Poi anche lui fa ricorso a un catino. Non gli serve per raccogliere l’acqua versata sui piedi di qualcuno, ma per lavare le proprie mani. Per convincere la folla, il condannato e se stesso di non avere colpa del sangue che sta per essere versato. Porge le mani e qualcuno, ossequioso, gliele bagna. Illuso. Nessuno può far finta di non vedere quando invece ha visto; di non sapere quando ha già saputo. Pilato non sa che quell’acqua non lo laverà ma lo accuserà per sempre. Lo marchierà a fuoco. Due uomini. Il primo accetta di morire in croce per tutti, anche per il secondo, ma l’altro non lo sa. Il secondo crede di avere potere sul primo e invece è proprio da lui che lo riceve. Due catini, così simili, così diversi. Ognuno deve scegliere quale dei due mettere nella bisaccia della vita: se il catino del servizio e dell’amore o quello della codardia che si fa complice del male. Ad ogni uomo è data la libertà di consegnarsi alla gioia vera che nasce dal servire e dal donare, o cedere all’illusione del piacere effimero del disimpegno e dell’egoismo. Ognuno deve scegliere se fermarsi davanti al fratello nel bisogno o svoltare al primo incrocio, nascondersi dietro la prima siepe. Tanti svoltano. Prima di essere visti e chiamati a dare il proprio contributo. Per paura di essere arsi dalla febbre della giustizia e della solidarietà. Altri – e sono un popolo che non finisce mai – vanno dritti per la strada tracciata dal Maestro. Sanno che non sempre è agevole, che potrebbe portarli a donare tutto e la loro stessa vita, ma non vogliono tirarsi indietro. Come ammanettati all’unico Signore di cui non possono assolutamente fare a meno, si incamminano felici per le strade del mondo. Nel bagaglio lo stesso catino usato da Gesù la sera benedetta di tanti anni fa. Padre Maurizio PATRICIELLO
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