Categorie: Testimonium

I Santi di oggi – 24 Aprile San Fedele da Sigmaringen, sacerdote e martire

Marco Reyd – il futuro cappuccino fra Fedele – nato a Sigmaringen, in Germania, nel 1578, si era laureato in filosofia e in diritto all’università di Friburgo in Svizzera, e aveva intrapreso la carriera forense a Colmar in Alsazia. Accolse con entusiasmo l’invito del conte di Stotzingen, che gli affidava i figli e un gruppo di giovani perché li avviasse agli studi. Soggiornando per ben sei anni nelle diverse città dell’Italia, della Spagna e della Francia, impartì ai giovani e nobili allievi ammaestramenti che lo fecero ribattezzare col nome di “filosofo cristiano”.

Fidelis of Sigmaringen Capuchin Priest and Martyr

Poi all’età di 34 anni, abbandonò ogni cosa e tornò a Friburgo, stavolta al convento dei cappuccini. Fu guardiano al convento di Weltkirchen. Dalla Congregazione di Propaganda Fide ebbe l’incarico di recarsi poi nella Rezia, in piena crisi protestante.

Le conversioni furono numerose, ma attorno al santo predicatore si creò un’ondata di ostilità. Nel 1622, a Séwis, durante la predica, si udì qualche sparo. Fra Fedele portò ugualmente a termine la predica e poi si riavviò verso casa. All’improvviso gli si fecero attorno una ventina di soldati. Gli intimarono di rinnegare quanto aveva predicato poco prima e, al suo rifiuto, lo uccisero con le spade. (Avvenire)

Etimologia: Fedele = fidato, devoto, dal latino

Emblema: Palma
Martirologio Romano: San Fedele da Sigmaringen, sacerdote e martire, che fu dapprima avvocato e, entrato poi tra i Frati Minori Cappuccini, condusse un’austera vita di veglie e di preghiera. Assiduo nella predicazione della parola di Dio, fu mandato nei territori dell’odierna Svizzera per consolidarvi la retta dottrina e per la sua fede cattolica incontrò la morte a Seewis per mano di alcuni eretici.

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Lo chiamavano “l’avvocato dei poveri” perché difendeva gratuitamente coloro che non avevano denaro a sufficienza per pagarsi un avvocato. Marco Reyd – il futuro cappuccino fra Fedele – nato a Sigmaringen, in Germania, nel 1578, si era laureato brillantemente in filosofia e in diritto all’università di Friburgo in Svizzera, e aveva intrapreso la carriera forense a Colmar in Alsazia. Più portato ai severi studi filosofici che alle arringhe in tribunale, Marco Reyd accolse con entusiasmo l’invito del conte di Stotzingen, che gli affidava i figli e un gruppo di giovani promettenti perché li avviasse agli studi e alla conoscenza dei problemi del mondo contemporaneo.
Soggiornando per ben sei anni nelle diverse città dell’Italia, della Spagna e della Francia, impartì ai giovani e nobili allievi anche utili ammaestramenti che lo fecero ribattezzare col nome di “filosofo cristiano”. Poi all’età di 34 anni, abbandonò ogni cosa e tornò a Friburgo, stavolta al convento dei cappuccini e indossò l’umile saio di S. Francesco. Preposto per la sua saggezza alla guida di vari conventi, mentre copriva l’incarico di guardiano al convento di Weltkirchen gli abitanti della regione ebbero modo di ammirare la sua straordinaria carità e coraggio nell’assistenza ai colpiti dalla peste.
Dalla Congregazione di Propaganda Fide ebbe l’incarico di recarsi nella Rezia, in piena crisi protestante. Le conversioni furono numerose, ma l’intolleranza di molti finì per creare attorno al santo predicatore una vera ondata di ostilità, soprattutto da parte dei contadini calvinisti del cantone svizzero dei Grigioni, scesi in guerra contro l’imperatore d’Austria. Più che scontata quindi l’accusa mossa a fra Fedele d’essere un agente al servizio dell’imperatore cattolico.




Il santo frate continuava impavido la sua missione, recandosi di città in città a tenere corsi di predicazione. “Se mi uccidono – disse ai confratelli, partendo per Séwis – accetterò con gioia la morte per amore di Nostro Signore. La riterrò una grande grazia”. Era poco meno d’una profezia.

A Séwis, durante la predica, si udì qualche sparo. Fra Fedele portò ugualmente a termine la predica e poi si riavviò verso casa. All’improvviso gli si fecero attorno una ventina di soldati, capeggiati da un ministro, che in seguito si sarebbe convertito. Gli intimarono di rinnegare quanto aveva predicato poco prima. “Non posso, è la fede dei vostri avi. Darei volentieri la mia vita perché voi tornaste a questa fede”. Colpito pesantemente al capo, ebbe appena il tempo di pronunciare parole di perdono, prima di essere abbattuto a colpi di spada. Era il 24 aprile 1622. Fu canonizzato nel 1746 da Benedetto XIV.



Autore: Piero Bargellini

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