Roger Scruton, noto filosofo inglese, descrive la cultura contemporanea come “cultura del rifiuto e del rigetto”.
In Europa si sta verificando una situazione paradossale, ove la stigmatizzazione della “xenofobia” sta generando, in maniera più o meno inconsapevole, la stigmatizzazione dell’“oicofobia”, ossia il rifiuto se non l’odio per le proprie radici. Definizioni come “modernità liquida” (Baumann), “epoca del congiuntivo imperativo” (Schelsky), “crescere in una società eticamente neutra” (Donati), “epoca dell’individualismo e del narcisismo” (Lasch), “epoca delle passioni trisi” (Schmidt) e “identità infelice” (Finkielkraut) mostrano un profondo disagio culturale in cui l’umanesimo occidentale sembra precipitato. Questa situazione è ancora più grave se consideriamo che, oggi, a seguito dei forti flussi migratori, troviamo all’interno della stessa comunità culture e lealtà morali concorrenti, espressioni di una varietà di culture, credenze e tradizioni spesso conflittuali tra loro.
L’Occidente è una civiltà che deve la sua grandezza alle forme di ordine che hanno avuto origine nel continente europeo, come risultato di una sintesi che non ha nessun parallelo nella storia umana. L’ordine dell’Europa deriva dal cristianesimo e dell’ebraismo, dalla citta-Stato greca con la sua concezione di comunità autogovernante, e dalla legge romana con il suo ideale di giurisdizione universale e laica, nella quale le leggi fatte dagli uomini avrebbero avuto la precedenza sui comandamenti di divinità settarie. Queste tre influenze hanno portato, nel tempo, alla concezione dello Stato-nazione, come comunità autogovernante che avrebbe integrato la legge laica con gli usi religiosi, senza permettere che l’una annientasse gli altri.
Quella che viviamo oggi è una sorta di “emergenza antropologica”, le cui radici affondano nei secoli scorsi e in parte nella stessa natura della cultura occidentale. Il “mettere in dubbio” e addirittura il “mettere in dubbio il dubbio” costituisce una natura intrinseca della cultura occidentale, segnata da una tendenza al relativismo; ma la cultura occidentale è per sua natura universalistica e non relativistica. Una cultura che per molto tempo si è illusa di ignorare un aspetto caratteristico inscritto nell’eredità che ci viene da Atene, Roma e Gerusalemme. Occorre riflettere sui fondamenti culturali della nostra società, che oggi tremano a causa del relativismo e di una paradossale stigmatizzazione della xenofobia, che genera un rigetto delle nostre radici, tradizioni e valori (oicofobia).
E’ sempre più forte la convinzione che, le origine profonde della crisi economica, degli inarrestabili flussi migratori, della pressante minaccia terroristica islamica sul suolo europeo e dell’esplosione politica dell’Unione Europea siano da attribuirsi ad una crisi di civiltà, derivante dalla disfatta spirituale e da una perdita di radici culturali e religiose.
Un autorevole intervento in tale direzione viene dal Generale di Corpo d’Armata Marco BERTOLINI, durante il suo discorso di commiato, il quale afferma:
“Ritengo che una società che voglia sopravvivere debba preservare con tutte le forze la propria identità e le proprie tradizioni. Poi, sarà ovvia, per ogni nuovo venuto, la necessità di adeguarsi. Ma se pensiamo che la nostra identità possa basarsi sul “made in Italy”, sulle eccellenze della nostra cucina e sui centimetri di pelle nuda che esponiamo in pubblico, stiamo freschi. Senza radici cristiane cosa ci resta da difendere, il nostro benessere? Quanto ai diritti faccio parte di una generazione che era stata educata al rispetto dei propri doveri, vale a dire di quanto come individui si doveva alla comunità. I diritti intesi come atti che la comunità deve all’individuo, non ci salveranno, anzi. […] Ad altri toccheranno sfide che alla mia generazione sono state risparmiate”.
La religione di un popolo (la sua fede) crea la sua cultura, e la sua cultura crea la sua civiltà. Quando la fede muore, muore la cultura e in seguito muore la civiltà. Non è forse questa la storia attuale dell’Europa?
Benedetto XVI, con grande lungimiranza affermava:
“È encomiabile che l’Occidente cerchi di essere più aperto, più comprensivo dei valori degli estranei, ma ha perso la capacità di amarsi. Nella sua stessa storia riesce solo a vedere ciò che è disprezzabile e distruttivo; non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. Ciò di cui l’Europa ha bisogno è una nuova accettazione di se stessa, se davvero vuole sopravvivere”.
Se l’Europa non sarà fedele al suo patrimonio e alle sue radici spirituali non potrà più esistere come Europa. Quando una cultura perde la memoria perde anche la propria identità e a questo punto non c’è più niente in cui far integrare le persone. La tradizione politica liberale europea non potrà sopravvivere all’afflusso massiccio di immigrati musulmani, i quali, non trovando nulla in cui integrarsi, affermeranno e otterranno il riconoscimento del proprio sistema di valori. L’Europa deve tornare ad affermare se stessa, le sue radici greco-giudaico-cristiane e le sue peculiarità. Solo chi conosce se stesso ha la possibilità di farsi coscientemente cambiare e, nello stesso tempo, di cambiare l’altro. Vale per gli uomini, vale a maggior ragione per le civiltà. (di Severis).
“Quando gli uomini cessano di credere in Dio, non è che non credono a nulla, credono a tutto”
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