Paralizzata da cinque anni, Mara Odak, casalinga quarantanovenne abitante a Mostar, è guarita improvvisamente. Non dubita che si tratti di un miracolo. Precisa: «Un grandissimo miracolo». E spiega: «Devo esclusivamente la mia guarigione alla Madonna di Medjugorje. La Vergine ha esaudito le mie preghiere e adesso vengo qui in pellegrinaggio, ogni settimana, per ringraziarla».
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Ho conosciuto la signora Mara Odak a Medjugorje il 25 giugno 1982 in occasione delle celebrazioni liturgiche per l’anniversario della prima apparizione della Madonna sul Podbrdo. La donna parla con naturalezza, il suo discorso è pacato e non cede mai all’enfasi né a fanatici entusiasmi. Anzi, tende piuttosto a considerare, in un certo senso, un fatto normale il prodigio di cui è protagonista. Continua a ripetere: «Se uno ha fede, può chiedere a Dio e alla Madonna qualunque cosa». Il suo aspetto non conserva alcuna traccia delle passate tribolazioni. Carnagione rosea, capelli castani e ricciuti, occhi chiari, ha un fisico forte e robusto, movimenti agili, passo sicuro. Dice: «Adesso sto benissimo e ho sempre molto appetito». Sorride e, un po’ vergognandosi, toccandosi i fianchi prosperosi, aggiunge: «Mangio anche troppo!».
Ha un’incredibile storia da raccontare: «Fu mia sorella Anda, che abita a Citluk» dice «ad informarmi delle apparizioni della Madonna sul colle di Podbrdo. Erano i primi giorni d’agosto del 1981…
«Naturale che mia sorella Anda sia stata fra i primi a conoscere i tatti: lei risiede a Citluk, una cittadina ad appena sei chilometri di distanza da Medjugorje» spiega la signora Mara Odak.
Prosegue: «Un giorno Anda venne a trovarmi, mi parlò dei prodigi di Medjugorje e mi fece come balenare la speranza che la Madonna potesse guarirmi».
Mara Odak, sposata all’impiegato Veselko Primorac e padre di due figli ventenni, era allora gravemente ammalata e inferma, costretta a letto da una paralisi che non le permetteva di camminare né di muovere il capo.Ciò in seguito a un pauroso infortunio che per poco non le era costato la vita: una accidentale caduta dal terzo piano, giù dal vano delle scale di casa, avvenuta cinque anni prima, nella primavera del 1976.
Dopo un ricovero di oltre tre mesi in ospedale e dopo innumerevoli cure, i medici (diagnosticatele fratture multiple alla gamba sinistra e la lesione di due vertebre cervicali con deformazione irreversibile della spina dorsale) non l’avevano più ritenuta guaribile.
Temeva insomma che i caporioni locali della Lega dei comunisti, una volta venuti a conoscenza del fatto, lo accusassero di essere un clerico reazionario e gli facessero così perdere il posto».
I timori di Veselko Primorac erano tutt’altro che infondati. Proprio in quei giorni, allarmate per l’improvviso scoppio di fede mariana nel villaggio dell’Erzegovina meridionale, le autorità comuniste avevano scatenato, attraverso i giornali di partito, la radio e la televisione, una violenta campagna antireligiosa e anticlericale.
È facile comprendere come in questo clima di accuse e di intimidazioni Veselko Primorac avesse paura di rappresaglie. Ma le insistenze della moglie e il desiderio di accontentarla (in una possibile guarigione non sperava neppure lontanamente) lo indussero alla fine al coraggioso passo. Noleggiò l’automobile di un conoscente fidato, vi caricò sopra la moglie e con tutte le precauzioni del caso la condusse a Medjugorje.
Racconta: «Era il 15 agosto del 1981, un sabato, festa dell’Assunzione di Maria Vergine. Pochi minuti prima delle sei del pomeriggio arrivammo in auto fin davanti alla porta della chiesa, già gremita di fedeli. Anche sul sagrato c’era una gran folla, la messa stava per cominciare. Mi scaricarono dalla macchina e mi adagiarono su una improvvisata barella. Poi alcuni volonterosi aiutarono mio marito a portarmi fino dentro la chiesa, a pochi passi dall’altare maggiore, dove intanto Vida Ivankovic e gli altri giovani veggenti avevano già iniziato a intonare il rosario, come tutte le sere».
«Quando la recita del rosario fu conclusa, Vida mi riconobbe tra la folla e venne a salutarmi. Mi accarezzò i capelli dicendomi: “Coraggio, pregherò per te la Madonna“.
Poi scomparve dentro la sagrestia con gli altri cinque ragazzi e cominciò la messa», racconta Mara Odak.
A questo punto la narrazione della miracolata diventa vagamente reticente. Forse è il timore di non essere creduta o forse sono le raccomandazioni di prudenza fattele dalle autorità ecclesiastiche.
«Fui colta all’improvviso da un brivido, da un gelo tremendo alla nuca, alla schiena, alle gambe. D’un tratto il gelo si tramutò in calore, come un fuoco che pareva dovesse bruciarmi e che vedevo ardere intorno a me, in alto, nel cielo, oltre il tetto della chiesa.Tra le fiamme, nel cielo azzurro, scorsi la Madonna sorridere e poi Gesù fra gli Apostoli. Mi mancò il respiro dall’emozione, temetti di morire…. Invece trovai sorprendentemente la forza per alzarmi a sedere sulla barella e per gridare Gospo moia, Gospo moja, Madonna mia, Madonna mia… Ero guarita, potevo muovermi, girare il capo come volevo, camminare, persino correre».
Finita la messa, Mara Odak, tra gli sguardi sbalorditi dei fedeli, uscì di chiesa barcollando. Ma a mano a mano che procedeva il suo passo diventava sempre più sicuro. Il marito, attonito e confuso, le stava accanto tentando di aiutarla, pronto a sorreggerla se ce ne fosse stato bisogno. Ma lei ormai camminava sicura, avanzava via via più spedita. Riuscì addirittura a percorrere sei chilometri a piedi. Arrivò fino a Citluk, alla casa della sorella Anda. Le due donne si abbracciarono singhiozzando, fra la commozione dei parenti, degli amici, dei curiosi accorsi alla notizia della prodigiosa guarigione.
«Si tratta di un miracolo, non ho dubbi. Lo confermano, fra l’altro, le radiografie e i certificati medici che ho raccolto », afferma padre Tomislav Vlasic, che assiste alla mia conversazione con la signora Mara Odak e che mi fa da interprete.
La donna conclude: «Io sto benissimo e dal 15 agosto 1981 non accuso più nessun disturbo. Anche i medici, pur non riuscendo a spiegarsi il mistero, mi assicurano che sono guarita, che posso condurre una vita normalissima. Ed è ciò che faccio: bado alle faccende domestiche, lavoro a maglia, passeggio con le amiche, vado in pellegrinaggio a Medjugorje. Ho fatto un piccolo voto: vengo qui a pregare e ringraziare la Madonna una volta la settimana».
Il 25 giugno 1982, lo stesso giorno in cui parlai con Mara Odak, padre Vlasic, assistente spirituale dei giovani veggenti, mi invitò in canonica per farmi conoscere un’anziana signora, Agata Vajdic, abitante nella cittadina di Varazdin, presso Zagabria. Presentandomela, disse semplicemente: «Questa è la nonna di una bambina miracolata dalla Madonna».
Ecco il racconto che mi fece la donna. «Ho una nipotina di nome Andrea, ha otto anni ed è figlia di mio figlio, contadino. Un brutto giorno, il 3 luglio del 1981, Andrea cadde dalla bicicletta e si fece molto male.La portarono all’ospedale di Zagabria. Insorsero delle complicazioni e le condizioni di salute della bambina divennero gravissime. I medici le diagnosticarono un tumore agli organi genitali con metastasi alla gamba destra. La dimisero, dicendoci che ormai non c’erano più speranze, inutile operare, dovevamo prepararci al peggio. Ma io non seppi né volli rassegnarmi. Sono credente, ho fiducia in Dio e nella Madonna…».
Agata Vajdic decise così di recarsi in pellegrinaggio a Medjugorje per implorare la Vergine di salvare la vita alla sua adorata nipotina. Arrivò qui il 7 novembre, assistette alla messa vespertina, si confessò e si comunicò, pregò devotamente la Madonna chiedendo la sua intercessione. Andandosene, raccolse in un fazzoletto una manciata di terra del Podbrdo e in una bottiglia un po’ di acqua benedetta della chiesa.
Riprende a narrare: «Tornata a casa, mi avvicinai al letto della bambina e le massaggiai delicatamente il ventre e la gamba malata con la terra; poi la spruzzai con l’acqua benedetta. Ripetei l’orazione il giorno successivo e subito la piccola cominciò a sentirsi meglio. Di lì a una settimana la portammo all’ospedale per una visita di controllo: i medici, increduli e stupefatti, ci dissero che Andrea non aveva più nessun male, che era perfettamente guarita».
Ogni giorno arrivano a Medjugorje circa tremila pellegrini. Molti, fra essi, sono i bisognosi e gli ammalati che chiedono una grazie alla Madonna, che si portano a casa una reliquia: una manciata di terra raccolta sul Podbrdo, il colle delle prime visioni celesti, un po’ dell’acqua benedetta della chiesa parrocchiale, un fazzoletto strofinato sulla statua lignea della Vergine collocata davanti all’altare maggiore. Alcuni postulanti preferiscono avvalersi dell’intercessione di uno dei sei ragazzi che sostengono di «colloquiare» quotidianamente con la Madonna. Più spesso si rivolgono a Vicka Ivankovic, la meglio disposta ad ascoltare le suppliche dei diseredati dalla sorte.
Vicka mi racconta: «C’è sempre gente che ci aspetta, alla vigilia o alla fine della messa vespertina, per consegnarci una lettera o un biglietto, per supplicare una raccomandazione, per chiederci di invocare la Vergine in loro favore. Noi cerchiamo di accontentare tutti, facciamo del nostro meglio, anche se le richieste d’aiuto sono tante e continuano ad aumentare in misura impressionante».
Vida risponde: «Ne parliamo appunto con la Madonna quando ci appare in sagrestia dopo la recita del rosario e prima che inizi la messa vespertina. In genere facciamo una richiesta collettiva a favore di tutti i bisognosi. Più raramente, nei casi più gravi e dolorosi, ci occupiamo di una sola persona, perorando un’unica supplica. Ci è accaduto già molte volte che, dopo pochi giorni, i bisognosi vengano a ringraziarci perché hanno ottenuto dalla Vergine la grazia richiesta».
Una autorevole conferma al quasi quotidiano succedersi di piccoli e grandi miracoli mi arriva anche da padre Ljudevit Rupcic del convento francescano di Sarajevo. Il frate ha l’aspetto di uno che parla con cognizione di causa, che non si lascia vincere dalle apparenze né dalle suggestioni. È anche un uomo di grande saggezza e cultura: insegnante di sacra scrittura, ha tradotto dal greco biblico in croato il Nuovo Testamento. Mi dice: «Il valore sta nella fede più che nel miracolo in se stesso. Certi fatti sono comunque razionalmente inspiegabili».
Padre Rupcic ha scritto un libro sugli eventi di Medjugorje, e un intero capito lo ha dedicato ai miracolati. Ecco qui sotto, fedelmente tradotti, alcuni casi fra i più significativi.
Matija Scuban Lauc, nata a Studenac, residente a Karlsruhe (Germania). Racconta: «Avevo paralizzate la gamba e la mano sinistra. Il 20 settembre 1981, durante la preghiera nella chiesa di Medjugorje, ho sentito una forte scossa elettrica che mi trapassava il corpo, in particolar modo la gamba sinistra. Mi sono alzata e sono andata a fare la comunione senza aiuto». Fino a quel giorno la donna aveva bisogno di aiuto per camminare. Tre volte era già stata operata, ma senza successo. L’11 marzo 1982 la signora Matija ha scritto alla parrocchia di Medjugorje annunciando la propria guarigione. Ha inviato anche i referti medici del 4 gennaio e del 18 febbraio 1982.
Marica Kvesic di Podvranic-Kocerin è stata ammalata di rilassamento dei muscoli. Non poteva muovere gli arti. Non poteva nemmeno mangiare con le proprie mani. È stata inutilmente curata presso molti ospedali jugoslavi. Sua sorella Branka e sua madre sono state sei volte in pellegrinaggio a Medjugorje. Poi è andata anche lei e una domenica ha ottenuto la grazia. Adesso cammina normalmente, mentre prima doveva usare la carrozzella. La sua guarigione è avvenuta in chiesa durante la recita dei sette rosari. Marica ritiene che la sua guarigione sia un dono di Dio per intercessione della Madonna. Questo ha dichiarato lei personalmente il 20 febbraio 1982. Nella stessa occasione ha anche presentato i documenti medici.
Jerko Juric di Veljaci (Ljubuski), residente a Parigi. Aveva un figlio con un difetto congenito alle tempie, sull’osso parietale destro e sull’occhio. Ricoverato in ospedale, i medici parigini si dichiarano impotenti a curare il piccolo. Allora il signor Juric prese la sua auto e con il figlioletto andò in pellegrinaggio a Mejugorie. Arrivato nel villaggio jugoslavo, salì sul colle di Podbrdo e raccolse alcune manciate di terra nel luogo ove la Madonna era apparsa per la prima volta il 24 giugno 1981. Con questa terra sfregò poi il capo del bambino che immediatamente guarì.
Fonte www.temponuovo.net
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