Il 28 settembre di 41 anni fa moriva Giovanni Paolo I, dopo soli 33 giorni di pontificato. A Canale d’Agordo, suo paese natale, una Messa e un incontro col giornalista Zavattaro. Per la beatificazione si attende la valutazione del presunto miracolo, avvenuto in Argentina, nella diocesi di Buenos Aires
.Gabriella Ceraso e Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“Magis ostensus quam datus! (Più mostrato che dato!). Ma quei 33 giorni sono rimasti sempre vivi nel cuore di tutti i fedeli”. E’ il ricordo di Giovanni Paolo I scritto sul libro dei visitatori del Museo Albino Luciani di Canale d’Agordo, il paese del bellunese dove è nato il “Papa del Sorriso”, dal cardinale Giovanni Lajolo, già governatore dello Stato della Città del Vaticano. Esprime bene i sentimenti del Popolo di Dio alla notizia della scomparsa, all’alba di 41 anni fa, il 28 settembre 1978, del Pontefice veneto, eletto il 26 agosto in un conclave nel quale era entrato da patriarca di Venezia.
Messa celebrata da don Davide Fiocco
L’anniversario viene celebrato a Canale d’Agordo con due eventi. Alle 18 è prevista la Santa Messa nella chiesa di San Giovanni Battista, dove il piccolo Albino ricevette i sacramenti, presieduta da don Davide Fiocco, collaboratore della causa di beatificazione di Giovanni Paolo I e direttore del Centro Papa Luciani di Santa Giustina. Alle 20.30, nella sala conferenze del MUSAL, il Museo Albino Luciani, Fabio Zavattaro, già vaticanista del Tg1, presenta la figura di Papa Luciani, con un video sui tre Papi del 1978, san Paolo VI, il servo di Dio Giovanni Paolo I e san Giovanni Paolo II, in collaborazione con l’Associazione Amici di Papa Luciani di Padova.
“L’ho incontrato da bambino, ho visto un uomo di Dio”
Don Davide Fiocco, che è anche direttore dell’ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Belluno, anticipa così a Vatican News i temi della sua omelia.
R. – Nella vita di Giovanni Paolo I il tema della carità ricorre tante volte e proprio per una delicatezza della Provvidenza l’ultima sua uscita pubblica fu dedicata all’udienza sulla carità, durante la quale lui parlò dell’amore dovuto a Dio e del suo fratello gemello, amore dovuto al prossimo. E parlando di questo fratello gemello, l’amore al prossimo, disse: “Ci sono le opere di carità ma bisognerebbe aggiornarle”. E qui entra un lait motif della predicazione della dottrina di Luciani: le opere di misericordia vanno aggiornate in un nuovo contesto e fu in quell’occasione che, con un trasporto emotivo, fin quasi commosso, citò Paolo VI in una parte della “Populorum progressio” dove dice: “La Chiesa trasale di fronte al grido di angoscia che viene dall’umanità sofferente”. E dice: “Oggi non c’è più un mendicante alla porta ci sono popoli interi che bussano alle porte” dell’Europa, attualizziamo, 41 anni dopo. Dovremmo sempre dirci: sono persone.
Quel “L’amore può tutto”, che è stata una delle frasi emblematiche riprese anche dai pontefici successivi, proprio per ricordare Giovanni Paolo I… Cosa dice a noi oggi?
R. – “L’amore può tutto” è una frase che Luciani disse all’Angelus della domenica precedente… l’ultimo Angelus, citando l’episodio raccontato da Bernanos, nei “Dialoghi delle carmelitane” condotte a morte, durante la rivoluzione francese, in quanto cristiane. E questa frase, “L’amore può tutto”: cioè di fronte alla violenza, la logica che deve muovere il cristiano è quella dell’amore, della non vendetta.
Lei si sta occupando della causa di beatificazione di Giovanni Paolo I. A che punto siamo?
R. – Io sto lavorando da 7 anni alla causa di canonizzazione, prima di me hanno lavorato altri, il mio lavoro è stato quello di completare la positio, di scriverla insieme alla dottoressa Falasca. Questa parte è finita, è stata approvata, Papa Luciani è diventato venerabile. Adesso c’è quel passaggio che la Chiesa richiede, l’approvazione di un miracolo e sappiamo che questo miracolo è accaduto in Argentina, nella Diocesi di Buenos Aires. E’ stato fatto il processo diocesano ed è in corsola fase romana, dove la curia romana valuta la presunta guarigione. Siamo in itinere, dobbiamo attendere il giudizio della Congregazione e poi del Papa.
A lei, personalmente, come uomo di fede, come sacerdote, cosa sta dando questo lavoro di approfondimento della figura di Giovanni Paolo I?
R. – Sono compaesano di Papa Luciani, sono di Canale d’Agordo, ed è quasi un gioco del destino o meglio, una delicatezza della Provvidenza, che porta me che sono l’ultimo prete di Canale d’Agordo a onorare il suo sacerdote più noto, e lo faccio volentieri perché l’ho conosciuto di persona, anche se ero bambino, e mi resta questa immagine di un uomo di Dio. Mi piace onorarlo in questa sua figura di uomo di Dio, a tutto tondo, nella fede, nella speranza, nella carità e nell’umiltà che forse è la virtù che più ha sottolineato nella sua esistenza tant’è che ne aveva fatto il motto da vescovo, poi da cardinale, poi da Papa…
Qual è la sua traccia, qual è il suo carisma, di cui ancora oggi la Chiesa gode?
R. – Tanti sono andati a cercare analogie tra Giovanni Paolo I e Papa Francesco. A me piace usare l’immagine del fiume carsico. Papa Luciani aveva accennato alcuni temi che adesso Papa Francesco ha ripreso, penso a quello della misericordia, un grande tema che ha segnato questo pontificato, soprattutto all’inizio, poi con il Giubileo e ci sono dei passi molto belli di Luciani dove parla della misericordia, anche nella prima udienza quando disse: “Rischio di dire uno sproposito ma lo dico lo stesso, a volte Dio permette dei peccati perché ci aiutano ad essere più umili”. E’ un tema che ritorna, tanto è che nell’intervista che Papa Francesco concesse ad Andrea Tornielli ci sono 5 citazioni inattese di Papa Luciani, una addirittura di Papa Luciani vescovo, di Vittorio Veneto. E’ stata una sorpresa trovarle in quell’intervista. L’altro aspetto è quello della collegialità episcopale. Per Luciani, vescovo del Concilio, era vescovo da pochi giorni quando venne annunciato il Concilio, la collegialità episcopale è il tema che lui batte più volte. L’unico intervento che fece al Concilio fu sulla collegialità episcopale. Nel suo programma c’era questa volontà di intessere maggiormente quella rete della collegialità episcopale che lega sì, il vescovo di Roma come primo, ma con gli altri vescovi. Purtroppo non ha potuto esaudirlo, ma nel programma pronunciato il 27 agosto, questa traccia c’è. Poi Papa Francesco ne ha parlato tante volte e quindi mi piace vedere questi due elementi di continuità tra i due Papi.