Sabato 24 maggio, Papa Francesco inizierà l’atteso viaggio di tre giorni in Terra Santa, in occasione del 50.mo anniversario dell’incontro a Gerusalemme tra Paolo VI e Atenagora. Ieri all’udienza generale ha chiesto ai fedeli di pregare per questa missione.
Quali i frutti che possono venire da questo pellegrinaggio? Barbara Castelli, del Centro Televisivo Vaticano, lo ha chiesto al Cardinale segretario di Stato Pietro Parolin:
R. – Io direi che i frutti andrebbero soprattutto nella direzione dell’incontro: un frutto di incontro tra il Papa e le diverse realtà che vivono in quella terra, e tra queste diverse realtà, anche tra di loro. E’ un frutto di pace, ecco. Sappiamo che il Papa si reca in una terra particolarmente travagliata … Io spero davvero che il frutto possa essere quello di aiutare tutti i responsabili e tutte le persone di buona volontà a prendere decisioni coraggiose sulla via della pace.
D. – Una terra dove fatica a fiorire la pace … Quali sono gli auspici della Santa Sede nel dialogo israelo-palestinese?
R. – Da una parte, il diritto di Israele di esistere e di godere di pace e di sicurezza all’interno di confini internazionalmente riconosciuti; il diritto del popolo palestinese, di avere una patria, sovrana e indipendente, il diritto di spostarsi liberamente, il diritto di vivere in dignità. E poi, il riconoscimento del carattere sacro e universale della città di Gerusalemme, della sua eredità culturale e religiosa: quindi, come luogo di pellegrinaggio dei fedeli delle tre religioni monoteiste. Sono un po’ questi i punti sui quali il Papa insisterà anche questa volta, in linea con tutta la “politica” della Santa Sede per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese.
D. – All’Angelus dello scorso 5 gennaio, Papa Francesco ha parlato di questo viaggio come di un pellegrinaggio, insistendo sull’aspetto della preghiera. Cuore pulsante sarà, appunto, l’incontro ecumenico al Santo Sepolcro con il Patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli in ricordo dello storico incontro tra Paolo VI e il Patriarca Atenagora. Crede che questo appuntamento possa in qualche modo segnare anche un momento significativo, importante nei rapporti tra le Chiese?
R. – L’ecumenismo è stata una delle acquisizioni del Concilio Vaticano II, naturalmente al termine di un lungo cammino percorso anche dalla Chiesa cattolica, in questo senso. Ma che l’incontro tra Paolo VI e Atenagora abbia dato un impulso fondamentale, determinante, a questo cammino ecumenico, ci dice che a volte i gesti servono di più delle parole, che sono più eloquenti delle parole. Io mi auguro che l’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo ravvivi un po’ questa fiamma, questo entusiasmo per il cammino ecumenico che dovrebbe animare un po’ tutte le iniziative che pur ci sono. Dovrebbe esserci quest’anima di entusiasmo e questa passione per l’unità che è stata l’ardente preghiera di Gesù nel Cenacolo, prima della sua Passione e Morte.
D. – Il viaggio sarà anche un momento di vera gioia per i cristiani che vivono in Giordania, Palestina e Israele, cristiani che spesso vivono in condizioni difficili …
R. – Sarà un momento di gioia e di conforto per tutti i cristiani che vivono in Terra Santa, e il Papa credo voglia sottolineare, nell’incontro diretto con loro, due cose: che questi cristiani sono pietre vive e che senza la loro presenza la Terra Santa e gli stessi Luoghi Santi rischiano di trasformarsi in musei, come diciamo spesso. Invece, la loro presenza assicura che lì ci sia una comunità cristiana viva e una presenza viva del Signore risorto. E, nello stesso tempo, oltre a questa dimensione più ecclesiale, anche il ruolo che i cristiani del Medio Oriente e della Terra Santa hanno nelle società in cui vivono, nei Paesi in cui vivono: un ruolo fondamentale. Vogliono mettersi sinceramente a disposizione dei loro concittadini per costruire insieme una patria libera, giusta e democratica. Servizio di Barbara Castelli del Centro Televisivo Vaticano.