Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, traccia un primo bilancio del raduno giovanile di Cracovia. L’intervista è dell’inviato, Alessandro Gisotti per Radio Vaticana:
R. – La Chiesa polacca è una grande Chiesa, ha una grande tradizione. Il popolo polacco ha una grande storia. E’ un popolo che ci ha dato tanti Santi, l’ultimo di essi il nostro carissimo e grande Giovanni Paolo II. Anche se in un tempo molto breve, Papa Francesco è entrato in profondità in contatto con il popolo e con la Chiesa polacca, un po’ in tutte le sue dimensioni. Ha dato loro il senso del suo affetto, della sua prossimità, del suo messaggio di essere Chiesa in uscita, di essere Chiesa creativa. Ha dimostrato un grande rispetto per la tradizione dei valori cristiani e della storia da cui questo popolo viene, da cui questa Chiesa viene, e allo stesso tempo – con discrezione, ma con decisione – ha dato anche al popolo e alla Chiesa polacca i suoi messaggi che sono quelli che sta dando a tutto il mondo: di essere in uscita, di essere missionari, di essere solidali, di essere dialoganti, di costruire una grande comunità di nazioni per un mondo di pace. Quindi, credo veramente sia stato un incontro felice, sereno, molto costruttivo e che possa dare alla Chiesa in Polonia, al popolo polacco quella serenità, quella gioia di continuare a guardare in avanti, sentendo di avere un Papa che è nelle tracce, nella direzione di Giovanni Paolo II, portandone avanti anche i messaggi essenziali, primo fra tutti quello dell’annuncio della misericordia nel mondo di oggi, che ne ha estremamente bisogno.
D. – Mancano gli eventi finali, se così si può dire, della Gmg: cosa, secondo lei, è che colpisce di più di questa Gmg tra le tante che ha potuto vivere?
R. – Ogni Giornata della gioventù avviene in un contesto particolare e può portare quindi un suo messaggio specifico. Diciamo che per esempio, non so, quella di Parigi: quella di Parigi aveva dimostrato la gioia e la vitalità della fede in un mondo secolarizzato che non si aspettava, che rimaneva sorpreso della vitalità della fede dei giovani, ecco. E’ un messaggio diverso… Adesso, questo è un messaggio invece di coraggio e di speranza in un mondo travagliato da conflitti e da paure, questo mi sembra molto evidente, ed è un messaggio preziosissimo. Una cosa analoga era stata, per esempio, a Toronto, anche dopo gli attentati dell’11 settembre alle Torri Gemelle: era diversi mesi dopo ma l’impressione era ancora molto forte. Era di nuovo, anche in quel caso lì, un messaggio di speranza in un mondo che si sentiva incerto per la presenza dell’odio in forme nuove, che non conosceva ancora. Ed era stato un messaggio importante. Quindi, ogni Giornata della gioventù assume un significato particolare a seconda del contesto in cui si colloca. Le prime, la prima, quella di Czestochowa, era quella in cui si viveva un po’ l’Europa dell’Est che si apriva e quindi la possibilità dell’incontro con “i due polmoni dell’Europa”: anche quello era un messaggio nuovo, estremamente importante. Qui sappiamo tutti che momento stiamo vivendo della storia e l’evento “Giornata mondiale della gioventù” è un grande segno di speranza per questo mondo.
E’ l’evento come tale che è il messaggio: l’evento come tale creato, naturalmente, dalla fede, dall’annuncio del Vangelo che richiama tutti questi giovani, queste forze meravigliose, questi entusiasmi e queste speranze meravigliose di futuro che hanno i giovani e le orienta, le catalizza, fa prendere loro coscienza della loro potenzialità di servizio e di annuncio per il mondo di oggi. Ieri il Papa: “Si possono cambiare le cose?”, chiedeva ai giovani. “Sììì”. Glielo faceva ripetere e glielo faceva ripetere: devono prendere coscienza, i giovani; prendono coscienza – questo milione e più di giovani che sono qui – che se ascoltano la Parola di Gesù, se credono all’amore piuttosto che all’odio, allora possono dare un contributo importante per questo mondo.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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