Pietro da Morrone, sacerdote, condusse vita eremitica. Diede vita all’Ordine dei “Fratelli dello Spirito Santo” (denominati poi “Celestini “), approvato da Urbano IV, e fondò vari eremi. Eletto papa quasi ottantenne, dopo due anni di conclave, prese il nome di Celestino V e, uomo santo e pio, si trovò di fronte ad interessi politici ed economici e a ingerenze anche di Carlo d’Angiò. Accortosi delle manovre legate alla sua persona, rinunziò alla carica, morendo poco dopo in isolamento coatto nel castello di Fumone. Giudicato severamente da Dante come “ colui che per viltade fece il gran rifiuto “, oggi si parla di lui come di un uomo di straordinaria fede e forza d’animo, esempio eroico di umiltà e di buon senso.
Isernia, 1215 – Rovva di Fumone, Frosinone, 19 maggio 1296
(Papa dal 29/08/1294 al 13/12/1294)
Patronato: Isernia
Etimologia: Celestino = venuto dal cielo, dal latino
Martirologio Romano: A Fumone vicino ad Alatri nel Lazio, anniversario della morte di san Pietro Celestino, che, dopo aver praticato vita eremitica in Abruzzo, celebre per fama di santità e di miracoli, ottuagenario fu eletto Romano Pontefice, assumendo il nome di Celestino V, ma nello stesso anno abdicò dal suo incarico preferendo ritirarsi in solitudine.
Al secolo si chiamava Pietro Angeleri ed era nato verso il 1215 a Isernia (Campobasso) da modesti contadini, penultimo di dodici figli. Dalla madre, rimasta vedova, fu avviato agli studi ecclesiastici, ma siccome si sentiva attratto dalle austerità della vita monastica, a vent’anni Pietro si fece benedettino a Faifoli (Benevento), che lasciò dopo pochi anni per vivere da eremita in una grotta sul monte Palleno. Dopo tre anni fu ordinato sacerdote a Roma.
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Ritornò a condurre vita eremitica sul Monte Morrone, nei pressi di Sulmona, assetato di preghiera, di quotidiani digiuni e macerazioni.
Ben presto incominciarono ad accorrere a lui dei discepoli coi quali si stabilì sulla Maiella, attorno all’oratorio dello Spirito Santo, e costituì nel 1264, con l’approvazione di Urbano IV, gli Eremiti di San Damiano, detti poi Celestini, viventi secondo la regola benedettina interpretata con molta severità. Quando venne a sapere che al Concilio di Lione (1274) si volevano limitare i nuovi ordini, vi si recò in persona. Giunse che il concilio era già finito, però fu ricevuto dal Beato Gregorio X che confermò la sua congregazione (1275) costringendo così i vescovi a restituire i beni di cui si erano già appropriati. Beneficati dal Cardinale Latino Malabranca OP. e da Carlo II, re di Napoli, i religiosi di Pietro Morrone moltiplicarono i monasteri e incorporarono abbazie in decadenza come quelle di Santa Maria di Faifoli e San Giovanni in Piano di cui il fondatore fu successivamente abate.
Consultò allora esperti canonisti, tra cui Benedetto Gaetani, e tutti gli risposero che il papa poteva abdicare per sufficienti motivi. Appena i napoletani ebbero sentore che un papa così buono e così facile a lasciarsi ingannare stava per abbandonarli, invasero Castel Nuovo. Celestino V riuscì a calmarli a stento con vaghe promesse e l’autorizzazione di fare preghiere e processioni per chiedere a Dio più luce. Dopo aver preparato con il Gaetani l’atto di rinuncia al potere pontificale e una costituzione che riconosceva al pontefice la facoltà di dimettersi, il giorno di S. Lucia convocò il concistoro, ordinò ai presenti di non interromperlo, poi con voce alta e ferma lesse la sua rinuncia libera e spontanea al potere delle somme chiavi “per causa di umiltà, di perfetta vita e preservazione di coscienza, per debolezza di salute e difetto di scienza, per ricuperare la pace e la consolazione dell’antico vivere'”. Fra le lacrime degli astanti depose le insegne papali per rivestirsi del suo vecchio saio. Bene ha scritto E. Casti in occasione del VI centenario dell’incoronazione di Celestino V; “L’abdicazione di lui non fu ne una viltà, ne un atto di eroismo; fu il semplice compimento dello stretto dovere che incombe a chiunque a assunto un ufficio sproporzionato alle proprie forze. Il dovere morale di restare al suo posto non poteva obbligare perché in contrasto con l’interesse più imperioso del bene comune”.
Il 24 dicembre fu eletto papa il cardinal Gaetani col nome di Bonifacio VIII. Uno dei suoi primi atti fu di annullare tutti i favori accordati dal suo predecessore il quale bramava far ritorno al suo eremo, mentre il papa voleva che lo seguisse in Campania per impedire eventuali scismi o ribellioni.
Di mala voglia egli si mise in cammino con l’abate di Monte Cassino. Giunto a San Germano approfittò della sosta per farsi dare un cavallo e fuggire a Monte Morrone, dove per due mesi rimase nascosto alle ricerche dei messi papali. Tentò in seguito la fuga in Grecia, ma una tempesta lo sospinse sul litorale di Vieste. Tradotto nel castello di Fumone vi morì il 19-5-1296 cantando salmi. Clemente V lo canonizzò nel 1313. Le sue reliquie sono venerate a L’Aquila, nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio.
Autore: Guido Pettinati
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