Categorie: Finis Mundi

Il cardinale brasiliano Hummes visita la diocesi più grande del mondo

DICIOTTO GIORNI IN AMAZZONIA – Emerito, sì, ma dom Claudio Hummes, il vicino di banco di Bergoglio al momento dell’elezione a Papa, il confratello che gli ha “ispirato” il nome da pontefice, è ben lontano dall’idea di ritirarsi dai suoi doveri di pastore della più grande diocesi del mondo, l’Amazzonia brasiliana, cinque milioni di chilometri quadrati, il 61 per cento del territorio nazionale, una popolazione di 24 milioni di anime all’ultimo censimento, distribuita in 775 municipi in prevalenza indigeni. Il tutto disperso in un habitat che raccoglie un terzo delle foreste e un quinto dell’acqua potabile del pianeta, una sconfinata rete di fiumi immersi nella riserva verde più estesa sulla faccia della terra. Nella sua qualità di Presidente della Commissione episcopale dei vescovi per la regione amazzonica – una delle 19 regioni in cui la Chiesa brasiliana ha suddiviso il territorio nazionale – ha preso armi e bagagli – si fa per dire – e ha iniziato un periplo che durerà 18 giorni. Fitto di incontri: con vescovi, con le comunità indigene, con i sacerdoti e le religiose, con i missionari che popolano il territorio sin dal loro arrivo, 400 anni fa.

Domenica Hummes è arrivato a Porto Velho, mezzo milione di abitanti nello stato di Rondonia, da dove è proseguito verso la diocesi di Humaitá, un municipio dello Stato di Amazzonia. Questa settimana visiterà la diocesi di Cruzeiro do Sul poi quella di Rio Branco e Parentins, per terminare a Manaus, il centro urbano più grande del Brasile amazzonico.

Proprio a Manaus ebbe luogo, alla fine di ottobre del 2013 (28-31), il primo incontro delle Chiese dell’Amazzonia – vi parteciparono un centinaio di vescovi -per tracciare le linee di impegno della Chiesa brasiliana al servizio di questa regione complessa, che vede oggi vivere uno accanto all’altro – spesso in conflitto tra loro – popolazioni indigene, latifondisti e contadini senza terra spinti in queste regioni dal miraggio di un futuro migliore

E’ nota l’attenzione dell’ex-arcivescovo di San Paolo per i temi ecologici, gli stessi su cui Papa Francesco sta lavorando. “L’Amazzonia deve essere sì sviluppata” ha dichiarato a Terre d’America “ma senza perdere la sua vocazione di grande dono della natura per tutta l’umanità”. Centrale, per Hummes, la questione indigena. “Gli indios del Brasile non sono più soggetti della loro storia, né politica, né culturale, né religiosa. Noi come Chiesa dobbiamo trovare la strada perché siano loro i protagonisti. Come fare?”. Per Hummes la questione di un clero autoctono è di primaria importanza. «Devono avere i loro preti indios, i loro vescovi indios, e poter dire “noi siamo la chiesa cattolica india”». Hummes confida che anche il Papa “è molto sensibile alla questione di un clero indigeno”. Ne fa fede l’appello per l’Amazzonia lanciato nel corso dell’incontro con l’episcopato brasiliano durante la Giornata mondiale della gioventù.

«A noi dell’Amazzonia ha detto: “voi dovete rischiare, se non rischiate sbagliate”. Dio vuole che noi rischiamo, anche se possiamo commettere degli sbagli. Meglio una Chiesa che si sbaglia e si corregge che una Chiesa che sta ferma nelle sue sicurezze e non si muove. Il Papa ci spinge a rischiare, a puntare sul dinamismo missionario, a non avere paura del nuovo”. Nel tempo, ricorda Hummes, attorno ai missionari stranieri si sono formate comunità cristiane, poi parrocchie, diocesi e prelazie con clero locale. Ma non è sufficiente. Per l’ex arcivescovo di San Paolo occorre investire con più convinzione nella preparazione di un clero indigeno per le popolazioni indigene. “Mi piacerebbe che l’Amazzonia fosse nel cuore di tutti i brasiliani, con le caratteristiche peculiari di questa area e le sue peculiari sfide. La Chiesa in Amazzonia ha una bella storia ma ha bisogno del nostro aiuto, della nostra solidarietà e attenzione”. di Alver Metalli

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