Il racconto degli incontri fra i pastorelli di Fatima e l’Angelo di Dio. Apparso ai bambini prima delle apparizione della Madonna.
Quando un pomeriggio della primavera del 1916, dopo la loro semplice preghiera, i piccoli pastori videro, sopra gli alberi, «una luce più bianca della neve, in forma di un giovane trasparente, più brillante d’un cristallo attraversato dai raggi del sole» (M 165), niente avrebbe fatto supporre loro che quella luce in forma umana fosse l’araldo della Pace di Dio, che li avrebbe introdotti alla sua scuola di spiritualità e di preghiera. Fu così tanto inaspettato, che i piccoli pastori si sentirono rapiti nella contemplazione di quella luce immensa, immersi in un’atmosfera intensa, in cui la forza della presenza di Dio li «assorbiva e annichiliva quasi completamente» (M 167).
Per tre volte li visiterà nella primavera e nell’estate del 1916, l’Angelo della Pace. Le sue parole, che si incidevano nell’intimo dei bambini «come una luce che faceva capire [loro] chi era Dio, come [li] amava e voleva essere amato» (M 166). Parlano del cuore di Dio, un cuore attento alla voce degli umili, sui quali ha «disegni di misericordia».
Quando insegna ai bambini a pregare, l’Angelo invita, prima di tutto, ad adorare quel cuore di Dio, da cui scaturirà la fede, la speranza e la carità: «Mio Dio, io credo, adoro, spero e Vi amo». L’invito dell’Angelo alla prostrazione rivela, agli occhi semplici dei bambini, che l’adorazione di Dio nasce da questo atteggiamento umile di sapersi accolti dall’amore originario del Creatore. Dall’adorazione sgorgherà l’offerta fiduciosa della fede. La speranza di chi si sa accompagnato e l’amore come risposta all’amore inaugurale di Dio, che porta frutti nella compassione e nell’attenzione verso gli altri.
L’ultima manifestazione dell’Angelo rinnova l’invito all’adorazione. Si dispiega con un appello a render grazie, a farsi Eucaristia e a diventare dono offerto per gli altri.
L’Angelo invita i bambini ad adorare profondamente la Santissima Trinità. Unendosi al sacrificio di Cristo nella riconciliazione di tutti in Dio (M 166-167). Poi offre loro il Corpo e il Sangue di Cristo. Dono essenziale, alla luce del quale essi saranno invitati ad offrirsi in sacrificio per tutti gli «uomini ingrati». Per tutti coloro che non sanno vivere come chi ringrazia.
Da quel momento, i pastorelli vivranno immersi in questo adorare Dio. Con un desiderio discreto ma convinto di trasformare la loro vita in dono offerto al Creatore per gli altri. Questa è la loro vocazione.
Fonte www.fatima.pt