«Oggi è importante invertire la rotta dei percorsi autodistruttivi che hanno trasformato i costumi del Paese». È «con soddisfazione e compiacimento» che l’Associazione medici cattolici italiani (Amci) accoglie il Piano nazionale per la fertilità presentato mercoledì dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin. L’iniziativa – che il ministro aveva preannunciato ad «Avvenire» un anno fa – «coincide con il ventesimo anniversario dell’enciclica “Evangelium vitae”», pubblicata «proprio nel periodo in cui la cultura radicale anti-natività era al culmine».
L’Amci chiede al ministro «di attivare ogni positivo sostegno a tutte quelle gestanti che, in povertà di mezzi di sostentamento e con difficoltà economiche e sociali, sono costrette a richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza». Bisogna «sottrarre a questo triste destino 170mila donne che annualmente sono spinte da dolore, solitudine e povertà a ricorrere a tecniche abortive e di contragestazione». Il Piano è un passo per tornare a comprendere che «il diritto alla vita è il primo dei diritti umani, e che lo stesso diritto alla vita comprende la difesa degli interessi delle donne, di chi dovrà nascere e dei minori», rispettando il diritto «della donna alla propria fertilità e fecondità», «del nato alla sopravvivenza» e il nascituro «dal concepimento alla nascita».
«La fertilità della donna – prosegue la nota dei Medici cattolici – è materia intellettualmente impegnativa e obbliga la società civile a porre opportuni rimedi alle cause di denatalità» intervenendo sui temi dell’«ecologia della sessualità e della fecondità, oggi particolarmente in crisi». I giovani in particolare «hanno diritto a essere adeguatamente informati ed educati a un corretto stile di vita, affinché non venga compromessa la loro fertilità». L’associazione presieduta da Filippo Maria Boscia conferma la sua «totale disponibilità» a offrire tutte le proprie «competenze scientifiche, professionali e umane a tutela della maternità».
In Italia una coppia su 5 ha difficoltà a procreare in maniera naturale. Vent’anni fa la percentuale era circa la metà. Le cause di questa difficoltà risiedono per il 40% nella componente femminile, per l’altro 40% in quella maschile e per un 20% hanno una origine mista. Negli ultimi 50 anni il numero di spermatozoi nel maschio si è ridotto della metà, e dagli anni ’80 in poi l’età media al concepimento è aumentata di quasi 10 anni per entrambi i sessi. È la fotografia scattata dagli esperti per la presentazione oggi a Roma del Piano nazionale per la fertilità ‘Difendi la tua fertilità prepara una culla nel tuo futuro’, elaborato dal Tavolo consultivo in materia di tutela e conoscenza della fertilità e prevenzione delle cause di infertilità, presieduto da Eleonora Porcu.
L’obiettivo del Piano, presentato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, è collocare la fertilità al centro delle politiche del Paese. Per farlo il ministero della Salute punta sull’informazione ai cittadini, sulla formazione di insegnanti, medici di famiglia e operatori sanitari, sul rilancio dei consultori, sulla creazione di centri per l’oncofertilità (in grado di tutelare la potenzialità riproduttiva nei pazienti oncologici). Infine, è prevista l’istituzione della Giornata nazionale di informazione e formazione sulla fertilità (o ‘Fertility Day’) e della Scuola di specializzazione in medicina della fertilità.
Il progetto di educazione e didattica prevede corsi di formazione sulla fisiologia e la patologia riproduttiva, con strumenti informativi e mediatici indirizzati alla popolazione e ai medici di famiglia. Per questi ultimi il compito più difficile: sfatare i falsi miti e le convinzioni spesso errate sulle nozioni basilari della funzione riproduttiva, ma anche sulle tecniche di riproduzione medicalmente assistita (Pma). Saranno coinvolti anche i media, dovranno dare spazio ai temi della fertilità con conferenze e trasmissioni radio e tv. Infine un ruolo importante che per le Asl e le università: dovranno essere attive ed organizzare incontri che puntino ad un’informazione scientifica qualificata.
Secondo gli specialisti che hanno redatto il Piano fertilità occorre prevedere anche corsi ‘ad hoc’ nell’ambito del sistema nazionale di educazione continua in medicina (Ecm) sulle tematiche connesse alla fertilità anche per i pediatri di libera scelta e per gli oncologi (le terapie anti neoplastiche possono danneggiare la capacità riproduttiva).
Il Piano nazionale per la fertilità propone anche, in collaborazione con le Regioni e le Asl, una valorizzazione e il potenziamento dei consultori, “come primo anello e filtro nella catena assistenziale delle patologie riproduttive. Il consultorio dovrà essere la prima tappa del percorso sanitario – sottolinea il Piano – dedicato al paziente infertile, in stretto dialogo col successivo livello terapeutico ospedaliero. La sequenza assistenziale efficace dovrebbe iniziare dal medico di medicina generale e dovrebbe proseguire con l’invio dei pazienti al consultorio dove gli specialisti eseguiranno una accurata anamnesi e prescriveranno le indagini più opportune per raggiungere una diagnosi e delineare un’ipotesi terapeutica appropriata che potrà eventualmente essere messa in atto nella struttura ospedaliera”.
Uno spazio importante all’interno Piano è riservato all’oncofertilità, ovvero la tutela della potenzialità riproduttiva nei pazienti oncologici. Gli esperti suggeriscono di collocare Centro di oncofertilità all’interno di un numero limitato geograficamente equilibrato di strutture di Medicina della Fertilità. Il Centro deve possedere tutte le professionalità ed offrire al suo interno tutte le alternative terapeutiche per preservare la fertilità e per ripristinare la fertilità dopo la remissione della patologia di base. “non un centro di fecondazione assistita o un centro oncologico o una banca del seme – sottolineano gli esperti – bensì un nuovo soggetto con tutti questi contenuti e la capacità di dialogo terapeutico interno”.
Infine, il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) con il ministero della Salute potrebbero prevedere – suggerisce il Piano – l’istituzione di una Scuola di specializzazione in Medicina della Fertilità. Queste strutture universitarie “potrebbero fornire il giusto supporto anche per la realizzazione dei corsi di formazione e aggiornamento professionale – concludono gli esperti – per i medici di medici generale e pediatri di libera scelta in accordo co le relative Federazioni e i vari specialisti del settore (ginecologi, oncologi, endocrinologi e ostetriche).
“Secondo gli esperti l’attuale denatalità (1,39 figli per donna nel 2013, colloca il nostro Paese tra gli Stati Ue con i più bassi livelli) mette a rischio il welfare aumentando un progressivo invecchiamento della popolazione. Così la salute riproduttiva va protetta fin dai primi anni: “Dall’adolescenza – sottolinea il Piano – la funzione riproduttiva va difesa evitando stili di vita ed abitudini voluttuarie scorrette (come ad esempio il fumo di sigaretta e l’alcool) e particolarmente dannose per gli spermatozoi e per gli ovociti. È essenziale inoltre evitare fin dai primi anni stili di vita sbagliati che promuovo l’obesità, la magrezza eccessiva e la sedentarietà. Le giovani devono sapere che la ‘finestra fertilè femminile è limitata e vulnerabile e che la qualità degli ovociti si riduce al crescere dell’età particolarmente dopo i 35 anni quando concepire un bambino diventa progressivamente sempre più difficile”.
“Nell’uomo – spiega Andrea Lenzi, nuovo presidente della Società italiana di endocrinologia, tra i relatori della presentazione del Piano – nei primi 10 anni di vita le patologie maschili che più danneggiano la fertilità sono il criptorchidismo (ritenzione testicolare), le orchiti e la torsione del funicolo spermatico. Mentre nel periodo puberale (12-14 anni) la fertilità è messa a repentaglio da problemi ormonali e dal varicocele, quest’ultimo può proseguire a danneggiare la fertilità per tutta la vita. Dai 14 ai 20 anni i pericoli per la fertilità dei maschi sono le infezioni genitali e gli stili di vita alterati”.
Anche la donna non è immune. “Tra i 10 e i 15 anni le patologie femminili che più danneggiano la fertilità sono i disturbi del comportamento alimentare e le infezioni genitali, oltre alle alterazioni ormonali – ricorda Lenzi – Quando si cresce, tra i 20 e i 40 anni, le malattie che mettono a rischio la fertilità sono i disturbi ovulatori, l’ovaio policistico, le infezioni genitali, i fibromi”. Ad oggi non è prevista nessuna valutazione andrologica nei giovani, “sta quindi a ciascuno di noi – conclude lo specialisti – prendersi cura della propria salute o di quella dei propri figli sottoponendoli ad una visita o anche facendo un controllo andrologico quando raggiungono la maturità”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Avvenire