Giorgio, il cui sepolcro è a Lidda (Lod) presso Tel Aviv in Israele, venne onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La sua memoria è celebrata in questo giorno anche nei riti siro e bizantino. (Mess. Rom.)
Patronato:Arcieri, Cavalieri, Soldati, Malati di sifilide, Esploratori/Guide AGESCI
Etimologia: Giorgio = che lavora la terra, dal greco
Emblema: Drago, Palma, Stendardo
I. FONTI
L’antichità e la diffusione del culto di Giorgio, ampiamente testimoniati da documenti letterari e monumenti archeologici, non hanno adeguata corrispondenza nelle notizie biografiche del santo, anzi, la passio Georgii è classificata tra le opere apocrife dal Decretum gelasianum (496). E’ pertanto necessario rifarsi a testimonianze estranee alla passio per essere accertati della sua esistenza e di alcuni dati biografici essenziali.
A Lydda (Diospoli), in Palestina, era venerato il suo sepolcro, come risulta da Teodosio Perigeta (ca. 530; De situ terrae sanctae, in CSEL, XXXIX, Vienna 1898, p. 139: «in Diospolim, ubi sanctus Georgius martyrizatus est, ibi et corpus eius est et multa mirabilia fiunt»); da Antonino da Piacenza (ca. 570; Itinerarium, ibid., p. 176) e da Adamnano (ca 670; De Locis sanctis, III, 4, ibid., pp. 288-94).
I resti archeologici della basilica cimiteriale ancor oggi visibili (D. Baldi, Guida di Terra Santa, Gerusalemme 1953, pp. 332-33) sono da alcuni attribuiti ad una costruzione costantiniana, comunque molto vicina alla data della morte del martire. Inoltre, un’epigrafe greca, rinvenuta in Eaccaea di Batanea e datata dal Delehaye al 368, parla di una «casa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni», o chiesa, dedicata al santo qualche decennio dopo la sua morte.
Oltre questi pochi elementi non c’è che la passio leggendaria di cui la più antica redazione è contenuta nel palinsesto greco 954 della Biblioteca Nazionale di Vienna, dal Detlefsen pubblicata nel 1858 e da lui datata agli inizi del sec. V, che è forse la stessa elencata nel citato Decretum gelasianum.
I documenti posteriori – nuove redazioni della passio e altri racconti – se offrono notizie intorno al culto, sotto l’aspetto agiografico non fanno che complicare fino all’inverosimile la leggenda che solo tardivamente si abbellisce dell’episodio del drago e della fanciulla salvata dal santo.
Le molte passiones prima greche, poi, dal periodo delle Crociate latine, offrono sempre nuove notizie sulla vita del santo: conceptio, nativitas, vita, miracula, martyrium. Ad esse fanno eco homeliae, laudationes e sermones (elenchi in BHG, I, pp. 212-23, nn. 669y-691y, ed in BHL, I, pp. 502507, nn. 3363-406; Suppl., pp. 143-46, nn. 3363-404) a cui sono da aggiungere testi ritrovati e pubblicati successivamente, ad es. Miracula s. Georgii (ed. I. B. Aufhauser, Lipsia 1913), la passio in due codd. dell’Ambrosiana (secc. XI e XII, ed. A. Saba, in Aevum, VII [1933], pp. 3-22 e gli Acta s. Georgii contenuti nell’interessante cod. papiraceo greco del sec. VII-VIII (L. Casson – E. L. Hettich, Excavations at Nessana, II, Literary papyri, Princeton 1950, pp. 123-42).
Una redazione della passio, tra le più antiche, che ebbe grande fortuna è quella contenuta nel cod. Vat. Gr. 1660, del 916, tradotta in latino dal Lippomano, da cui dipendono il panegirico di Andrea di Creta (m. 767) ed il Menologio di Metafraste (ca. 964). Altre redazioni parallele o dipendenti, secondo gli autori citati dal Delehaye (p. 45), furono raccolte e studiate da K. Krumbacher e A. Ehrhard nel 1911. Materiale notevole venne pubblicato fin dal 1675 negli Acta SS.
Oltre che in latino, la passio fu tradotta in copto, armeno, etiopico, arabo, per l’uso liturgico che allora si faceva delle Vitae dei santi.
II. VITA
Secondo la «prima» leggenda e i successivi ampliamenti, fin dalla concezione Giorgio è predestinato a grandi cose; la sua nascita porta grande gioia ai genitori Geronzio, persiano, e Policronia, cappadoce, che lo educano religiosamente fino al momento in cui entra nel servizio militare.
Il martirio avviene sotto Daciano imperatore dei Persiani (che però in molte recensioni è sostituito da Diocleziano, imperatore dei Romani) il quale convoca settantadue re per decidere le misure da prendere contro i cristiani. Giorgio di Cappadocia, ufficiale delle milizie, distribuisce i beni ai poveri, e, davanti alla corte, si confessa cristiano; all’invito dell’imperatore di sacrificare agli dei si rifiuta ed iniziano le numerose e spettacolari scene-di martirio. Giorgio viene battuto, sospeso, lacerato e gettato in carcere, dove ha una visione del Signore che gli predice sette anni di tormenti, tre volte la morte e tre la resurrezione. Quindi ha la meglio sul mago Atanasio che si converte e viene martirizzato; tagliato in due con una ruota irta di chiodi e spade, Giorgio risuscita convertendo il magister militum Anatolio e tutte le sue schiere che vengono passate a fil di spada. A richiesta del re Tranquillino risuscita diciassette persone morte da quattrocentosessant’anni, le battezza e la fa sparire; entra in un tempio pagano e con un alito abbatte gli idoli. L’imperatrice Alessandra si converte e viene martirizzata; l’imperatore lo condanna nuovamente a morte e il santo, prima di essere decapitato, implora da Dio che l’imperatore ed i settantadue re siano inceneriti; esaudita la sua preghiera si lascia decapitare promettendo protezione a chi onorerà le sue reliquie.
La leggenda della fanciulla liberata dal drago per opera di Giorgio sorse successivamente: sembra che il racconto di tale episodio sia nato, al tempo dei Crociati, dalla falsa interpretazione di un’immagine dell’imperatore Costantino che si trovava allora a Costantinopoli, cosí descritta da Eusebio (Vita Constantini, III, 3, in PG, XX, col. 1058) «salutare signum capiti suo superpositum imperator draconem (inimicum generis humani) telis per medium ventris confixum sub suis pedibus… depingi voluit», e dal XVII panegirico di s. Giorgio, recitato da s. Andrea di Creta (ihíd., XCVII, col. 1189): « Benedictus Dominus qui non dedit nos in praedam dentibus eorum » (Ps. 123, 6).
La fantasia popolare ricamò sopra tutto ciò, ed il racconto, passando per l’Egitto, dove Giorgio ebbe dedicate molte chiese e monasteri, divenne una leggenda affascinante la cui diffusione fu probabilmente facilitata anche da una scena (di cui un esemplare si trova ora al Louvre), raffigurante il dio Horu, purificatore del Nilo, cavaliere dalla testa di falco, in uniforme romana, in atto di trafiggere un coccodrillo tra le zampe del cavallo.
Circa il nome, questo Giorgio non è da confondere con altri omonimi, né con i vari Gregorio, e l’etimologia del termine (= agricoltore) ha dato luogo ad originali commenti dell’analogo brano evangelico (Io. 15, 1-7). Inoltre, la qualità dei supplizi richiama la leggenda greca di Perseo e di Andromeda, e la celebre storia del drago, senza il quale non possiamo immaginare la figura di s. Giorgio, si legge con tutti i suoi particolari nel Martirio di s. Teodoro (Anal. Boll., II [1883], pp. 359 sgg.; cf. anche: I martiri di s. Teodoro e di s. Ariadne, in Franchi de’ Cavalieri, 6, p. 92, n. 5).
Circa l’anno del martirio, il Ruinart, seguendo il Chronicon alexandrinum seu paschale (PG, XCVI, col. 680), fissa il 284; altri il 249-51; altri ancora, interpretando come Diocleziano il nome di Daciano, lo pongono al 303. Perché poi nella redazione più antica della passio, Diocleziano sia diventato Daziano, sembra da spiegare per la triste rinomanza acquistata da un governatore romano della Spagna nell’epoca dioclezianea, di nome appunto Daziano, tanto feroce contro i cristiani da esser chiamato il «drago degli abissi». I1 nome tra il IV e il V sec. si diffuse in Oriente, tanto che fu poi portato da vari sovrani della Georgia. L’attribuzione, pertanto, del martirio di Giorgio al tempo di Diocleziano sembra la più probabile.
La sua professione di militare potrebbe derivare da una identificazione con il tribuno che strappò l’editto di Galerio contro i cristiani in Nicomedia, secondo quanto è narrato da Eusebio (Hist. eccl., VIII, 5, in PG, XX, coll. 749-52); ma la localizzazione del culto in Lydda rende improbabile tale identificazione.
III. CULTO
Forse nessun santo ha riscosso tanta venerazione popolare quanto s. Giorgio e a testimonianza di ciò sono le innumerevoli chiese dedicate al suo nome.
A Gerusalemme esisteva nel sec. VI un monastero con chiesa a lui dedicata, come attesta un’epigrafe coeva (J. Perrot, in Syria, XXVII [1950], pp. 194-96); a Bisanzio, come abbiamo visto, era venerato nell’orfanotrofio.
A Gerico fu dedicato a s. Giorgio nel sec. VI un monastero (P. Abel, in Revue Biblique, VIII [1911], pp. 286-89).
A Zorava, nella Traconitide, un’iscrizione del 515 narra l’apparizione di s. Giorgio a Giovanni figlio di Diomede (Delehaye, Origines, p. 86).
A Beiruth il santo riscosse grande venerazione specialmente dopo la vittoria dei Crociati (C. Astruc, Saint Georges à Beyrouth, in Anal. Boll., LXXVII [1959], pp. 54-62) e nell’Iraq numerose erano le chiese a lui dedicate (J.-M. Fiey, Mossoul chrétienne, Beiruth 1959, p. 105).
Grande venerazione riscosse Giorgio in Etiopia, dove la conoscenza delle sue gesta giunse attraverso l’Egitto, ed in Georgia, paese di cui fu ritenuto oriundo (V. Arras, Miraculorum s. Gregorii megalomartyris collectio altera, in CSChO, CXXXVIII-XXXIX, Script. aeth., 31-32, Lovanio 1953; id., La Collection éthiopienne des miracles de s. Georges, in Atti del Convegno internazionale di. Studi Etiopici…, Acc. Naz. dei Lincei, quad. 48, Roma 1960, pp. 273-84).
A Magonza, secondo le testimonianze di Venanzio Fortunato, il quale in cinque distici celebra le gesta del martire orientale, largamente venerato sub occiduo cardine, gli era stata dedicata una basilica a metà del sec. VI (Carm., II, 16, in PL, LXXXVIII, col. 107) ed a Bamberga, Enrico II fondò una chiesa in suo onore.
Anche in Italia il culto a s. Giorgio fu assai diffuso. A Roma, Belisario (ca. 527) affidò alla protezione del santo la porta di S. Sebastiano e ai due santi insieme è dedicata la chiesa del Velabro, dove venne trasferito il cranio di Giorgio trovato nel patriarchio lateranense da papa Zaccaria (Lib. pont., I, p. 434).
A Ravenna fin dal sec. VI esisteva una chiesa a lui dedicata nel campo «Coriandro», presso il sepolcro di Teodorico, come ci attesta la biografia del vescovo Agnello (m. 570): “similiter et ecclesiam beati Georgii reconciliavit temporibus Basilii juniores” (Codex pontificalis Ecclesiae Ravennatis, in RIS, II, 3, p. 217; cf. anche p. 118). Altra chiesa dedicata al santo, S. Georgii de porticibus, si trovava nella Regio Caesarum. Dalla capitale bizantina il culto si estese ben presto a Ferrara (ca. 657) dove fu scelto quale patrono della città primitiva ed in seguito della nuova, dopo la traslazione di reliquie nella nuova cattedrale (1110-35).
A Cornate (Milano) il re Cuniberto (678-688) dedicava una chiesa a s. Giorgio (C. Marcora, Il messale di Civate, Civate 1958, p. 38) e a Napoli, agli inizi del sec. V, il vescovo Severo fondava la basilica di S. Giorgio Maggiore (Mallardo, p. 577). Nei paesi bizantini fu venerato, unito a s. Demetrio, con l’appellativo di «Dioscuri cristiani» (cf. A. Stylianon, The pointed churches of Cyprus, Cipro 1964, p. 145, fig. 68).
Agli inizi del sec. VI Clodoveo, re dei Franchi, dedicò un monastero al santo e s. Germano di Parigi (m. 576) ne diffuse il culto.
In Inghilterra, la fama del martire palestinese era già ampiamente diffusa sin dall’epoca anglosassone, ma il suo culto assunse ancora maggiore sviluppo dopo la conquista normanna (sec. XI) quando in tutto il paese gli furono dedicate numerose chiese.
Le invasioni musulmane, interrompendo il flusso dei pellegrinaggi verso l’Oriente, parvero far decadere il culto di Giorgio; ma le Crociate ne segnano una nuova fase ed esso si riaccende con maggiore intensità quando i Crociati furono da lui assistiti mentre stavano per essere sconfitti dai Saraceni ad Antiochia nel 1089. Conquistata Giaffa e la vicina Lydda i Crociati ricostruirono la basilica cimiteriale incendiata dal califfo Hakõm ottant’anni prima. E’ di questo periodo la diffusione in Occidente dell’episodio della fanciulla liberata dal dragone per intervento di Giorgio. Tale racconto, accreditato da Giacomo di Varazze nella Legenda aurea, non si trova, ovviamente, nelle fonti più antiche.
Per tutto il Medio Evo, si rinsalda in Inghilterra il culto già nel passato tributato a Giorgio; Riccardo I durante la III Crociata disse di aver visto il santo con lucente armatura guidare le truppe cristiane alla vittoria; al tempo di Enrico III, la festa di Giorgio fu considerata festa d’obbligo; Edoardo III introdusse il famoso grido di battaglia St. George for England, e fondò nel 1348 l’Ordine di S. Giorgio, detto «della Giarrettiera»; al tempo di Enrico V l’arcivescovo di Ganterbury prescriveva per la festa del santo la stessa solennità del Natale. Ancora oggi gli Anglicani hanno conservato il nome di Giorgio nel loro calendario e la rossa croce di S. Giorgio in campo bianco campeggia sulla bandiera inglese.
I paesi che hanno il santo martire palestinese come patrono sono innumerevoli: prime fra tutte le città marinare di Genova, Venezia e Barcellona da cui, coi Crociati, partivano i commercianti per l’Oriente. Tra i molti Ordini religiosi e cavallereschi, oltre ai Benedettini a lui devoti, ricordiamo l’Ordine Teutonico, il già citato «Ordine della Giarrettiera», l’Ordine militare di Calatrava di Aragona, a cui Bonifacio IX concesse di portare in guerra vexilla sancti Georgii (Reg. Aven. 305, f. 289v.), ed il “Sacro militare Ord. Costantiniano di S. Giorgio”, la cui fondazione, senza peraltro solide basi storiche, è da alcuni attribuita a Costantino e da altri ad Angelo Comneno nel 1190. Nel 1690, Andrea Flavio, l’ultimo dei Comneni, cedette i suoi diritti a Gianfrancesco Farnese duca di Parma, che, a sua volta, li cedette all’Infante di Spagna divenuto re di Napoli, il quale diede all’Ordine il nome attuale, oltre che una nuova costituzione. Gli ultimi statuti risalgono al 1934; l’Ordine è riconosciuto dalla S. Sede. L’insegna è una croce gigliata, smaltata di porpora, con al centro il monogramma; negli angoli della croce le lettere I H S V (in hoc signo vinces).
Giorgio è inoltre protettore, con s. Sebastiano e s. Maurizio, dei cavalieri e dei soldati, degli arcieri e degli alabardieri, degli armaioli, dei piumaroli (elmo) e dei sellai; infine era invocato contro i serpenti velenosi, contro la peste, la lebbra e la sifilide e, nei paesi slavi, contro le streghe.
La celebrazione liturgica
I calendari orientali riportano la commemorazione di Giorgio al 23 aprile recensendone le gesta secondo le passiones conosciute (J. M. Fiey, Le Sanctoral syrien oriental d’après les Evangéliaires et Bréviaires du XI au XIII siècle, in L’Orient syrien, VIII [1963], p. 37), alla stessa data lo commemora il Calendario marmoreo di Napoli del sec. IX, di spiccata influenza bizantina (D. Mallardo, Il Calendario marmoreo di Napoli, in Ephemerides liturgicae, XVIII [1947], pp. 149-50).
Anche i calendari delle Chiese occidentali fissano la commemorazione anniversaria del martirio di s. Giorgio al 23 aprile (W. H. Frere, Studies in early Roman Liturgy [ = Alcuin club collections, XXVIII], Oxford 1930, pp. 100-101; v. anche P. Perdrizet, Le calendrier parisien à la in du moyen-age, Parigi 1933, pp. 123-24; cf. p. 149) e solo le chiese dell’Italia settentrionale riportano la celebrazione al giorno seguente (24), come si ha da un calendario modenese del sec. XI (ed. B. Bacchini, in Rerum ital. script., II [1718], p. 145), dai Messali e Breviari ferraresi e dall’uso milanese che forse ha influenzato le diocesi dell’Emilia altra volta sue suffraganee (E. Cattaneo, L’evoluzione delle feste di precetto dal sec. XIV al XX, Milano 1956, pp. 74, 136, per gli anni 1396 e 1498; per Pavia cf.: L. Valle, Le reliquie di s. Giorgio, Pavia 1903, p. 15, n. 1). Nel Martirologio Geronimiano figura al 15, 23, 24, 25 apr. e al 7 maggio, ma solo in codd. tardivi.
Il Sacramentario Leoniano del V sec. (ed. L. C. Mohlberg, p. 16) contiene i testi della Messa di s. Giorgio martire e non di s. Gregorio (Frere, loc. cit.) che venivano letti nella stazione che si teneva al Velabro “eius passio contulit hodiernum in tua virtute conventum”; mentre il più tardivo (secc. VII-VIII) Sacramentario Gregoriano (ed. H. A. Wilson, p. 27) sembra essere influenzato dalle fantastiche passiones (diversa supplicia sustinuit) cosí come gli antichi testi liturgici «propri», mentre l’orazione del Messale attuale era già in uso nei Sacramentari e Messali latini dal sec. IX (P. Bruylants, Les oraisons du Missel romain, II, in Etudes liturgiques, I, Lovanio 1952, n. 401).
I1 sinodo provinciale di Colonia del 1308 (Kellner, p. 22) elencava la festa di s. Giorgio tra quelle di precetto ed il De Officiis palatii di Giorgio Codino indicava il giorno di s. Giorgio tra quelli in cui l’imperatore, al tempo dei Paleologi, partecipava solennemente alle celebrazioni religiose in Costantinopoli (ed. J. Goar, Bonn 1839, p. 81; cf. anche indice).
Fino a qualche decennio fa la festa di Giorgio era di precetto in diverse diocesi di cui era patrono (ad es. Ferrara, Gnesen), ma, mutate condizioni sociali, suggerirono la soppressione del precetto religioso, mentre ultimamente la S. Congregazione dei Riti ha ridotto di grado (e non soppressa come erroneamente fu scritto) tale festa per mancanza di notizie biografiche sicure da inserire nella liturgia (AAS, LII [1960], pp. 690, 706).
Reliquie
Grande venerazione riscosse il sepolcro del martire e le sue reliquie furono trasferite probabilmente durante l’invasione persiana all’inizio del sec. VII o poco dopo, all’arrivo dei musulmani.
S. Gregorio, vescovo di Tours (m. 594), nell’opera Miracolorum liber, I, CI (ed. T. Ruinart, in PL, LXXI, coll. 792-93) ricorda la traslazione di reliquie a Limoges ed a Le Mans. A Roma il cranio del martire riscosse venerazione nella basilica di S. Giorgio in Velabro fin dal sec. VIII; nel 1600 ne fu trasferita una parte a Ferrara. Nell’852 Pietro della Marca spagnola ricorda la traslazione in Spagna di reliquie di s. Giorgio e di s. Aurelio (Marca Hispanica, Parigi 1688, col. 357). I1 conte Roberto di Fiandra, nel 1110 portò a Ferrara un braccio di s. Giorgio, donandolo alla contessa Matilde la quale, a sua volta, lo donò alla nuova cattedrale della città che venne dedicata al santo nel 1135, come ci attesta la prima iscrizione poetica italiana (G. Bertoni, La fondazione della cattedrale di Ferrara e l’iscrizione del 1135, in La cattedrale di Ferrara, Verona 1937, pp. 129-37; v. anche: G. Pistarino, Le iscrizioni ferraresi del 1135, in Studi medievali, sez. III, V, Spoleto 1964, pp. 66-160):
«Il mille cento trenta cenque nato
fo questo templo a san Giorgio donato
da Glielmo ciptadin per so amore
et ne fo l’opra Nicolao scolptore».
La stessa reliquia, nel 1388, fu racchiusa dal vescovo Marcapesi in un artistico reliquiario d’argento (M. A. Guarini, Compendio historico delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, pp. 14-15). Nel 1462, al tempo dell’abate di S. Giorgio Maggiore, Teofilo Beacqui da Milano, con grande pompa un altro braccio di Giorgio fu accolto a Venezia (G. Damerini, L’isola e il cenobio di S. Giorgio Maggiore, Venezia 1956, pp. 95 sgg., 136).
IV. FOLKLORE
La leggenda di Giorgio, patrimonio della cultura religiosa popolare, ebbe nuovo impulso e più ampia diffusione con la Legenda aurea di Giacomo da Varazze (m. 1298). Una Istoria di santo Giorgio cavaliero si trova nel ms. italiano Canonici 58 della Biblioteca Bodleiana di Oxford, (ed. A. Mortara, Oxford 1864, p.58; cf. pp. 204, 211) intitolato Libro dillettevole da legiere et da imparare a scrivere qual si contengono dieci instorie; questo testo, trascritto da Agostino di Cipriano verso la metà del sec. XVI, ebbe in seguito varie edd. a stampa.
Le leggende agiografiche e moraleggianti, come spesso accade, ispirarono la poesia religiosa e i canti popolari creando anche intorno a questo martire una letteratura che sembra gareggiare con quella dei cavalieri dei cicli brettone e carolingio. Il coraggio indomito nella professione della fede, la tutela generosa della giovane indifesa, l’uccisione del drago che seminava stragi umane furono motivi di esaltazione dell’eroica figura.
Nella tradizione islamica a Giorgio è dato il titolo di «profeta», ed il racconto delle sue gesta, risalente a Wahb ibn Munabbih (m. ca. 728-33), riproduce quasi alla lettera la versione siriaca della redazione più antica della leggenda, la quale, peraltro, «ignora l’aspetto guerriero della figura del santo e la localizzazione della sua battaglia contro il drago a Lydda o a Beryto, di cui, invece, la devozione popolare islamica ha conservato memoria fino ai nostri giorni» (G. Levi della Vida, cit. in bibl., p. 143).
Giorgio fa parte, inoltre, in Occidente, del gruppo dei santi Ausiliatori, cioè di quei santi la cui intercessione, secondo una tradizione popolare che si fa risalire al sec. XIV, è particolarmente efficace in determinate necessità.
Assai spesso, ed in tutte le epoche, Giorgio fu celebrato con panegirici e biografie romanzate: basti citare, fra gli scrittori più antichi Gregorio di Tours (m. 594) e Venanzio Fortunato (m. ca. 600), ricordando il panegirico di Andrea di Creta (m. 767), il sermone (sec. XI) del vescovo Zaccaria (B. Pez, Thesaurus anecdotorum novissimus, Vienna 1723, coll. 15-24) e quello (sec. XI) di s. Pier Damiani (PL, CXLIV, coll. 567-72; cf. anche coll. 145, 1032); il trovatore Wace (ca. 1170), Giacomo da Varazze (m. 1298) e Giacomo Stefaneschi (BHL, Suppl., n. 3401b) fissano l’immagine del santo nella sua leggendaria lotta col drago (cf. la scultura nella lunetta della porta maggiore del duomo di Ferrara, sec. XII-[XIII]) che sarà fonte d’ispirazione per l’arte figurativa dei secoli successivi.
Numerosi sono inoltre i «sacri misteri» che celebrano il martire; nel sec. XV era in grande voga il Ludus draconis, che venne in seguito imitato dai «giuochi» delle corti rinascimentali.
In Inghilterra numerose locande portano il nome di S. Giorgio, come ricorda anche Shakespeare in Re Giovanni (atto II, 288); una filastrocca recitata dai bambini dell’Inghilterra settentrionale canta s. Giorgio come cavaliere coraggioso (M. F. Bulley, St. George for Merrie England, Londra 1908, p. 30).
In Germania sono a lui dedicate molte acque ritenute miracolose; mentre nei paesi slavi si conservano consuetudini di origine pagana in riferimento all’inizio della primavera.
Da ultimo giova ricordare che l’epopea cavalleresca fiorita alla corte estense intorno all’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, simboleggia, probabilmente, nei due personaggi di Ruggero e Angelica, le figure di Giorgio e della principessa.
BIBLIOGRAFIA.: oltre alle opere citt. nel corso del testo, v.: Lippomano, Sanctorum priscorum patrum Vitae, Venezia 1559, pp. 100-104, 123-27; Acta SS. Aprilis, III, ibid. 1738, pp. 101-65, N. Nilles, Kalendarium manuale utriusque Ecclesiae, I, Innsbruck 1896, pp. 143-44; Synax. Constantinop., coll. 623-26, S. Borelli, II Megalomartire S. Giorgio, Napoli 1902 (si tratta di un tipico caso di «involuzione storica», e di assenza totale della critica storica più elementare, ma raccoglie un materiale immenso che può costituire una larga base per ulteriori indagini intorno alla diffusione del culto prestato a Giorgio; inoltre elenca tutti gli scrittori che si sono occupati del santo), H. Delehaye, Les légendes greques des saints militaires, Parigi 1909, pp. 45-76, K. Krumbacher – A. Ehrhard. Der heilige Georg in der griechischen Uberlieterung, Monaco 1911, BHL, Suppl., nn. 3363-401d, Comm. Martyr. Hieron. pp. 205-209; G. Antonucci, La leggenda di S. Giorgio e del drago, in Emporium, LXXVI (1932), pp. 79-89; Delehaye, Origines, passim; F. Cumont, Les plus anciennes légendes de saint Georges, in Revue de l’histoire des religions, CXIV (1936), estratto; Comm. Martyr. Rom., p. 132; Vies des Saints, IV, pp. 591-95, BHG, I, pp. 212-23 nn. 669v-691v; C. Giannelli, Epigrammi di Teodoro Prodromo in onore dei santi megalomartiri Teodoro, Giorgio e Demetrio, in Studi in onore di Luigi Castiglioni, Firenze 1960, pp. 333-71, O. Grosso, San Giorgio nell’arte e nel cuore dei popoli, Milano 1962; L. Santucci, Leggende cristiane, ibid. 1963, pp. 84-85 (riporta la Legenda aurea); P. Toschi, La leggenda di s. Giorgio nei canti popolari italiani, Firenze 1964, M. del Donno, Poesia popolare religiosa. Studi e testi di leggende agiografiche e moraleggianti del Sannio beneventano, in Biblioteca di « Lares » XIII, ibid. 1964, p. 76; G. Levi della Vida, Leggende agiografiche cristiane dell’Islam, in L’Oriente cristiano nella storia della civiltà, Roma 1964, p. 143.
V. ICONOGRAFIA
Sarebbe compito difficile, per non dire impossibile, elencare tutte le rappresentazioni relative alla leggenda di Giorgio, perché in questo cavaliere crociato, vincitore del drago, si assommano innumerevoli elementi che hanno radici nelle più antiche mitologie e che, dalle primitive tradizioni cristiane, traggono l’eterna suggestione del male combattuto e vinto e della fede testimoniata col martirio. Per questo appunto sono facili, nella iconografia di Giorgio, le contaminazioni con altri personaggi, sacri o storici, come, ad esempio il Santiago degli spagnoli (s. Giacomo il Maggiore), s. Maurizio, s. Martino e l’imperatore Costantino. Ciò, inoltre, spiega più che a sufficienza l’abbondanza dell’iconografia stessa, la quale, volta a volta rispecchia il culto tributato ininterrottamente in Oriente a Giorgio, la sua assunzione in Occidente a simbolo di intrepida virtù, l’ispirazione fornita all’arte e alle rappresentazioni popolari, nonché ai poemi cavallereschi.
Sebbene generalmente si affermi che nel sec. XVI, tramontando in Occidente il mito della cavalleria, il culto – e, quindi, l’iconografia – di Giorgio siano stati trasferiti essenzialmente in Oriente, dove avevano avuto origine, non vi è forse stato artista europeo che, dopo quella data, non abbia subito il fascino del tema eroico del guerriero di Dio in lotta con il mostro.
Prima di tentare quello che non potrà essere che un giro d’orizzonte sul complesso argomento della iconografia di Giorgio, occorre ricordare come la sua immagine, oltre che nelle raffigurazioni di schietta ispirazione religiose, divenne simbolo frequente negli stemmi, nei suggelli, nelle bandiere e negli stendardi di città e nazioni che ne riconobbero il patronato, di ordini cavallereschi e di associazioni d’arma o di mestiere. Tra le città ricorderemo Genova e Barcellona, non dimenticando Venezia che a Giorgio dedicò ben tre chiese.
Tra le nazioni si può notare tra tutte l’Inghilterra che fatto suo lo stendardo crociato di Giorgio, dedicandogli il patronato dell’Ordine della Giarrettiera, così come in Germania sono stati posti sotto la sua protezione gli appartenenti all’Ordine teutonico. Numerosissime sono poi le associazioni che in passato, e ancora al presente, hanno assunto come simbolo l’immagine di Giorgio, protettore dei cavalieri, degli armaioli, degli arceri, ecc.
Passando all’iconografia religiosa noteremo che molte raffigurazioni, tra le più antiche, rappresentano generalmente Giorgio isolato, a piedi e con il capo nudo dai lunghi e giovanili capelli. Gli attributi sono sempre la corazza, la spada, la lancia (che in certi casi appare spezzata), talvolta lo stendardo crociato. L’immagine del santo a cavallo fa, invece, il più delle volte, parte della scena della lotta contro il drago e compare con maggiore frequenza nelle opere d’arte che illustrano i cicli e i fatti della vita. Il cavallo è prevalentemente bianco.
Iniziando un elenco, più che altro – come si è detto – indicativo delle une e delle altre raffigurazioni, si possono citare numerose sculture: del sec. XIII il bassorilievo della porta di S. Giorgio a Firenze, la statua del portico della cattedrale di Chartres, del sec. XIV la statua nella torre della cattedrale di Friburgo e quella di legno dorato, custodita nel Museo di Digione. Eccelle fra tutte la statua sulla facciata di Orsammichele a Firenze, opera di Donatello (sec. XV), mentre al sec. XVI appartengono la statua sulla facciata di S. Giorgio Maggiore a Venezia e quella bronzea nell’interno della stessa chiesa, opera di Nicolò Roccatagliata (1593), e infine, sempre in detta chiesa, la pala lignea intagliata e colorita attribuita a Pietro da Salò (sec. XVI). Pure opera di Pietro da Salò è il rilievo sul portale di S. Giorgio degli Schiavoni, sempre a Venezia, dove Giorgio è anche presente in un bassorilievo della facciata di S. Marco. Restando ancora nel campo della scultura, ritroviamo la scena della lotta con il drago nei bassorilievi della tomba dei cardinali d’Amboise (1520) nella cattedrale di Rouen.
Passando alle opere pittoriche che arricchiscono l’iconografia di Giorgio, particolare attenzione meritano le innumerevoli figurazioni bizantine, che portano l’impronta della persistente vitalità della leggenda nei luoghi stessi dove essa ebbe origine. Gli affreschi nei conventi del Monte Athos e, in particolare, del Protaton, della laura Catholicon (in cui Giorgio appare con s. Demetrio), del Xenophon (in cui, cosa rara, il santo è cefaloforo) ci rimandano tutti una immagine presso a poco simile: un giovane guerriero dai capelli ricciuti, dalla corazza romana, con spada, lancia e scudo. Nella scena del martirio di s. Autonomos, del Dyonision Trapeza, Giorgio è raffigurato su un cavallo bianco. Ma le immagini piú caratteristiche e fantasiose ce le hanno date i pittori di icone. Nella pittura russa il santo ha un posto del tutto speciale: va ricordata in modo particolare quella icona della scuola di Novgorod (sec. XVI), che riassume in tutti i loro elementi le componenti della leggenda: Giorgio a cavallo contro il drago, la fanciulla in pericolo, il popolo affacciato alle torri della città, che attende l’esito della prova. Una scena simile è riproposta in una icona, ora nel Museo di Oradea (Romania), in cui compare, però, un altro giovane che cavalca sullo stesso destriero del santo, elemento che qualche volta si ritrova anche altrove. Ancora rappresentativi della iconografia orientale sono gli affreschi del Monastero di Staro Magoricino in Serbia (1318) e, infine, gli affreschi della chiesa di Sucevitza (Bucovina), del sec. XVII. In occidente la pittura ha dato un essenziale contributo alla iconografia di Giorgio e tra gli artisti, meritano il primo posto i pittori italiani Vogliamo ricordare tra i primi il dipinto attribuito dal Berenson a Paolo Ucello, ora nella National Gallery di Londra, per il suo carattere quasi surrealista, in cui all’enorme drago dalle grandi ali ocellate, fa contrasto una esilissima vergine e al massiccio cavallo bianco si oppone un Giorgio adolescente, con un volto quasi infantile. Nel 1462 il Mantegna in un dipinto, ora all’Accademia di Venezia, ha rappresentato il santo in armi, ma con la lancia spezzata e Cosmè Tura, nel 1469, lo ha egualmente raffigurato in una tempera, già portello d’organo, nella cattedrale di Ferrara. Nello stesso secolo il Correggio dipinse Giorgio accanto alla Vergine per la chiesa dei Domenicani di Modena (ora nella Galleria di Dresda), mentre Carlo Crivelli, in una formella della pala d’altare detta Madonna della rondine (Nat. Gall. di Londra) presenta un Giorgio dalla pesante ed elaboratissima armatura, la spada levata contro il mostro.
Nel sec. XV il Pisanello ritraeva Giorgio, che si accinge ad affrontare la lotta, per la chiesa di S. Anastasia a Verona, e il Carpaccio trattava lo stesso tema in una serie famosa di dipinti (1501-1503) nella scuola di S. Giorgio degli Schiavoni a Venezia, unitamente alle storie dei santi Girolamo e Trifone. Altri episodi della leggenda sono stati affrescati da Altichiero Altichieri e Iacopo Avanzi nell’oratorio di S. Giorgio a Padova (sec. XIV). Anche Raffaello non si sottrasse al fascino del personaggio dipingendo in età giovanile, nel 1504, su ordinazione di Guidobaldo da Urbino, una tavoletta in cui Giorgio appare a cavallo, con elmo e corazza, e alza la spada sul drago, mentre a terra giace la lancia spezzata. Nel numero delle opere che hanno proposto interi cicli della leggenda, ancora a Venezia, nel sec. XVI, il Veronese dipinse il martirio di Giorgio per la chiesa di S. Giorgio Maggiore. Va fatto, infine, cenno alle numerose miniature sia dei mss. orientali sia dei Libri d’Ore e Breviari occidentali. Per ricordarne alcuni: citiamo quella del Libro d’Ore del maresciallo di Boucicault (Museo Jacquemart-André di Parigi, sec. XIV) e quella del Breviaro del Duca di Bedford (Parigi, Gal. Naz.).
Non si esaurisce certo con questi cenni il fitto elenco di immagini relative a Giorgio Quanto in questa sede è stato esposto può dare tuttavia un’idea della ricchezza iconografica a lui dedicata in Oriente e in Occidente.
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Autore: Maria Chiara Celletti