Nasce nel 1447 in una delle principali famiglie genovesi. A sedici anni viene data in moglie a Giuliano Adorno, appartenente ad una importante famiglia ghibellina. Vive una vita frivola e mondana ma dopo un incontro con la sorella suora, decide di cambiare vita e condivide le sue esperienze mistiche e caritative con un piccolo gruppo di figli spirituali.
Muore il 15 settembre 1510. Dopo la conversione, la vita di Caterina ha il proprio centro nel rapporto con Cristo. Non si dedica però solo alla contemplazione, ma anche all’azione, rivolgendo il suo impegno concreto soprattutto agli ammalati. Opera nella Compagnia delle dame della Misericordia e inizia a visitare il lebbrosario di san Lazzaro, svolge le mansioni più umili; cura pure i bambini abbandonati e fronteggia varie epidemie di peste. Nel 1497 fonda la prima «Compagnia del divino amore», che sarà il modello per analoghe istituzioni di altre città italiane nel quadro di quella che è stata chiamata la Riforma cattolica. Il suo corpo è conservato nella chiesa genovese della Santissima Annunziata in Portoria. (Avvenire)
Etimologia: Caterina = donna pura, dal greco
Martirologio Romano: A Genova, santa Caterina Fieschi, vedova, insigne per il disprezzo del mondo, i frequenti digiuni, l’amore per Dio e la carità verso i bisognosi e gli infermi.
Nel 1494-95 l’esercito del re francese Carlo VIII ha percorso l’Italia, portando con sé, come dice Francesco Guicciardini, i semi “di orribilissimi accidenti… e infermità fino a quel dì non conosciute”. L’infermità che atterrisce è la sifilide. Esisteva già, ma lo scorrazzare degli eserciti l’ha propagata in dimensioni catastrofiche e con effetti ripugnanti. I malati ricchi chiamano i medici in casa, quelli poveri muoiono per le strade, nei fossi. Ma a Genova, nel 1497, emerge un gruppo che si dedica a questi scarti umani, li accoglie, li nutre, li cura. Animatrice: una signora di rango, Caterina Fieschi, moglie del nobile Giuliano Adorno. Li hanno sposati le famiglie e sono due malmaritati, che stanno insieme per ragioni di facciata; e delle avventure di lui parla tutta Genova.Lei però si libera da questa situazione attraverso un’esperienza mistica che la porta a guidare in Genova la reazione evangelica alla decadenza della Chiesa, anche attraverso la dedizione agli abbandonati; a diventare riformatrice con largo anticipo, attirando nell’impresa anche il marito, e dirigendo l’impegno dei rinnovatori verso un obiettivo preciso: vivere l’esperienza dell’amore di Dio andando dai più infelici e disprezzati. “Andava lei e nettava le miserie e brutture di detti infermi e poveri… con puzze quasi intollerabili et trovava anche quelli che dicevano parole terribili di disperazione”. Qui c’è un aspetto applicato della sua esperienza, che non si ferma a quest’opera com’è descritta dai suoi discepoli. Caterina è una mistica che si tuffa nella realtà, con singolari doti che nel XX secolo si chiameranno manageriali: cambia organizzazione negli ospedali, cerca il nuovo e il meglio tra medici e cure. Ma parte sempre dall’idea di Dio-Amore, di quest’amore che va trasmesso subito a tutti, cominciando dai disperati.Il notaio e umanista genovese Ettore Vernazza, su impulso di lei, dà vita alla fraternità del Divino Amore, movimento di clero e di laici protesi a una riforma radicale della vita cristiana, che servirà di modello ad altre associazioni simili, tutte fondate sulla riforma interiore da un lato e sullo spendersi dall’altro, in ogni necessità.
“Madonna Caterinetta”, come la chiamano, si ammala anche di peste curando una malata. E i suoi discepoli scrivono che, “sanata che fu, ritornò al servizio dell’hospidal con gran cura e diligenzia”. Il movimento di riforma cattolica, dall’interno e senza ribellione, reagisce all’indifferenza colpevole di Roma insegnando e facendo, dando coraggio a molti cristiani anche nei tempi più demoralizzanti. Bisogna “piantare in li cori nostri il divino amore, cioè la carità”. Questo è l’insegnamento di Caterina, dispensato e vissuto fino alla morte; la ricetta contro l’inerzia, la premessa per la ripresa. Morta nel 1510, Caterina Fieschi Adorno sarà canonizzata da Clemente XII nel 1737.
La Diocesi di Genova ne celebra il culto il 12 settembre.
Autore: Domenico Agasso