Categorie: Italiae et Ecclesia

I pellegrinaggi nei Santuari reggono alla crisi

Il Santuario di Santa Rita da Cascia ha ospitato in questi giorni il terzo Convegno itinerante nazionale “Ci rimettiamo in gioco”, promosso dall’Ufficio tempo libero, turismo e sport della Cei. È stata, quindi, l’occasione per riflettere sul ruolo dei pellegrinaggi e sulla tenuta delle visite nei santuari italiani. Paolo Giacosa della Radio Vaticana ha fatto il punto con Roberto Pascucci, incaricato della Conferenza episcopale umbra per l’organizzazione del convegno:

R. – Questa è la tappa finale di un itinerario che si è svolto in dieci incontri, con molti temi, che ha toccato tutta Italia. Il tema di oggi è: “Andar per Santuari: fuga o ritorno?”. Questo incontro si è svolto a Cascia. Tra tutti gli interventi che si sono svolti oggi, il tema “Fuga o ritorno” si è trasformato in “Fuga e ritorno”: fuga dal mondo moderno e il ritorno al Signore nei santuari, nei luoghi di incontro e di preghiera.

D. – Quali sono gli argomenti principali trattati durante la giornata?
R. – Per quanto riguarda l’aspetto prettamente spirituale, le comunità agostiniane hanno raccontato la loro esperienza, quella dell’accoglienza del pellegrino e ci si è accorti che anche in questo momento di crisi il numero delle presenze nei santuari, specialmente in quello di Cascia, non è calato. Si sente sempre più il bisogno di intervenire. Mons. Boccardo

ha definito il santuario un luogo sottile, dove il rapporto tra l’uomo e Dio è molto vicino. Un’altra cosa importante è stata l’esperienza di mons. Tonucci, vescovo prelato di Loreto e delegato pontificio della Santa Casa e di Sant’Antonio da Padova. Il suo intervento era incentrato sull’essenziale: è il santuario che deve dare continuità. Lì abbiamo contatti con persone che forse non ritorneranno nel santuario, ma dobbiamo insegnare loro ad andare verso la continuità, quindi cercare la continuità nelle proprie parrocchie, nei propri luoghi di incontro.

D. – Quale può essere il valore della visita ai santuari per la nostra società, spesso troppo frenetica?
R. – Sicuramente il vivere insieme questa esperienza spirituale. Ci sono due cose che molto spesso nei pellegrinaggi sembrano una il contrario dell’altra, ma che invece si completano: la solitudine e la compagnia. La solitudine in certi momenti di ritrovare se stessi, quindi di camminare da soli, di vedersi con calma, e quindi di guardare dentro di sé. Poi la compagnia come insieme di cammino, come aiuto, esperienza e quindi aiutare gli altri ed essere aiutati dagli altri. Il pellegrino quindi chiede di vivere e non di correre.

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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