Categorie: Testimonium

I Santi di oggi – 6 Marzo Beata Rosa da Viterbo, vergine

Nata da famiglia di modeste condizioni, a 17 anni entrò nell’ordine delle terziarie dopo aver avuto una visione. In questo periodo fece diversi pellegrinaggi e soprattutto una dura penitenza. Mentre si faceva intensa la guerra tra Guelfi e Ghibellini insieme alla famiglia fu esiliata: tornò in patria dopo la morte di Federico II, ma la sua vita fu assai breve.

Sulla sua morte non si sa praticamente nulla solo che alcuni anni più tardi il suo corpo è stato ritrovato intatto.

Patronato: Viterbo

Etimologia: Rosa = dal nome del fiore

Emblema: Giglio

Martirologio Romano: A Viterbo, beata Rosa, vergine, del Terz’Ordine di San Francesco, che fu assidua nelle opere di carità e a soli diciotto anni concluse anzitempo la sua breve esistenza.

Nel 1252 papa Innocenzo IV pensa di farla santa, e ordina un processo canonico, che forse non comincia mai. La sua fama di santità cresce ugualmente, e nel 1457 Callisto III ordina un nuovo processo, regolarmente svolto: ma nel frattempo muore, e Rosa non verrà mai canonizzata col solito rito solenne. Ma il suo nome è già elencato tra i santi nell’edizione 1583 del Martirologio romano. Via via si dedicano a lei chiese, cappelle e scuole in tutta Italia, e anche in America Latina.


Vita breve, la sua. Nasce dai coniugi Giovanni e Caterina, forse agricoltori nella contrada di Santa Maria in Poggio. Sui 16-17 anni, gravemente malata, ottiene di entrare subito fra le terziarie di san Francesco, che ne seguono la regola vivendo in famiglia. Guarita, si mette a percorrere Viterbo portando una piccola croce o un’immagine sacra: prega ad alta voce ed esorta tutti all’amore per Gesù e Maria, alla fedeltà verso la Chiesa. Nessuno le ha dato questo incarico. Viterbo intanto è coinvolta in una crisi fra la Santa Sede e Federico II imperatore. Occupata da quest’ultimo nel 1240, nel 1247 si è “data” accettandolo come sovrano.

Rosa inizia la campagna per rafforzare la fede cattolica, contro l’opera di vivaci gruppi del dissenso religioso, nella città dove comandano i ghibellini, ligi all’imperatore e nemici del papa. Un’iniziativa spirituale, ma collegata alla situazione politica. Per questo, il podestà manda Rosa e famiglia in domicilio coatto a Soriano del Cimino. Un breve esilio, perché nel 1250 muore Federico II e Viterbo passa nuovamente alla Chiesa. Ma non sentirà più la voce di Rosa nelle strade. La giovane muore il 6 giugno probabilmente del 1251 (altri pongono gli estremi della sua vita tra il 1234 e il 1252). Viene sepolta senza cassa, nella nuda terra, presso la chiesa di Santa Maria in Poggio. Nel novembre 1252 papa Innocenzo IV promuove il primo processo canonico (quello mai visto) e fa inumare la salma dentro la chiesa. Nel 1257 papa Alessandro IV ne ordina la traslazione nel monastero delle Clarisse. E forse vi assiste di persona, perché trasferitosi a Viterbo dall’insicura Roma (a Viterbo risiederanno i suoi successori fino al 1281).

La morte di Rosa si commemora il 6 marzo. Ma le feste più note in suo onore sono quelle di settembre, che ricordano la traslazione del corpo nell’attuale santuario a lei dedicato. Notissimo è il trasporto della “macchina” per le vie cittadine: è una sorta di torre in legno e tela, rinnovata ogni anno, col simulacro della santa, portata a spalle da 62 uomini. Si ricorda nel 1868 anche l’iniziativa del conte Mario Fani che col circolo Santa Rosa, a Viterbo, anticipava la Società della Gioventù Cattolica, promossa poi dai cattolici bolognesi con Giovanni Acquaderni. Nel 1922 Benedetto XV ha proclamato Rosa patrona della Gioventù Femminile di Azione Cattolica.
A Viterbo, di cui è patrona della città e compatrona della diocesi, è ricordata il 4 settembre, giorno della traslazione.

Autore: Domenico Agasso

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