Il bisogno di memoria che emerge in Maria Elena Boschi e Giorgia Meloni

Maria Elena Boschi che in vista del referendum deve giocarsi il tutto per tutto e allora si mette tra le braccia dei partigiani, Giorgia Meloni che, vedendo in tempesta il mare dei propri destini elettorali, getta l’ancora tra i nostalgici di Giorgio Almirante, dicono nel modo più chiaro che quando siamo in difficoltà perché la vita ci chiede davvero chi siamo, ciascuno di noi sente il bisogno di tornare alle proprie radici, di abbeverarsi alla risorsa della propria memoria.

C’era una canzone che cantava “la Storia siamo noi”: mai cosa detta e cantata è stata più vera. La storia siamo noi. Non entro nelle questioni di merito del contenuto delle due signore della politica perché, come tutte le signore della politica, sanno difendersi molto bene da sole. Credo invece meriti attenzione la coincidenza di aver fatto ritorno al passato, alla nostra storia politica e sociale, in un momento delicato.

C’è una necessità umana, che è quella di sapere chi si è, e quando insorge abbiamo necessità di tornare a guardare chi siamo e cosa abbiamo fatto e hanno fatto quelli che ci hanno preceduti e di cui siamo figli. Figli di sangue e figli nel tempo. Avere una storia e averne memoria è proprio dell’uomo. Conoscere la storia di se stessi e del proprio paese non è conoscere una materia curricolare ma poter rispondere alla domanda su chi sono io: la storia siamo noi.

Non dimenticare, non è solo un dovere. È necessario per poter vivere il presente e programmare il futuro. Non esistono solo competenze tecniche e curriculum vitae: esiste anche l’identità personale che nasce dalla profonda conoscenza di chi sono e da dove vengo. L’uso strumentale e pre-elettorale della ministra e della candidata sindaca, non devono sminuire l’importanza del gesto istintivo di chi, in pericolo, dice a se stesso “ricordati chi sei”.

Abbiamo bisogno di quel cassetto di foto in bianco e nero che solo mamma sa dove si trova in casa. Quando siamo davvero in crisi, dobbiamo poterlo andare ad aprire per ricordarci chi eravamo ieri così da sapere chi siamo oggi. Non è un amarcord da domenica pomeriggio, è la nostra carta di identità.
Se siamo stati corretti con noi stessi, se non abbiamo edulcorato la nostra personalissima genealogia, possiamo dire che tutti abbiamo foto imbarazzanti.

Un uomo vero non può mai dire: rifarei tutto quello che ho fatto, io mantengo sempre le promesse, io faccio sempre quello che dico, quello che si vede di me è quello che sono veramente. Queste frasi le può dire Gesù Cristo, non un uomo qualsiasi. Se le dice qualcuno di noi, significa che è messo male, che ancora confonde i desideri con la verità. E allora ha bisogno più che mai di tornare al ricordo vero, di raccontarsi la verità.

Una patria, uno Stato, è fatto di persone, e quindi non è da meno. Anche lui, come tutti noi, ha pagine imbarazzanti nascoste nel cassetto. È bene che, al meno a se stesso, non le nasconda. Che le sfogli almeno in privato. Le malattie per cui non c’è cura sono quelle di cui non si conoscono le cause: se non sai come inizia, non sai come fermarla. Se vuoi guarire dalle ferite della vita, devi ricordare, cioè devi prenderla in mano, la tua vita.

Quando si prende in mano la storia si capisce subito chi si è. Quali sono le differenze. Che differenza c’è tra Almirante e i partigiani. Torni alla tua storia e vedi subito chi sei: tu, i tuoi amici e i tuoi avversari.
La nostra storia siamo noi.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da L’Huffingtonpost

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