Questa storia inizia a metà del 1400 a Exilles, un paese della Val di Susa in cui è sita una poderosa fortificazione. Allora non era territorio sabaudo, bensì francese: era uno di quei paesi di confine che le vicende storiche portano a fortificarsi per respingere gli assalti ora di una ora dell’altra fazione.
Perciò spesso truppe piemontesi e savoiarde saccheggiavano la cittadina. E’ in questo incerto contesto che la notte del 3 giugno 1453 alcuni ladri entrarono nella chiesa del paese di San Pietro Apostolo e tra le altre cose sottrassero l’ostensorio custodito nel tabernacolo e nel cui interno era contenuta l’ ostia consacrata. Dopo aver nascosto la refurtiva in un sacco di granaglie posto su di un mulo si diressero verso Torino dove intendevano venderla. E’ difficile capire se i ladri fossero professionisti che avevano approfittato della confusione o occasionali furfanti facenti parte di truppe mercenarie e irregolari. Attraversato l’ incerto confine giunsero in Piemonte dove quei giorni vi era scarsa attività di polizia poiché l’ epidemia di peste del 1451 (endemica in quegli anni ) serpeggiava e le guardie daziarie guardavano con riluttanza le merci in transito per la paura di contagiarsi con oggetti infetti. Cosi superarono facilmente il posto di controllo di Susa per poi nascondersi in un bosco nei pressi di Bussoleno per far riposare e pascolare l’ animale.
Per sicurezza transitarono per disagevoli viottoli campestri per evitare incontri con le guardie a cavallo. Sul loro mulo vi era una refurtiva che se scoperta li avrebbe condotti a morte certa con l’ accusa di convivenza con il diavolo avendo recato offesa al corpo di Gesù. Evitarono la stazione di posta delle diligenze di Rivoli luogo di compravendite, poiché ritennero pericoloso trattare con i ricettatori del luogo. Torino allora era una città rurale di circa 5000 abitanti dove maiali e galline giravano per le strade insieme a mandrie mucche e greggi di pecore. Ancora circondata dalle mura di origine romana conservava vie tortuose e selciate. Quattro erano le porte principali Porta Castello già Decumana o Preatoria (conglobata ora nel Palazzo Madama), Porta Segusina, posta all’ incrocio fra via Garibaldi e Corso Siccardi, Porta Marmorea, situata all’ incrocio fra via Santa Teresa e Arsenale e la Porta Palatina detta anche Doranea perché guardava verso la Dora l’unica tuttora ancora esistente. Era un caldo pomeriggio quando entrarono in città da Porta Segusina. Percorsero un tratto di via Dora Grossa l’ attuale via Garibaldi, e raggiunsero piazza San Silvestro o piazza del grano ( oggi Piazza Corpus Domini) Era il 6 giugno del 1453 qualche minuto prima delle cinque pomeridiane. A quel punto il mulo si bloccò sul posto ed a nulla valsero i tentativi di far rialzare l’ animale da parte dei ladri. Mentre la bestia subiva una bella dose di bastonate senza batter ciglio dal sacco di granaglie uscirono diversi oggetti preziosi fra i quali l’ ostensorio che miracolosamente cominciò a sollevarsi da terra fino all’ altezza del secondo piano delle case che circondavano la piazza.
L’ostia sembrava un piccolo sole ed emanava raggi abbaglianti. Mentre si verificava questo singolare fenomeno un ragazzo che si appurò fosse un chierichetto in duomo corse ad avvertire il vescovo Monsignor Ludovico dei marchesi di Romagnano che dopo aver prelevato un calice dalla cattedrale di San Giovanni si diresse velocemente presso Piazza del Grano. Intanto l’ ostia che era uscita dall’ ostensorio ancora sospeso in aria lentamente scese verso il basso entrando nel calice che Monsignor Romagnano stringeva fra le mani. Grida e canti di gioia segnarono la fine dello straordinario avvenimento. Approfittando della calca i ladri riuscirono a dileguarsi, prima di essere scoperti. Al miracolo assistettero molte persone che senza indugi confermarono il fatto. Si hanno i nomi di numerosi testimoni del miracolo registrati in un documento autenticato da un notaio e nell’archivio della confraternita dello Spirito Santo si conserva una relazione del fatto. Per ricordare lo straordinario evento fu posto sul sito un pilone commemorativo. Negli anni a seguire sul posto si registrarono numerosi miracoli. Nel 1510 il pilone venne demolito e fu costruita un chiesa opera affidata all’ architetto Michele Sanmicheli (1484-1559). L’oratorio del Sanmicheli, di piccole dimensioni (tre arcate di lunghezza totale inferiore a 11 metri, 6 metri e mezzo di altezza e 3,30 di profondità, con un altare centrale) venne completato nel 1529, per essere poi distrutto nel 1609 per far posto a una chiesa più grande
Infatti per sciogliere un voto fatto dalla città di Torino in occasione dell’ epidemia di peste del 1598 nel 1603 si diede inizio alla costruzione dell’ attuale basilica Il cantiere fu affidato ad Ascanio Vitozzi. che già stava ridisegnando Torino per volontà del duca Carlo Emanuele I di Savoia L’interno ad unica navata termina con il maestoso altare maggiore realizzato nel 1664 da Francesco Lanfranchi Suggestivo è l’ utilizzo di marmi rossi e neri con inseriti di bronzo dorato e colonne tortili. Alla facciata in marmo scandita da tre ordini e decorate con statue di Bernardo Falconi lavorò anche Amedeo di Castellamonte. Quasi al centro della chiesa, circondata da una cancellata di ferro battuto, si trova la lapide scritta in latino dettata da Emanuele Thesauro (1592-1675) e che ricorda il miracolo dell’ ostia:
Qui cadde il giumento che trasportava
Il corpo divino
Qui la sacra ostia scioltasi dai lacci
Si librò nell’aria
Qui nelle mani supplichevoli dei torinesi
Discese clemente
Qui dunque il luogo sacro al prodigio
Memore supplice chino
Venera e temi
Il 6 di giugno dell’anno del Signore 1453
Il futuro Santo Giuseppe Benedetto Cottolengo il 2 settembre del 1827 in questa chiesa ebbe l’intuizione dalla quale scaturì l’istituzione indissolubilmente legata al suo nome cioè la Piccola Casa della Divina Provvidenza ed iniziò la sua opera davanti alla chiesa in una casa detta della Volta Rossa A questa storia se ne aggiunta un altra più recente…
Il calice in argento del suddetto miracolo che aveva raccolto l’ostia, dalla forma semplice, dotato di un’elegante bolla sullo stelo e un piede a base esagonale era conservato fino agli anni quaranta del novecento nella chiesa del Corpus Domini, fu nascosto da un premuroso sacerdote il prevosto del capitolo del duomo il canonico Don Luigi Benna che ritenne di metterlo al sicuro. Individuò pare un punto sicuro del Duomo di Torino, fece scavare in una parete una piccola nicchia sufficiente a contenere la reliquia, poi fece murare il nascondiglio. Nel dicembre del 1944 il sacerdote venne colto da improvvisa morte causa polmonite senza aver rivelato a nessuno almeno fra i quanti oggi potessero ricordarlo il punto in cui il calice era stato occultato e cosi da allora non se ne ha più notizia di dove sia finito o dove sia stato nascosto. Questo è Il “Graal” torinese, che aspetta ancora di essere ritrovato. Anche se permettete mi viene qualche dubbio sulla sua fine….possibile che l’ abbia nascosto da solo senza condividere il segreto con nessuno e senza informare i suoi superiori…qualcun l’ avrà pur aiutato nell’ opera e strano che nessuno si sia ricordato più di nulla…..Speriamo un giorno di poterlo ritrovare.
Luciano Querio
Bibliografia
17 Itinerari del mistero a Torino – di Massimo Centini
Torino Esoterica – di Renzo Rossotti
Curiosità e misteri di Torino – di Renzo Rossotti
Storie fatti e fattacci di Torino – di Renzo Rossotti
Miracoli a Torino – di Giuseppe Colli