Ho incontrato i loro responsabili – ha detto il Cardinale Fernando Filoni al microfono di Sergio Centofanti della Radio Vaticana che lo ha raggiunto in Iraq – ho portato la solidarietà, l’affetto e la vicinanza del Santo Padre, ho consegnato loro un dono a nome del Santo Padre per le loro necessità materiali; ho raccolto i loro appelli: chiedono al Santo Padre e a tutti gli uomini di buona volontà di non essere lasciati soli in questa tragedia, che li vede umiliati e li vede distrutti! E’ una testimonianza molto toccante di queste persone, che soffrono terribilmente a causa dei morti che hanno avuto, delle donne rapite e delle loro case che sono state “rubate” e che non sanno più dove stare e dove andare. Successivamente, mi sono recato più a nord, dove ho incontrato una piccola comunità caldea, insieme al suo vescovo: naturalmente ho ringraziato questa comunità per ciò che sta facendo, perché accoglie alcune famiglie profughe, dando loro ospitalità. Tra poco visiterò altri campi profughi, sempre qui al nord del Kurdistan, nella zona di Duhok; andrò domani a Zakho e visiterò ancora altri campi. Questi due giorni sono dedicati alla visita dei campi dei rifugiati e delle comunità che li ospitano qui nel nord del Kurdistan.
D. – Lei sta visitando questi campi profughi, dalle immagini vediamo tanti, tanti bambini…
R. – Sì. Effettivamente i bambini sono l’unica ricchezza che in questo momento le famiglie hanno. Naturalmente loro percepiscono solo relativamente il grande problema che stanno vivendo essi stessi e le loro famiglie: qualche volta la loro gioia è l’unico elemento che rincuora queste famiglie. Si tratta di bambini che mantengono ancora quella loro semplicità di vita, quel loro modo di essere, di trovarsi insieme, di stare insieme… Bisogna dire che ci sono anche tanti volontari che, attraverso musiche, giochi e canzoni, li distraggono.
D. – Lei celebra oggi pomeriggio la Messa per l’Assunta tra i profughi di Duhok: quali parole porterà loro, quale incoraggiamento?
R. – La parola è che in questa situazione loro vivono in pieno l’esperienza della piccola Famiglia di Nazareth, profuga in Egitto per la malignità e la cattiveria. Quindi, trovano comprensione nella Sacra Famiglia di Nazareth, che anch’essa fu profuga e dovette vivere nel disagio. Questa condivisione da un punto di vista proprio reale può aiutare anche spiritualmente e moralmente questa gente che si sente così, come sradicata dalla propria patria, dal proprio villaggio e senza futuro… Speriamo che in questa parola di incoraggiamento, che noi conosciamo proprio perché la Famiglia di Nazareth ritornò nella sua terra, possano anche loro ritrovarla nella speranza presto – il più presto possibile – di rivedere le loro case e i loro villaggi.
D. – In questo viaggio che cosa la sta colpendo in modo particolare?
R. – Oggi il dramma di questi poveri yazidi, uomini veramente frustrasti, prostrati, distrutti nella loro dignità, era la cosa più toccante! Si tratta di persone che hanno una cultura millenaria, una tradizione millenaria e che si vedono distrutti, perché privati delle proprie famiglie, non c’è più futuro per loro! Si appellano non solo al Santo Padre, ma anche a livello internazionale perché tutti intervengano in difesa di questa minoranza, che è stata profondamente violata nella sua dignità. Fonte: Radio Vaticana
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