Nobile romano o comunque laziale, si chiamò Marco, o Marzio, da cui venne poi il nome di Martino, datogli da S. Gregorio Magno che nei suoi Sermoni elogiò la santità e la grandezza di questo umile seguace di Cristo.
Nacque intorno all’anno 500. Si desume ciò dal fatto che quando nell’anno 529 S. Benedetto si trasferì da Subiaco a Montecassino, trovò già sul posto questo giovane eremita, che aveva dai 25 ai 30 anni. Difatti Martino aveva scelto la montagna sovrastante Cassino come luogo di preghiera e di penitenza. Solitario abitava in un anfratto di roccia quando lo raggiunse S. Benedetto. Insieme digiunarono e pregarono per un po’ di tempo, ma non concordarono sul sistema di vita: mentre S. Benedetto voleva unire alla preghiera e alla penitenza anche l’apostolato a favore dei pastori e della povera gente che abitava in quelle case sperdute, S. Martino prediligeva la vita di solitario, eremita, dedicandosi solo alla lode perenne a Dio.. Cosicché non andando d’accordo, decisero di separarsi. S. Benedetto rimase a Montacassino, S. Martino emigrò ancora e scelse come suo luogo di preghiera Monte Massico, nella terra di Falerno, tra le contee di Carinola e di Mondragone. Trovò un anfratto di roccia, che adattò come sua cella, e tutto il giorno Martino lo passava tra preghiere, penitenze e contemplazione, rimanendo in contatto con S. Benedetto. Per rendere più dura la sua penitenza S. Martino si legò una catena al piede, fissando l’altro capo ad un ceppo di pietra e visse così per quasi tre anni. Fu poi S. Benedetto a pregarlo di sciogliersi da quella catena, bastandogli essere incatenato a Cristo per amore. S. Martino obbedì, pur continuando in una vita di estrema mortificazione e penitenza.
Il Papa S. Gregorio Magno ricorda i miracoli operati in vita da S. Martino. E la fama della santità di Martino era sempre più diffusa tra la gente dei circostanti villaggi, per cui varie persone, a gruppi spesso, andavano per chiedere preghiere ed essere benedetti dal Santo eremita. Santo taumaturgico. Ma Santo eccezionale per spirito di preghiera e penitenza. Alla fascinosità di corti imperiali o di corti di ricchi e potenti, contrappone la spelonca oscura di un monte solitario, sul quale si consuma, come un olocausto, l’umanità e la santità di questo eroe cristiano, che rifulgerà nel tempo e nei secoli successivi. Ammirazione popolare e desiderio di imitazione che portarono intorno a Martino altri giovani che man mano formano con Lui una piccola comunità che cresce anno per anno e Martino li assunse quali suoi discepoli, per i quali costruì delle celle per abitazione e una Chiesa per la preghiera comune. Martino diviene Padre. Abate di questa nuova comunità che fiorisce intorno a Lui, sul Monte Massico. E sono i suoi Monaci che lo sostengono nel periodo di debolezza fisica che lo porterà all’incontro col Signore che viene.
E così quando il 3 agosto dell’anno 580 Martino chiuse gli occhi a questa terra, i Suoi Monaci seppellirono il suo corpo nella Chiesa del Monastero, dove rimase alla venerazione dei fedeli fino al 26 giugno 1094, quando S. Bernardo Vescovo di Carinola raccolse i resti del Santo per portarli nel Duomo di Carinola, da lui costruito. Ed il Signore veglia sul corpo di S. Martino che altri volevano rimuovere da Monte Massico. Vari Vescovi del circondario ed anche autorità civili avevano più volte tentato di impossessarsi del corpo di S. Martino per portarlo nelle loro Chiese. Ma ogni tentativo era sempre andato male, perché come si avvicinavano alla Chiesa avvenivano dei segni straordinari:terremoti o temporali violenti per cui dovevano desistere dall’impresa. Vi tentò invano anche il Principe di Benevento, (758-787), ma il Santo non volle e fece tremare la terra per cui tutti tornarono indietro spaventati. I Saraceni tra l’anno 840-881 si preparavano ad assalire e a saccheggiare il Monastero. Ma Martino appare ai suoi Monaci (circa 300), si unisce a loro per sconfiggere i Saraceni, che nel trambusto della battaglia, lasciarono circa 2000 morti. Bernardo, da autentico carinolese, aveva un culto speciale a S. Martino, eremita del Monte Massico. Così che appena la Cattedrale fu coperta, Bernardo volle arricchirla trasferendovi le reliquie di S. Martino, che Egli stesso proclamò Patrono della Città e Diocesi di Carinola. E così organizzò un grande pellegrinaggio ed il mattino del 26 giugno 1094, seguito dal clero, dalle autorità e dal popolo raggiunse il Cenobio di Monte Massico e con le sue mani raccolse le reliquie ossee di S. Martino, le sigillò in un’urna di marmo, e tra canti e preghiere, ridiscese il Monte Massico e translò la sacre reliquie nella nuova Cattedrale. Il Monastero, dunque, dal VI secolo fu attivo fino al X secolo e forse anche oltre.
Di Giovanni Iannettone