimento», spiegano gli specialisti. La sorella più grande è morta. La mamma era dispersa. Proprio ieri il papà è stato invitato dai vigili del fuoco a seguirli. Un incubo. Lui, Francesco, è rimasto nella tenda dei giochi stringendo il pallone ancora più forte.
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Tutti hanno perso almeno un compagno di classe o un cugino. «Sono diventati gli aiutanti di Gesù», spiegano i piccoli ai grandi. E se questo li fa sorridere per un attimo, va bene così. Il chiodo fisso di tutti è la scuola. «Quando torniamo a scuola? Non torniamo più vero?». Insistono così tanto che si fanno prendere sulle spalle, uno alla volta, per vedere le loro classi ridotte in macerie. «Se fanno una domanda, devono avere una risposta – spiega la dottoressa Merra –. Se vogliono vedere o sapere qualcosa che attiene al terremoto, non ci si può nascondere. Anche perché quello che noi non diciamo, loro lo sentono dai discorsi dei grandi, senza filtri». Inutile negarlo. C’è anche chi ha picchi di aggressività. Due bimbi giocano a calcio contro il muro che dà verso la scuola. Sono pallonate fuori anche dalla loro forza. A denti stretti, con affanno. La regola è mai reprimere. Consentire, in questa fase, che ci si esprima senza riserve. «Non sanno come incanalare la rabbia, tutti i modi sono importanti per tirare fuori quello che hanno dentro», spiega Merra.
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La norma delle giornate con i piccoli sono le lacrime all’improvviso, senza apparente motivo. La richiesta di essere portati per mano che arriva anche dai più grandicelli e in luoghi del tutto sicuri e chiusi come un parco giochi o un’aiuola protetta. E quel «sai, la mia casa non c’è più», piazzato lì nel mezzo di un discorso qualsiasi. È così ad Amatrice. È così anche a Grisciano, frazione di Accumoli dove è attiva la Croce Rossa anche con un servizio di ludoteca. A prendersi cura dei piccoli è Chiara, una volontaria, seguita dal gruppo di psicologi dell’emergenza che girano per le tendopoli. Su un tavolino ci sono libri da leggere e fumetti. Ma sono sempre i disegni ad attirare l’attenzione.

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Qui spiccano gli eroi. Una bimba disegna una casa rosso fuoco, qualcuno grida «il bosco è in fiamme», la mamma chiede aiuto e una scala dei pompieri sta lì a dire che tutto andrà per il meglio. Mentre Davide si è così appassionato per i suoi amici della Croce Rossa che ha tirato fuori dal cilindro uno splendido elicottero per salvare le persone in mare. Chiara non è una psicologa, non vuole dare letture e interpretazioni ai disegni e alle parole. Però una confidenza le scappa: «La sera, prima di andare in tenda, mi chiedono se si possono aprire crepe sotto la terra, se possono restare inghiottiti». Incubi a occhi aperti, prima ancora di dormire. Già dopo 24 ore di presenza ad Amatrice, Telefono azzurro ha deciso di restare. A turno gli psicologi rimarranno per tutto il mese di settembre e oltre, in modo da accompagnare i primi giorni di scuola e integrare la ripresa con attività più specifiche per affrontare il lutto. Anche Chiara e i suoi colleghi della Croce Rossa non lasceranno solo i loro nuovi fratellini. Il rammarico, semmai, è che un’assistenza così attenta ai bambini, h24 non sia ora attiva in tutte le tendopoli.

Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/Marco Iasevoli, inviato ad Amatrice)

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