Per iniziare, nelle intenzioni per il mese di marzo affidate dal Papa all’apostolato della preghiera, c’è quella generale che recita “Perché in tutte le culture siano rispettati i diritti e la dignità delle donne”. Nell’intenzione missionaria, la preghiera del Papa è questa: “Perché numerosi giovani accolgano l’invito del Signore a consacrare la loro vita all’annuncio del Vangelo”.
Educare non è soltanto trasmettere conoscenze. La trasmissione della fede, solo attraverso l’insegnamento di contenuti, sarà superficiale o ideologica. E’ quanto ha detto Papa Francesco rivolgendo lo scorso fine settimana un lungo discorso a braccio ai membri della Pontificia Commissione per l’America Latina. La trasmissione della fede – ha detto il Santo Padre – non avrà radici se non sarà accompagnata da comportamenti e da valori. Ed anche in quel discorso la gioventù è stata al centro del pensiero di Francesco: Per poter trasmettere la fede, oltre alla divulgazione di contenuti di base, è necessario creare l’abitudine di una condotta, favorire la ricezione dei valori che la preparino e la facciano crescere. La trasmissione della fede – ha detto il Papa – si basa su tre pilastri: utopia, memoria e discernimento. Il primo, importante per i bambini e soprattutto per i giovani, “è la buona gestione dell’utopia”. In America Latina – ha ricordato il Pontefice – “una gestione non del tutto equilibrata dell’utopia”, come nel caso dell’Argentina, ha portato ragazzi dell’Azione Cattolica ad unirsi, negli anni Settanta, alla guerriglia. Ma saper far crescere l’utopia di un giovane “è una ricchezza”. “Un giovane senza utopia è un vecchio precoce”. Poi gli altri due pilastri: in un giovane – ha osservato Papa Francesco – un’utopia “cresce bene se accompagnata da memoria e discernimento. L’utopia guarda al futuro, la memoria guarda al passato e il presente si discerne. Il giovane deve ricevere la memoria e piantare le radici della sua utopia in questa memoria; discernere nel presente la sua utopia, il segno dei tempi. Sì l’utopia va avanti, ma è molto radicata nella memoria e nella storia che ha ricevuto. Discernere nel presente – abbiamo bisogno di maestri di discernimento per i giovani! – e già progettato nel futuro”.
La chiave per affrontare “l’emergenza educativa” – ha proseguito – è l’incontro tra generazioni, l’incontro tra giovani e anziani. Questo incontro permette infatti di conoscere il passato e di saper leggere il presente. La fede di un giovane – sottolinea quindi il Papa – matura se non mancano la memoria del passato, il discernimento del presente e l’utopia del futuro. Ma il vero problema nella società odierna è “la cultura dello scarto”: “oggi, per l’economia che si è radicata nel mondo, al centro – ha affermato il Santo Padre – c’è il dio denaro e non la persona umana”. E quindi “tutto quello che non entra in questo ordine, si scarta. Si scartano i bambini che soffrono, che danno fastidio e che non conviene che vengano”, “si scartano gli anziani” e “in alcuni Paesi dell’America Latina c’è l’eutanasia nascosta”: sono considerati a volte “materiali di scarto”.
E poi ci sono i giovani. Oggigiorno – ha affermato – “dà fastidio a questo sistema mondiale la quantità di giovani ai quali è necessario dare lavoro” e dunque c’è “questa percentuale così alta di disoccupazione giovanile. Stiamo tenendo una generazione di giovani che non hanno l’esperienza della dignità!”. Così, “oggi anche i giovani fanno parte di questo materiale di scarto”. E il giovane che è senza lavoro “anestetizza l’utopia!”. La droga, che “sta distruggendo questa generazione di giovani” e “non è soltanto un problema di vizio”, e “la proliferazione di dipendenze”, quali la ludopatia, sono alcuni degli ostacoli lungo il cammino delle nuove generazioni. “L’utopia di un giovane entusiasta – ha detto il Papa – oggi si sta trasformando in disincanto”. Ai giovani disincantati – ha affermato il Pontefice rivolgendosi ai membri della Pontificia Commissione per l’America Latina – “è necessario dare fede e speranza”.
Nel discorso consegnato ma non letto, il Papa ha inoltre sottolineato che la “Chiesa vuole imitare Gesù nell’accostarsi ai giovani”. Desidera ripetere che vale la pena seguire l’esempio che ci ha dato. Un esempio di dedizione, di servizio, di amore disinteressato e di lotta per la giustizia e la verità. E’ bello vivere come ha vissuto Gesù, scacciando l’egoismo e lasciandosi attrarre dalla bellezza e dalla bontà. “Chi conosce in profondità Gesù – si legge nel testo – non rimane in poltrona. Si unisce al suo stile di vita ed arriva ad essere un discepolo missionario del suo Vangelo, dando gioiosa testimonianza della sua fede, non risparmiando sacrifici”. I giovani ascoltino la Parola di Gesù, ascoltino che Cristo non è un personaggio di una novella, ma una persona viva. I giovani – si legge infine del documento – sperano in noi. Non deludiamoli! “Che le comunità cristiane dell’America Latina e dei Caraibi – ha esortato il Pontefice – sappiano essere vicine, maestre e madri di tutti e di ciascuno dei suoi giovani”. di Francesco Rossi
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