La sua fama di educatore e di santo invade il Piemonte, l’Italia, l’estero. Diventa un Consigliere di Pio IX e Leone XIII specialmente per la provvista delle diocesi vacanti (un centinaio), causa il governo di allora. Nel dicembre del ’59 fonda la Pia Società Salesiana, destinata agli Oratori, Collegi, Scuole professionali.
Monsignor Costamagna narra del miracolo che Don Bosco compì nel suo paese natale Taramagna, nella festa della Santa Croce del 1867. Si presentò a Don Bosco una povera donna, avanti negli anni, sciancata: si trascinava su due grucce. Chiese a Don Bosco: «Abbia compassione anche di me; mi dia una benedizione». E Don Bosco: «Inginocchiatevi». Ma lei: «Non posso, ho le gambe quasi morte; è da tanto tempo che non mi inginocchio». Don Bosco insiste: «Non importa, inginocchiatevi». E la donna si appoggiò sulle grucce e cercando di chinarsi fino a terra. Il Santo le tolse le grucce di sotto le braccia e gliele gettò sulle spalle, davanti a centinaia di persone che stavano a guardare in silenzio e poi applaudirono.
La donna inginocchiata, in pianto dalla gioia di sapersi guarita, chiese a Don Bosco come avesse potuto ringraziare e il Santo risponde: «Dica con me tre Ave Maria alla Madonna Ausiliatrice». Chi racconta è un testimone qualificato, presente all’evente.
Nel 1877, una signora di Torino accompagna da Don Bosco una sua figliola di dieci anni, Giuseppina Brighi, che era semiparalizzata e da un mese muta. Si è a Valdocco, la vigilia della festa di Maria Ausiliatrice; nell’anticamera di Don Bosco vi è molta gente, fra cui il deputato conte Carlo di Gilletta, che stava pensando di farsi salesiano. Tutti sono d’accordo di dare la precedenza alla sventurata fanciulla. La madre incontra Don Bosco, racconta una storia dolorosa e chiede una benedizione per Giuseppina. Il santo impartisce alla piccola malata la benedizione e la invita a fare il segno della croce. La fanciulla lo fa, ma con la mano sinistra non paralizzata. «Non con la sinistra, ma con la destra», dice Don Bosco, e ripete l’invito. La fanciulla alza il braccio paralizzato e fa il segno di croce, come se non avesse avuto alcun male. «Bene – dice Don Bosco – ma devi dire anche le parole, come faccio io». La fanciulla, muta da un mese, scioglie la lingua e ripete il segno di croce, accompagnandolo con le parole. E grida: «La Madonna mi ha guarita». A conferma della guarigione totale e perfetta la miracolata cammina speditamente davanti a Don Bosco e agli ospiti. Il conte, testimone del fatto prodigioso, vede in esso il segno sicuro per la sua vocazione a salesiano.
Lemoyne, alunno e biografo di Don Bosco, racconta la storia di un ragazzo, morto e risuscitato. Siamo a Firenze nel 1870. La marchesa Girolama Uguccioni portava uno sviscerato affetto a un suo figlioccio, che colpito da grave malore fu ridotto in fin di vita. La marchesa raggiunse Don Bosco, che era in visita al Collegio degli Scolopi e lo supplicò con le lacrime di andare nella sua villa, dove si trovava il figlioccio morente. Il Santo accettò, ma trovò il fanciullo che era già spirato. Invitò i presenti a pregare Maria Ausiliatrice e poi diede la sua benedizione al morto. Appena terminata la formula, il fanciullo diede come uno sbadiglio, prese a respirare, riacquistò l’uso dei sensi, sorrise alla madrina e in breve si riebbe in tutto.
Per questa ragione, quando il Santo passava per Firenze, era sempre ospite della marchesa, la quale divenne una benefattrice generosa delle opere di Don Bosco. Il fatto poi del figlioccio risuscitato dal Santo lo raccontava a tutti.
Dopo la sua morte continuò a diffondersi ogni giorno di più la fama di fatti straordinari attribuiti alla sua intercessione: guarigioni istantanee, conversioni ritenute umanamente impossibili.
Suor Provina Negro, figlia di Maria Ausiliatrice, e residente a Giaveno, quando nel 1905 accusò ulcera ventricolare allo stomaco, inappetenza, prostrazione di forze. Peggiorando il male, fu condotta a Torino e curata dal dottor Farini. Ma il decadimento apparve inarrestabile e le condizioni dell’ammalata si facero sempre più gravi.
Visto che ogni rimedio tornava inutile, suor Provina, sollecitata anche dalle sue consorelle, decise di ricorrere a Don Bosco con una novena di preghiere. Poi pensò ch’era meglio bruciare le tappe: recitò alcune preghiere, prese l’immagine del Santo, ne fece una pallottola e la inghiottì.
«Da quell’istante si sentì perfettamente guarita»: ogni male cessò e per sempre. I medici della Congregazione dei Riti furono tutti concordi nel riconoscere che la guarigione era da attribuirsi solo a forze soprannaturali.
Suor Adele Marchese, Figlia di Maria Ausiliatrice, residente in Torino che, affetta di tubercolosi, da circa un anno aveva perduta interamente anche la vista, il 1° Febbraio 1888, fu condotta a venerare la salma del Santo: posta la mano accanto a quella di Lui, se la portò agli occhi e sull’istante recuperò la vista.
Anna Maccolini di Rimini conobbe Don Bosco a Torino nel 1886. All’età di 74 anni fu colpita da varie malattie: da bronchite, insufficienza cardiaca, deperimento organico, un edema al piede fino a far prendere all’arto sinistro un volume doppio del destro, rendendo un po’ alla volta impossibile ogni movimento. A peggiorare la situazione si aggiunse una grave flebite, che minacciava la sua stessa vita. L’inferma, persa ogni fiducia negli uomini, pensò di ricorrere al patrocinio di Don Bosco. Aveva una immagine del Beato, la fece incorniciare e la mise nella sua stanza. Un sacerdote, poi, le donò una reliquia del Santo. Fu questa che provocò il miracolo; con un cordino la applicò sulla coscia sinistra sopra il ginocchio. Poi si addormentò. Appena svegliata prese a tastare la gamba malata e gonfia e subito si accorse che il gonfiore era totalmente scomparso e che era liberata da ogni malore. Gridò a tutti la sua gioia: «Sono guarita: Don Bosco mi ha fatto la grazia!». I medici constatarono la scomparsa completa della flebite e riconobbero che la guarigione istantanea superava tutte le leggi della natura.
La guarigione di Caterina Lanfranchi si compì nella basilica di Maria Ausiliatrice di Torino il 6 maggio 1931. Caterina soffrì una lunga infermità che si aggravò progressivamente. Dal 1905 al 1920 fu colpita nelle articolazioni delle ginocchia. Si aggiunse poi cefalea e vertigini con peggioramento delle lesioni articolari. Dal 1929 l’artrite, fortemente aggravata, impediva all’inferma di reggersi in piedi e di camminare.
Spinta dalla speranza, decise di recarsi a Lourdes, contro il parere di parenti e di medici. Rimase nella città di Maria per quattro giorni senza che si verificasse alcun miglioramento. Da Lourdes partì per Torino: i pellegrini sostarono nella basilica di Maria Ausiliatrice, dove venne portata anche la nostra Caterina. È lei stessa che descrive cosa avvenne in quel momento: «Entrai in chiesa sorretta da mia sorella e mia cognata e vidi subito l’urna del Beato Don Bosco. Mi trascinai al banco che è davanti all’urna e mi trovai in ginocchio senza che me ne accorgessi ed esclamai: “Che piacere sentirmi così bene” e pregai. Non mi accorsi ch’ero guarita. Vedendo vicino all’urna monsignor Prosdocimi, direttore del pellegrinaggio, volli andare a salutarlo e ringraziare, camminando liberamente da sola. Compresi allora che ero completamente guarita. Mi sentii piena di voglia di camminare: ero tutta cambiata». Gli esperti sentenzieranno che Caterina Lanfranchi era istantaneamente, perfettamente e definitivamente guarita.
«Marina Della Valle, affetta da un cancro all’utero, dopo aver pregato senza alcun sollievo Maria Ausiliatrice e vari Santi, consigliata da Don Dalmazzo, rettore di San Giovanni Evangelista, a fare la novena che suggeriva Don Bosco, l’ultimo giorno, 8 febbraio 1889, mentre sembrava che stesse per morire, dopo aver ricevuto il SS. Viatico, presa fra le mani la fotografia del Santo, lo pregò ancora con fede e, dopo un’ora di riposo, si svegliò perfettamente guarita; e immediatamente si alzò e subito sarebbe andata in chiesa a ringraziare il Signore, se avesse avuto un vestito da indossare, ma non ne trovò giacché la famiglia da tempo li aveva tutti distribuiti ai poveri, persuasa, dopo le ripetute dichiarazioni dei medici, che essa non sarebbe più guarita.
Jean-de-Maurienne, in Savoia fin dal 1886 soffriva per una grave malattia di petto e dal 1889, in seguito a peritonite tubercolotica, aggravata da un tumore od ascesso nella sede del male, che si apriva e si rinnovava continuamente, era ridotta agli estremi. Dopo aver ricevuta l’Estrema Unzione, le venne consigliato di fare insieme con la comunità una novena a Don Bosco: il penultimo giorno ebbe una visione del Santo che le promise la guarigione e il giorno dopo era istantaneamente guarita.
Don Giuseppe Manaj, Rettore di Zerfaliu, diocesi di Oristano, tormentato da tre anni da una fistola all’angolo dell’occhio sinistro e dichiarato affetto di criocistite cronica riacutizzata, pochi mesi dopo la morte di Don Bosco, si applicò all’occhio malato un pezzetto di panno, che era appartenuto al Santo, dicendo: «O Padre Don Bosco, io credo fermamente che voi siete in cielo, e come tale fate che il mio male abbia a svanire!». Sull’istante guarì e, narrando il fatto, diceva apertamente: «se non è un miracolo l’istantanea guarigione avuta, io non so se si possa dare un altro miracolo».
Maria Costantina Vorbe, suora della Carità a Vesoul, diocesi di Besançon in Francia, gravemente ammalata da otto mesi per ulceri interne allo stomaco, che le procuravano vomiti di sangue e la obbligavano a nutrirsi di solo latte, all’ottavo giorno di una novena al Servo di Dio si sentì improvvisamente guarita, si alzò da letto, mangiò in comunità con le consorelle, ritornò ai suoi lavori di cucina, e all’indomani a piedi andò in pellegrinaggio ad una cappella su di un colle vicino.
II 1° aprile 1934 Pio XI proclamò Santo Don Giovanni Bosco. Lo aveva dichiarato Beato il 2 giugno 1929. A gloria di Dio, della Chiesa.
Redazione Papaboys (Fonte digilander.libero.it)