Che questo Natale sia foriero di pace e riconciliazione non solo per la Terra Santa, ma anche per tutte le comunità cristiane sparse nel mondo, e che possa infondere speranza e fiducia in tutti i cuori: è l’auspicio che accomuna i messaggi natalizi dell’amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, dei patriarchi e dei capi delle Chiese a Gerusalemme, e del custode di Terra Santa, padre Francesco Patton.
L’arcivescovo Pizzaballa, nel ricordare che anche «i tempi di Gesù non erano migliori dei nostri» — «C’era l’occupazione romana, c’era Erode, c’erano i vari centri di potere… in fondo l’uomo non sembra cambiato molto da allora» — ha esortato i cristiani a non rassegnarsi. «Non è questo il messaggio del Natale. La nascita di Gesù non ha cancellato nessuno dei drammi politici, sociali ed economici del suo tempo. Gesù non è venuto a rivoluzionare le strutture sociali del suo tempo, non ha voluto conquistare il potere, ma il cuore dell’uomo.
È così che ha cambiato il mondo». Monsignor Pizzaballa, inoltre, si è detto soddisfatto per il numero sempre più crescente di pellegrini provenienti da tutto il mondo che portano «il sorriso in tante famiglie, che possono così lavorare con serenità. Nonostante ciò, in gran parte del territorio della nostra diocesi il lavoro resta il problema principale».
Di qui, l’amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini si rivolge «ai tanti e alle tante che con amore, nel silenzio e senza clamore, ancora oggi donano la loro vita e il loro cuore gratuitamente». E un pensiero particolare va ai genitori che «nonostante le tante difficoltà, hanno avuto il coraggio di guardare al futuro e dare una speranza ai loro figli. Ai tanti operatori e volontari che si spendono negli ospedali, nelle case per anziani, nelle case di accoglienza dei disabili.
Ai nostri giovani che non rinunciano a sognare un futuro migliore. Ai nostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose che, nonostante a volte le solitudini e le incomprensioni, continuano a dare la vita per le loro comunità. Sono loro — ha sottolineato l’arcivescovo — la speranza della nostra Chiesa. In loro, qui, si celebra ancora il Natale vero».
Anche i capi delle Chiese a Gerusalemme hanno assicurato un posto speciale nelle loro preghiere per le comunità cristiane, in particolare quelle di Terra Santa e del Medio Oriente, «affinché possano percorrere la via della pace, della giustizia e della riconciliazione. Possa il Principe della Pace — scrivono — trasformare il male e il peccato nel nostro mondo in luce e integrità della vita».
Nel testo il custode ha ricordato l’incontro di san Francesco con il sultano d’Egitto Malek al-Kamel, avvenuto nel giugno 1219. Grazie a questo incontro il santo di Assisi «poté poi probabilmente visitare questo luogo speciale, la mangiatoia di Betlemme» e contemplare — ha sottolineato padre Patton — «quello che anche oggi noi e i pellegrini possiamo vedere: la mangiatoia e accanto l’altare sul quale viene celebrata l’Eucaristia.
Forse è per questo che ha voluto poi festeggiare il Natale a Greccio con questi semplici elementi: una mangiatoia vuota e un altare sul quale celebrare l’Eucaristia. Ce lo ha ricordato anche Papa Francesco nella sua recente visita a Greccio e con la lettera apostolica dedicata all’ammirabile segno del presepe».
Nel messaggio, il custode di Terra Santa ha ricordato che «questo luogo, la mangiatoia di Betlemme, e l’altare sul quale quotidianamente celebriamo l’Eucaristia devono perciò e prima di tutto riempirci il cuore di stupore e di riconoscenza».
Da qui, «la meraviglia: il Figlio di Dio che si è fatto bambino continua a donarsi a noi in modo umile attraverso l’Eucaristia. Così ogni altare — ha concluso padre Patton — diventa la mangiatoia di Betlemme, le mani del sacerdote diventano la mangiatoia di Betlemme, ognuno di noi diventa la mangiatoia di Betlemme nella quale viene deposto con amore il Figlio di Dio nella sua piccolezza e umiltà».
L’Osservatore Romano, 23/24 dicembre 2019
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