ROMA – “Lo Spirito Santo ha stravolto la vita degli Apostoli e da quel momento il fuoco ha cominciato a propagarsi nel mondo. È quello che dovrebbe succedere anche a noi cristiani: siamo spesso paurosi, timorosi, chiusi in noi stessi, ma quando passa lo Spirito di Dio, diventiamo non solo un corpo vivo, ma creature nuove e coraggiose”. Lo ha detto, ieri sera, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, in occasione della celebrazione della presa di possesso del “titolo” di Santa Cecilia. “Lo Spirito – ha chiarito – mette nel cuore dei credenti un’energia misteriosa.
Tocca a noi alimentarla, diffonderla, perché anche tanti nostri fratelli e sorelle vengano accesi e riscaldati da Dio”. Purtroppo, ha aggiunto, “qualche volta, non ci rendiamo neppure conto dell’esistenza e dell’azione dello Spirito Santo in noi! C’è chi lotta per tutta la vita per spegnere questo fuoco e sfortunatamente alla fine anche la sua esistenza si spegne”. Ma “la Pentecoste c’invita ad essere missionari, ad uscire dalle nostre case, ad abbandonare le nostre sicurezze per annunciare il Vangelo in ogni ‘periferia esistenziale’, come dice Papa Francesco”. Per il cardinale, “abbiamo bisogno del fuoco dello Spirito: tutti, in un modo o in un altro, ci siamo comodamente seduti. Ci siamo accontentati di vivere terra-terra e ci siamo adagiati su di una fede spesso fatta di abitudini”.
“La Pentecoste c’invita a lasciarci scrutare dalla forza dello Spirito”, ha osservato il cardinale Bassetti. “Il nostro compito di cristiani – ha spiegato – è quello di testimoniare l’amore, diventando fuoco per gli altri, riscaldando, anzi, sciogliendo il gelo della sfiducia, illuminando le menti e le coscienze”. È “sempre e solo lo Spirito Santo che ispira ogni azione di pace. Proprio come l’invocazione di pace per il Medio Oriente che oggi possiamo dire ha congiunto tutta la Chiesa in comunione con Papa Francesco e in condivisione con i presidenti israeliano e palestinese”.
E “il Maestro dice ancora ‘pace a voi’ quando soffia loro lo Spirito Santo, assegnando ad essi una missione straordinaria che vive ancora oggi: quella del perdono e della riconciliazione”. “Il perdono – ha continuato – non è una tecnica che si apprende a scuola; e non è neanche una catechesi da declamare a parole: sarebbe troppo facile! Quella del perdono e della riconciliazione sono dimensioni che vanno vissute profondamente. Pace, perdono, riconciliazione vanno di comune accordo”. Per il porporato, “è impossibile disgiungerle, perché toccano il cuore della missione stessa che Gesù ha affidato ai suoi discepoli e quindi a ciascuno di noi, per farci suoi imitatori”.