(Redattore Sociale) – Sono la magia della comicità senza confini… Con spirito d’avventura e amore per l’arte portano un sorriso nei luoghi del mondo segnati da un passato di guerra e ancora afflitti dalla piaga della povertà. Sono i Giullari senza frontiere: un gruppo di giocolieri, clown e acrobati italiani che dedicano alcuni mesi all’anno a spettacoli gratuiti e stage di formazione in giro per il mondo. Il tutto nel segno del volontariato puro e dell’autofinanziamento. A loro è dedicato un articolo di Francesco Pistocchini pubblicato dal mensile Popoli.
Con il loro costume a strisce bianche e nere, i Giullari senza frontiere hanno battuto le strade del Mozambico e del Bengala, risalito il corso del Mekong, esplorato sperduti villaggi brasiliani. L’ultima avventura in un Sri Lanka ancora ferito dallo tsunami e dal conflitto fra lealisti e guerriglieri Tamil.
Il progetto nasce nel 2003 ma affonda le radici nei precedenti viaggi di alcuni “giullari” dal Chiapas ai Balcani. In Spagna, con un distaccamento anche in Italia, esisteva già un’esperienza simile: i Payassos sin fronteras. Ogni viaggio è la “scusa” per incontrare una cultura – come spiega nell’articolo Rodrigo Morganti, “giullare”, clown dottore e giocoliere. “Abbiamo voluto essere liberi. Siamo un gruppo di una decina di amici, alcuni con figli al seguito, accomunati dal fatto di essere professionisti che fanno spettacolo – dice”. La loro è anche “una reazione a un certo modo di fare cooperazione troppo legato al denaro”.
Stefano Catarinelli, uno dei fondatori del gruppo, quando parte viaggia con moglie e figli. “Ricordo il giorno in cui un gruppo di ragazzini brasiliani ha smesso di tirare colla per venire a vederci – racconta”. Qualcuno sceglie di seguire il loro esempio, come un giovane mozambicano che “ha iniziato a studiare arti circensi, dopo un corso fatto da noi, e ora gira il mondo con il suo spettacolo”. La formazione di ragazzi e operatori è infatti un punto centrale del progetto dei Giullari che puntano sul potere naturale di trasformazione della gioia. “Piccoli segni di cambiamento ottenuti con l’esempio di quello che fai”, come dice Rodrigo.
Ma talvolta l’incontro può essere molto difficile “Ti si blocca lo stomaco quando entri in certi orfanatrofi con situazioni pesanti – racconta Stefano nell’articolo. – […] In Africa, a volte, hai la sensazione che sarai sempre un mzungu, un bianco, visto come l’operatore della Ong con quello che rappresenta… Appena finito lo spettacolo arriva un bambino e chiede qualche soldo”.
Ma la comicità è uguale ovunque? Se ovunque c’è bisogno di ridere, in alcuni luoghi è necessario avere degli accorgimenti speciali. La “sensuale” danza del ventre di Rodrigo faceva scappare le donne in Marocco e in alcuni villaggi indiani… In alcuni Paesi non puoi soffiarti il naso o forzare un monaco a fare il volontario…
Per i loro spettacoli i Giullari non chiedono denaro ma in cambio ricevono tantissimo: “può essere una tavola così riccamente imbandita da metterti in imbarazzo o tornare da uno spettacolo in una favela sentendo una soddisfazione grande come artista…”. Nell’esperienza cingalese i Giullari senza frontiere si sono confrontati con una realtà ancora tesa e difficile e con la piaga dell’alcolismo diffuso tra i giovani che hanno vissuto la guerra. ” Ma in un villaggio costiero, lacerato al suo interno – racconta Stefano nell’articolo, – dopo lo spettacolo un uomo mi ha detto che per la prima volta dallo tsunami di dieci anni fa vedeva tutti gli abitanti riuniti a ridere insieme”.
Sito per conoscere i Giullari senza frontiere:
http://www.giullarisenzafrontiere.it/GSF.html
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