Lo stato della natura umana, dopo la colpa d’origine, è decaduto dalla sua originaria perfezione, lasciando l’uomo spogliato dei doni soprannaturali e preternaturali e indebolito e debilitato in quelli naturali.
Non pochi Padri della Chiesa, in questo senso, hanno interpretato la celebre parabola del buon samaritano in chiave cristologica e antropologica: il buon samaritano è Cristo che viene a raccogliere, redimere, salvare e rimettere in sesto l’uomo decaduto dallo stato di perfezione (Gerusalemme) a quello di corruzione (Gerico), a causa delle percosse subite dai nemici dell’umana Salvezza (i demoni). Questa situazione, come accennavano al termine del precedente articolo, è humus fertile e fecondo per il fiorire delle male piante dei vizi, da cui nascono i frutti avvelenati che sono i singoli atti peccaminosi. È molto importante comprendere la differenza che c’è tra vizio e atto, prima di addentrarsi nell’analisi dei vizi capitali.
Un vizio, infatti, è una tendenza stabile e abituale, un’abitudine cattiva che dispone l’uomo al compimento degli atti peccaminosi di una certa specie, a seconda del tipo di vizio. Aristotele, e dietro di lui il grande san Tommaso d’Aquino, chiamava il vizio “habitus” (da cui l’italiano “abitudine”) proprio per designare il suo essere una disposizione abituale cattiva da cui sgorgano atti cattivi.
La “concupiscenza”, generata dalla colpa d’origine e trasmessa ad ogni uomo, permane integra anche dopo il sacramento del Battesimo come generica inclinazione al male, come attrattiva verso i piaceri bassi e illeciti, come tendenziale disgusto e tedio verso il bene e la virtù. I vizi non sono altro che le singole diramazioni e specificazioni di questa concupiscenza di fondo, chiamata tecnicamente anche “fomite” del peccato, contro cui dovremo lottare finché alito di vita sarà in noi. Similmente le virtù sono “abiti buoni” e sono generate dalla “grazia santificante”, che è il generalissimo “abito buono” infuso soprannaturalmente in noi da Dio attraverso il sacramento del Battesimo, disposizione che si perde con un solo peccato mortale e che, in tal caso, può essere recuperata attraverso il sacramento della Penitenza.
La concupiscenza e tutti i vizi aumentano in qualità e quantità attraverso la ripetizione degli atti cattivi e l’allontanamento dalla preghiera e dai Sacramenti, mentre la grazia santificante e le virtù aumentano attraverso l’uso fruttuoso dei Sacramenti, la vita di preghiera e la ripetizione continuata di opere buone. Il libero arbitrio, che l’uomo conserva pienamente integro e sovrano, anche se costretto a sentire la penosa attrattiva verso il basso, si troverà sempre in mezzo a questa tensione tra il bene e il male e nell’alternativa tra l’assecondare la concupiscenza e i vizi da essa alimentati o contrastarla accogliendo e aumentando la vita di grazia nello sforzo ascetico gioioso e costante di diminuire la stretta dei vizi e crescere nelle virtù. Sapendo che mentre il vizio appare più facile e dà godimenti immediati, lasciando poi una scia di morte e insoddisfazione, la virtù appare difficile e aspra, non dà godimenti immediati ma tanta gioia soprannaturale, che si può gustare solo attraverso il sacrificio e la rinuncia.
A conclusione di questo lungo ma credo doveroso excursus introduttorio, dovrebbe essere chiara una dura ma purtroppo evidente verità: che ogni uomo, ogni mortale che viene in questo mondo, essendo necessariamente segnato e ferito dalla concupiscenza, ha in sé, almeno in potenza (ma quasi sempre anche in atto), le radici di tutti e sette i vizi capitali, nessuno escluso. Affrontare il loro studio è dunque conoscersi meglio, conoscere meglio i propri nemici interni, onde imparare a non scaricare troppo frettolosamente – come non di rado accade – colpe e responsabilità sugli altri oppure sul demonio, che pur essendo un grandissimo peccatore, qualche volta viene imputato di colpe non sue… Il demonio è l’origine e la causa di tutti i mali, certamente, è dietro ogni vizio e tendenza cattiva, ma ciò non deve farci dimenticare la realtà vera e profonda del libero arbitrio che, aiutato da un’intelligenza illuminata da una buona formazione, può incidere profondamente sulla propria realtà personale e, con l’aiuto straordinario e potentissimo della grazia, riconquistare le posizioni perdute. La storia di innumerevoli schiere di santi, martiri, vergini e confessori ce lo testimonia e ce lo conferma; e, come disse sant’Ignazio di Loyola agli albori della sua conversione, «se loro sì, perché io no?»…
Istruzione Cattolica (Gloria.Tv)
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